Siamo a Roma, nel III Municipio. Via Monte Cervialto è una strada piena di case, di negozi, di persone che passeggiano e macchine che vanno in ogni direzione. Eppure, nel cortile interno di un grande condominio, si nasconde una realtà grigia e degradata, da tempo abbandonata a se stessa. Sono i portici di Monte Cervialto. Le persone che li popolano ogni giorno combattono da anni una battaglia per la loro riqualificazione. Con lo slogan “I portici devono vivere”, cercano di far sentire la loro voce. Il loro obiettivo è riportare questo luogo alla vita che ha conosciuto in passato.
La storia e il progetto futuro
Costruita nel 1963 e allora proprietà dell’Inpdai, quest’area era una sorta di centro commerciale a cielo aperto. Poi, con l’estensione del quartiere, le attività hanno trovato maggiore visibilità dall’altra parte della strada. A scapito dei locali dei portici, che, passati poi sotto il controllo dell’Inps, nel corso degli anni 2000 sono stati abbandonati del tutto. Oggi sono trentadue i siti commerciali dismessi che vertono in condizioni di assoluto degrado: dalle vetrate, alcune completamente rotte, si intravedono interni pieni di rifiuti. E i residenti raccontano che le serrande non sono fissate a terra: «volendo, è possibile entrare nei vecchi negozi. Una volta ne abbiamo aperto uno per far riparare una senzatetto dal freddo».
I cittadini, stanchi di vivere questo posto in modo malsano, hanno creato un loro comitato e occupato simbolicamente un negozio con uno striscione. «Vorremmo far rivivere questo posto, renderlo di nuovo accessibile a qualsiasi età, anziani e giovani. Perché è un luogo pubblico, un bene della collettività», dice Piero Cesarini. L’idea sarebbe far ripartire i portici dedicando metà dei locali alle attività commerciali e metà a servizi per la comunità. Centri per lo studio, sostegno agli anziani, laboratori per bambini.
Il problema sicurezza
Ma prima bisogna rendere questo luogo uno spazio sicuro: «i portici si ritrovano ad essere bui, sporchi, abbandonati. Qualche settimana fa è caduto un palo della luce ormai in disuso. In più, di notte è buio. Potrebbe succedere qualsiasi cosa», prosegue Cesarini. La paura è che i portici possano diventare una piazza di spaccio e che sia, poi, impossibile evitare «la cronaca di una tragedia annunciata». Anche gli adolescenti che passeggiano qui di giorno raccontano di risse e problemi di sicurezza. «Qui la sera non viene più nessuno, ogni tanto c’erano delle risse. Non potevi poggiare una lattina di coca-cola a terra che arrivava la polizia».
La preoccupazione riguarda anche l’identità dei potenziali gestori dei locali dismessi. Si teme che gli unici disposti ad investire in questa realtà siano le organizzazioni criminali. «Questa battaglia parla anche di antimafia». Sottolinea Luca Blasi, attivista del Csa Astra, che spinge affinché i portici ottengano la qualifica di bene comune. Come è successo la scorsa estate al Laboratorio Puzzle del Tufello. Che «grazie a una delibera della Regione Lazio, oggi è co-gestito alla pari dai cittadini e dall’istituzione locale, il municipio».
Il rapporto con le istituzioni
Un iter che si vorrebbe far replicare anche ai portici, secondo quanto emerso dall’ultima riunione del comitato tenutasi il 5 dicembre scorso. Marta Leonori, consigliera regionale e promotrice della legge e del regolamento beni comuni della regione Lazio, ha dato il suo appoggio ai residenti. «Per quanto riguarda la regione, mettiamo a disposizione gli strumenti che abbiamo creato. Tra questi, la legge sui beni comuni nasce per dare risorse alle amministrazioni anche in assenza di un regolamento comunale in materia».
Il prossimo passo, quindi, è aprire un’interlocuzione con l’Inps. Il direttore del settore Patrimonio e Investimenti dell’Inps, Diego De Felice, fa sapere a Zeta che «entro fine anno, l’istituto prevede di completare la ricognizione delle posizioni contrattuali degli attuali conduttori dei locali commerciali e la stima dei valori che saranno oggetto di future lettere di offerta. Successivamente, si procederà alla vendita anche dei locali commerciali liberi tramite asta pubblica, in un’ottica di piena collaborazione per la crescita sociale del quartiere».
Il Municipio, dal canto suo, ha ascoltato e accolto i progetti dei cittadini, mostrandosi ben disposto a collaborare col comitato di quartiere. Conclude Cesarini: «Noi vorremmo arrivare a metterci seduti a un tavolo, per poter aprire una trattativa. Siamo convinti che questo si possa fare e che i portici, adesso grigi, torneranno ad essere colorati».