Simone Leoni, 24 anni, studente di scienze politiche alla Luiss e militante di Forza Italia dal 2015, è il nuovo segretario nazionale dei giovani azzurri. È stato eletto il 31 maggio, durante il congresso nazionale a Roma. Ha ricevuto uno degli applausi più lughi tra chi è salito sul palco. Il suo discorso ha acceso il pubblico e fatto partire una polemica che ha coinvolto anche Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega e autore del libro Il mondo al contrario.
«Non me lo aspettavo», ha detto Leoni. «Certo, nel movimento c’è una sensibilità politica e sociale molto viva, vicina ai temi della salute mentale e, più in generale, ai diritti delle persone. Ma mi sembra di aver detto tutte cose che dovrebbero essere ovvie». Sul palco ha parlato chiaro, attaccando chi diffonde odio per convenienza. «Persone che, invece di guidare un’armata del bene, scelgono la codardia e la discordia. Solo per vendere un libro in più o racimolare un voto. Dicono che chi ha la pelle nera non è italiano, che chi è gay non è normale, che i bambini disabili vanno separati».
Parole forti, indirizzate senza mai nominare Vannacci, che ha replicato accusandolo di cercare visibilità: «Un giovincello sconosciuto che parla di me per finire in prima pagina». Leoni ha risposto rivendicando il senso del suo intervento: «Il mio era un discorso complessivo. Non stiamo parlando di singole rivendicazioni ma del rispetto per le persone. È una questione culturale. La centralità della persona è sempre stato un valore irrinunciabile per un partito liberale, popolare e moderato come Forza Italia. I politici devono fare attenzione a come si esprimono, perché dietro gli schermi ci sono persone vere».
Ha cominciato la militanza a 14 anni e lo racconta con naturalezza: «Ero al liceo. Una professoressa ci faceva leggere i giornali e ci consigliava di informarci. Così sono nati i primi dibattiti. Mi sono candidato come rappresentante di classe e poi d’istituto. A 18 anni ho preso la guida dei giovani a Roma, a 20 nel Lazio, a 22 il settore nazionale organizzazione e ora Segretario Nazionale. In poco tempo, Forza Italia è diventata una seconda famiglia».
La sua crescita lo ha portato oggi alla guida nazionale del movimento giovanile, ma Leoni continua a presentarsi come parte di una squadra. «Non abbiamo bisogno di prendere in mano il partito. Con Tajani ci sentiamo già protagonisti. Lui, come Berlusconi prima, ha sempre creduto in noi e ci ha dato spazio. Non servono rivoluzioni. Siamo parte di una realtà che ci valorizza e ci responsabilizza».
Questa fiducia si fonda anche sul lavoro concreto, nei territori. «L’attività locale è la base. La federazione dei giovani esiste da decenni e siamo sempre stati tra la gente. La gavetta si fa nei gazebo, con i banchetti, nelle piazze. Non basta parlare di massimi sistemi. Se non si sta tra le persone non si fa davvero politica».
L’impegno, però, non si limita alla struttura del partito. Leoni insiste sulla necessità di formare una nuova classe dirigente. «Il nostro non è un movimento giovanile orientato al carrierismo politico. Vogliamo formare culturalmente e idealmente i futuri medici, avvocati, imprenditori, funzionari pubblici. La politica è solo una parte della società. Il nostro obiettivo è che nei prossimi anni tante persone cresciute con noi e con i nostri valori contribuiscano al bene del Paese».
Tra i temi più a cuore c’è la salute mentale, su cui Leoni ha mostrato grande sensibilità: «Un nostro militante, mesi fa, si è tolto la vita. Il disagio di tanti ragazzi è sottovalutato o non capito. C’è chi soffia su una fragilità profonda, anche se spesso sommersa». Una ferita che vuole trasformare in proposta: sostiene la legge di Forza Italia per introdurre stabilmente lo psicologo nelle scuole.
All’Eur, davanti a mille giovani, ha tracciato subito la linea. «Il primo ordine da domani? Via le cravatte. Scarpe da ginnastica e ritorno nei mercati, nelle piazze, nella vita reale». Più contatto diretto, meno formalità. Più ascolto, meno parole vuote. Il suo stile ha colpito anche fuori dal congresso: il suo profilo Instagram ha guadagnato oltre 5.600 follower in pochi giorni, con un livello di coinvolgimento tra i più alti nel panorama giovanile politico.
Non mancano le critiche. Alcune sue posizioni, come l’apertura alla cittadinanza ai nuovi italiani dopo 10 anni di scuola dell’obbligo o la difesa dei diritti civili, sono viste con sospetto da parte della Lega. Leoni però non sembra preoccupato per i rapporti con gli alleati di governo. «A volte ci punzecchiamo, è normale tra movimenti giovanili. Ma le differenze rafforzano la coalizione. Se fossimo tutti uguali, saremmo un solo partito – e non sarebbe un bene. Il centrodestra vince quando valorizza le sue diversità. La sinistra litiga, noi troviamo una sintesi. E questo governo ne è la prova».
Anche nei talk show, dove ha iniziato a farsi spazio, Leoni affronta il confronto con determinazione. «Mi è capitato di essere trattato con condiscendenza da politici di sinistra. Ma non ne faccio un dramma. L’Italia non è un Paese per giovani. Bisogna farci il callo».
Dietro il linguaggio diretto e la postura già da dirigente, c’è però ancora un ragazzo che sogna in grande. Ma senza troppe illusioni. «Spero solo di fare bene quello che sto facendo adesso. Non serve immaginarsi troppo avanti. Le cose, se arrivano, devono arrivare per merito».
Il suo è uno dei primi profili nel centrodestra giovanile a proporre una visione più aperta ai temi sociali, mantenendo al tempo stesso coerenza con i valori tradizionali del partito. Inclusione, attenzione ai diritti civili, centralità della persona, ma anche disciplina, radicamento territoriale e rispetto delle regole interne sono i punti su cui ha costruito il suo percorso.