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Esclusiva

Marzo 10 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 21 2022
Il birraio di Codogno

Come affronta l’emergenza coronavirus il mondo imprenditoriale? Andrea Maioccchi, co-fondatore del birrificio Brewfist, racconta il momento della sua azienda nel primo focolaio italiano dell’epidemia

Brewfist, letteralmente la birra in pugno. Quando parla, Andrea Maiocchi indossa la felpa con il logo della sua azienda: le dita strette nell’atto di sferrare un pugno. «Sono stufo di stare a casa, voglio muovermi. Solo se mi muovo ricomincio a ragionare». La voce di Andrea tradisce impazienza, ma non può fare a meno di sorridere quando ripercorre le tappe del suo mestiere. Le lunghe giornate di quarantena non vedono ancora una fine e per lui, imprenditore lodigiano che da dieci anni gestisce Brewfist, birrificio artigianale di Codogno, è un tormento. A Codogno, come ormai in tutto il Paese, il governo ha sospeso le attività industriali. L’attività che Maiocchi e il suo socio Pietro Di Pilato hanno trasformato in un brand importante nel settore, soffre la produttività decimata dall’emergenza. I dipendenti non possono recarsi sul luogo di lavoro, solo negli ultimi giorni è stata ottenuta l’autorizzazione a riprendere almeno le spedizioni: «Mi sento tornare a dieci anni fa, quando eravamo solo io e Pietro. Oggi la tecnologia ci dà una mano, ma non potremo tirare avanti in due per troppo tempo. Non vedo l’ora che rientrino i nostri ragazzi, che hanno tutti voglia di tornare al lavoro, nonostante adesso vengano pagati anche a casa».

«Conserviamo entusiasmo, siamo una famiglia, ma le ripercussioni economiche sono gravi. L’azienda dispone di riserve annue per far fronte a imprevisti di ogni genere, ma i problemi maggiori si vedranno tra quattro o cinque mesi, nessuno può permettersi un calo della produzione di oltre il 50% per un tempo indeterminato. Fermarsi del tutto per un periodo certo, magari un mese, ci farebbe malissimo, ma sarebbe alla lunga meno dannoso».

Il birraio di Codogno
Andrea Maiocchi e Pietro Di Pilato, i fondatori del Brewfist

Le preoccupazioni più angosciose sono per la filiera: «Noi dipendiamo dai nostri distributori e dai nostri clienti, tutte persone giovani, fantastiche, che ci sostengono con partecipazione. Io di questa catena produttiva non cambierei nulla, per noi è la cosa più importante, e in caso di grandi stravolgimenti non è detto che si mantenga quella unità di intenti e quella voglia di lavorare che ci caratterizza da sempre» Eppure Maiocchi non dispera: «Aspettiamo che le istituzioni ci diano le istruzioni per riorganizzarci. La forza di Brewfist è sempre stata la pianificazione, non siamo bravi a improvvisare. A novembre l’attività compirà dieci anni e avevamo previsto diverse iniziative per celebrare questo importante traguardo». Tra le tante, si parla della celebrazione della birra che più simboleggia la rapida espansione commerciale di Andrea e Pietro: la Spaceman. «Nell’idearla abbiamo pensato di non porci limiti. Anche lo spazio è alla nostra portata!». «Pensavamo di produrne per i mesi a venire dieci tipi diversi fino al nostro compleanno. È la nostra birra di punta, molto apprezzata soprattutto da voi a Roma». «Avevamo concordato collaborazioni con altri birrifici, Hilltop e Conor. Di questo piano non so quanto si salverà».

Il birraio di Codogno
Il logo della birra “Spaceman”

Nell’idea di rilancio della birra artigianale lodigiana, la ripresa passa dalla collaborazione: «In momenti di crisi come questo» spiega Maiocchi «Vogliamo capire come soddisfare i nostri clienti. Sentiremo i distributori, ognuno dovrà fare sacrifici, rinunciare a qualcosa».

«Sai, qui a Codogno non ci sentiamo dei reclusi, anzi, direi che ci troviamo nel posto più sicuro del mondo, visto che ormai l’epidemia è passata e siamo ancora in isolamento. Qualche giorno fa abbiamo avuto due limpidi pomeriggi di Sole, e siamo usciti nei parchi e nelle strade come se fosse domenica. È stato un momento spensierato, uno dei pochi di questi tempi». Lascia passare qualche secondo, poi riprende sospirando: «Mi preoccupa molto la tenuta delle strutture sanitarie: i posti riservati alla terapia intensiva sono limitati, se qualcuno dovesse sentirsi male per altri motivi rischierebbe di non ricevere adeguata assistenza».
«La gravità della situazione richiede pazienza, ma c’è voglia di ricominciare una vita normale. Io ho semplicemente voglia di ricominciare a produrre la mia birra. Mi sono scelto il lavoro perfetto e spero di poter continuare a farlo per tanto tempo». Andrea sorride di nuovo, i suoi occhi azzurri brillano di impazienza.