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Esclusiva

Marzo 19 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 19 2022
Quando l’amore estremo lascia lividi nella mente

La psichiatra Donatella Marazziti racconta la storia di un paziente e del rapporto conflittuale con sua moglie

«Lei diceva di amarlo e lui accettava di subire violenza». Federico è abusato da Maria (nomi di fantasia). È la storia di un «amore estremo» che ritorna in mente, quando si parla di violenza psicologica delle donne sugli uomini, a Donatella Marazziti – dirigente medico di primo livello presso la Aoup, l’azienda ospedaliero universitaria Pisana – inserita nella rivista Class tra i primi dieci psichiatri italiani e scienziata che ha dimostrato come cambia la biologia del cervello durante la fase dell’innamoramento.

Quando l'amore estremo lascia lividi nella mente

La vittima è Federico, il dirigente di una grossa industria automobilistica. Da ragazzo ha avuto tante spasimanti, tutte attratte dal suo potere, dalla sua bellezza e dalla sua simpatia. Come Jay il protagonista milionario del film Il Grande Gatsby – conosciuto per il suo «amore impossibile per la sofisticata Daisy» – così anche Federico era innamorato, da sempre, di una ragazza: Maria che non lo considerava. Ogni volta che lui si fidanzava, lei ritornava e «giocava come il gatto con il topolino». Un giorno lo convince a sposarla, ma rifiuta l’approccio sessuale fino al matrimonio. L’anno dopo nasce una bambina e in seguito «la moglie si nega sempre, comincia un gioco al massacro perché non vuole più gravidanze».

La famiglia di origine di Federico è «armonica»: due fratelli e due sorelle più piccole che, dopo il matrimonio, sono tormentate da Maria. Per amore verso il fratello, cedono alle provocazioni: «hai un brutto vestito, quanto ti sta male quel taglio di capelli» sono alcune delle frasi che si sentono dire nel tempo. Federico, ingannato dalla moglie, si ritrova in «una follia a due», crede che la sua famiglia non lo ami più. La moglie «mina la credibilità delle sue sorelle». È come se ricevesse da Maria una «pillola di arsenico, di veleno ogni giorno». Ogni volta che lui visita la madre e poi torna a casa, la moglie «si fa trovare a letto e si finge malata».

È così che la moglie allontana il marito «dai familiari dandogli grande sofferenza. Pretende che Federico compri una casa lontana da tutti loro». Lui è costretto a vedere la famiglia «soltanto di nascosto». La vittima è in un continuo stato di angoscia e trova «conforto nell’alcool». Maria lo scopre: «prende le bottiglie e le spacca fino a quando una sera gli lesiona un tendine» che lo porta al pronto soccorso. Il marito «è consapevole di avere una moglie che abusa del suo amore e delle sue fragilità», ma non riesce ad allontanarsi da lei.

«Sappiamo esattamente cosa fare, ce lo dice la parte superiore del cervello, ma non riusciamo a farlo. È il conflitto interiore. Siamo dilaniati. La consapevolezza che continuiamo ad amare un partner violento ci fa ancora più male, si aggiunge la sofferenza alla violenza subita» commenta la psichiatra. La vittima si «colpevolizza» e «giustifica» il suo carnefice: «non sono adeguata, lo fa per il mio bene».

Donatella Marazziti chiarisce che si tratta di un «amore assoluto, di una dipendenza affettiva» che lega Federico a Maria. È la «sindrome della crocerossina che è tipicamente femminile e non solo» e spinge la vittima a dire: «l’aiuterò, la salverò». «Alcune emozioni come l’attaccamento», un legame profondo che ci unisce, nel tempo, verso una persona «superano la ragione». Sono, spesso, «persone che non si sono sentite amate abbastanza dai caregiver primari, dai genitori».

Sarà la figlia a convincere il padre ad «un percorso di recupero e di distanziamento dalla moglie violenta». È la condizione dell’uomo che descrive – ricorda la psichiatra – una frase dello scrittore Milan Kundera in L’insostenibile leggerezza dell’essere: «ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso».

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