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Esclusiva

Agosto 31 2020
#Iolochiedo, la campagna per la cultura del consenso

L’iniziativa di Amnesty Italia per cambiare la legge sullo stupro e eliminare i pregiudizi sulle vittime

«L’elemento centrale di definizione della violenza sessuale è la mancanza del consenso fornito volontariamente dalla vittima. Ancora oggi, quando una persona viene violata nella sua intimità è costretta a giustificarsi su come magari era vestita, su che atteggiamenti aveva avuto prima dell’accaduto, se aveva bevuto alcolici o fatto uso di stupefacenti, come se uno di questi comportamenti possa giustificare uno stupro. Quando invece l’unica domanda da fare è: eri consenziente? Avevi voglia di farlo anche tu?». Così Tina Marinari, coordinatrice campagna Amnesty International Italia, spiega in esclusiva a Zeta Luiss l’obiettivo dell’iniziativa di cui è responsabile, #Iolochiedo.

Lo scopo è «diffondere in Italia la cultura del consenso» e nasce da una ricerca internazionale sull’applicazione della Convenzione di Istanbul, che condanna qualsiasi violenza nei confronti delle donne e stabilisce che “lo stupro è un rapporto sessuale senza consenso” e che questo deve essere dato volontariamente e “deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto”.

«Tutto parte dal concetto che “Il sesso senza consenso è stupro”, un concetto semplice che dovrebbe mettere d’accordo tutti. Purtroppo non è così.  In Italia il codice penale fa riferimento ad una definizione di stupro basata esclusivamente sull’uso della violenzadella forzadella minaccia dell’uso della forzao della coercizione, senza alcun riferimento al principio del consenso, così come previsto dall’articolo 36 della Convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro paese nel 2013. L’introduzione del principio del consenso nella nostra legislazione contribuirebbe a garantire il pieno accesso alla giustizia alle vittime di violenza sessuale».

Gli stupri oggi sono un fenomeno diffuso e secondo i risultati di un sondaggio condotto a livello europeo:

1 donna su 20 di età pari o superiore a 15 anni nell’UE è stata stuprata. Sono circa 9 milioni di donne.

1 donna su 10 di età pari o superiore a 15 anni nell’UE ha subito qualche forma di violenza sessuale.

«Questi dati ci parlano di una società che continua ad avere le donne viste, percepite, considerate come una proprietà di qualcuno, come sottomesse, oggettivate, a disposizione. Se lo stupro non viene denunciato, se lo stupro non viene perseguito legalmente, se i responsabili non vengono riconosciuti colpevoli, come possiamo cambiare questi dati? Abbiamo bisogno di modificare innanzitutto la cultura della nostra società e abbiamo bisogno di un cambio legislativo che accompagni il percorso».

 #iolochiedo campagna contro stupro

Il cambiamento che chiede Amnesty con questa campagna è sia nei confronti delle istituzioni, per poter correggere l’articolo 609-bis del codice penale italiano, applicando la Convenzione di Istanbul, che: «è vincolante, il che significa che i paesi che l’hanno ratifica – e l’Italia è tra questi – hanno l’obbligo di implementarla a livello nazionale. Chiederemo al governo e ai parlamentari di fare la loro parte. Voglio ricordare che l’art.36 della Convenzione chiede a tutti gli stati firmatari di criminalizzare tutte le forme di atti sessuali avvenuti senza consenso, incluso lo stupro»; sia nei confronti di ciò che è un pensiero comune, secondo cui la vittima è colpevole quanto il suo aggressore.

Secondo la rivelazione Istat 2019, come si legge sul sito della campagna, in Italia persiste il pregiudizio, che ritiene la donna co-responsabile della violenza: per il 23,9% degli intervistati per il modo di vestire e per il 15,1% se è sotto l’effetto di alcool o droghe. Il 39,3% sostiene che la donna sia sempre in grado di dare o no il proprio consenso a un rapporto sessuale.

«Siamo un paese in cui un gruppo di ragazzi crede che sia divertente assegnare il titolo “centro stupri” al tavolo di una discoteca. Uno stupro di gruppo può ancora essere definito una ragazzata e in un’aula di tribunale se si riesce a sostenere che una donna è troppo brutta per essere violentata allora abbiamo un problema, che ha a che fare con il concetto di rispetto dell’altro, con la violenza di genere, con l’autonomia sessuale. Di fronte a questi episodi, un cambio culturale, sociale è necessario e come organizzazione che difende i diritti umani in Italia e nel mondo vogliamo lavorare ogni giorno fino a quando questo cambiamento diventi reale».

Per evitare che una gonna corta o un cocktail di troppo siano gli alibi perfetti per compiere una violenza, per eliminare il pregiudizio: «Abbiamo bisogno di un cambio di rotta, abbiamo bisogno di mettere al centro del dibattito la cultura del consenso». Compiere questo cambiamento richiede il coinvolgimento di tutti: «stiamo organizzando incontri pubblici e da settembre inizieremo a fare incontri nelle scuole. Porteremo in giro per l’Italia la mostra “Com’eri vestita?” in collaborazione con l’associazione Libere Sinergie. Chiariremo, così, che il consenso è l’incontro e il rispetto di due volontà, è il desiderio condiviso di stare insieme, che il consenso è tutto quando si tratta di sesso. L’espressione del consenso non è la firma di un contratto, è la comunicazione di una volontà, è assicurarsi che in tutti i momenti del rapporto esista la reciproca volontà di stare insieme. Il consenso ad avere un rapporto sessuale deve essere una scelta volontaria e libera per tutte le parti coinvolte. Essere in silenzio o non dire di “no” non equivale a dare il proprio consenso. Questo deve valere per strada come per le aule di tribunale».

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