Appena si arriva a Medyka, cittadina sul confine polacco ucraino, è impossibile non notare la lunga fila di autobus che entrano ed escono dal paese in guerra. Tutti i mezzi espongono sui finestrini centrali bandiere straniere volte ad indicare la provenienza della missione umanitaria. Una volta oltrepassata la linea che divide simbolicamente i due paesi la confusione diventa generale e le migliaia di persone che attendono di lasciare l’Ucraina sono circondate da numerose associazioni di volontariato. A Medyka si può trovare di tutto: chi consegna beni, chi offre cibo e acqua e chi invece promette un passaggio verso un paese europeo. I bambini in questo girone dantesco sono migliaia e avvicinarne uno è semplice. Con la scusa banale ma efficace di un gioco o un dolcetto, attrarre i più piccoli diventa una questione di pochi secondi.
La dogana polacca effettua controlli minuziosi su tutti i mezzi sia in entrata che in uscita. Se all’ingresso cercano armi o apparecchiature militari, al ritorno ispezionano ogni vano per individuare tabacco destinato al contrabbando e profughi. Una volta in Polonia però i campi profughi sono tantissimi e i controlli calano drasticamente. A Przemysl, cittadina polacca, un centro accoglie 600 persone con una capienza ufficiale di 350. Ne carichiamo a bordo 50 di cui 22 bambini, tutti diretti a Milano per poi essere smistati in varie destinazioni italiane. Dopo una breve compilazione di documenti relativi alla vaccinazione contro il Covid si può partire. Il viaggio di più di 1500 km non ha interruzioni. Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Italia ma nessun controllo da parte delle forze dell’ordine.
Dal valico di Medyka sono scappati circa 1.2 milioni di minori secondo le stime dell’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dei bambini, e di circa 200 si sono momentaneamente perse le tracce. Il rischio, altissimo in questi contesti, è che i bambini diventino prede di tratte sessuali, di traffico d’organi e oggetto di schiavitù lavorativa. Carla Galetti, autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha ricordato che i minori arrivati in Italia dall’Ucraina «non sono mai candidabili all’adozione» perché conservano una rete parentale.
A ribadire l’impossibilità di possibili adozioni è stata Maria Cristina Contini, magistrato addetto all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia. «Il presupposto per l’adozione è lo stato di abbandono mentre i bambini che arrivano dall’Ucraina varcano le frontiere per ragioni di forza maggiore». A partire dal 24 febbraio, molte associazioni umanitarie si sono mosse per sottrarre minori dal rischio bellico e trasferirli in Europa. Al 20 aprile si parlava di 5 milioni di profughi, di cui circa metà minori. Le autorità ucraine hanno espresso preoccupazione per la situazione perché non tutti i minori ospitati negli istituti sono orfani di entrambi i genitori. Soltanto alla fine del confitto, se i minori orfani rientreranno in Ucraina, si potranno avviare le ordinarie procedure di adozione.
L’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha stimato che il novanta per cento dei profughi ucraini sono donne e minori. Questo dato allarmante comporta particolari esigenze di protezione. Molti bambini arrivano senza genitori, e rischiano di finire nella rete dei trafficanti. La tratta di esseri umani può assumere varie forme: sfruttamento sessuale, violenza di genere, lavoro forzato, servitù domestica, accattonaggio o criminalità. C’è anche il rischio di adozioni di fatto, eludendo le procedure e i requisiti previsti dalla convenzione dell’Aja.
Gli stati europei e le organizzazioni umanitarie stanno prendendo provvedimenti. L’Italia, oltre a garantire con il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 28 marzo 2022 il permesso di soggiorno temporaneo a tutti le persone in fuga dall’Ucraina, ha creato, poche settimane dopo l’invasione, un’apposita struttura emergenziale con la nomina di un commissario delegato per l’assistenza del minori non accompagnati. «All’arrivo di un minore non accompagnato, che viene ospitato da una struttura di accoglienza, il Tribunale nomina un tutore, un volontario, che traccia la presenza del bambino sul territorio italiano e ne garantisce la incolumità» ribadisce il magistrato.
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