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Esclusiva

Maggio 20 2022
Bucha, la guerra e il massacro

Nelle fotografie di Bucha i corpi non hanno una divisa militare, sono le vittime del conflitto moderno che coinvolge i civili in modo diretto

«Era venerdì 4 marzo 2022. I soldati russi hanno costretto cinque uomini a inginocchiarsi sul ciglio della strada, hanno tirato le loro magliette fin sopra la loro testa e poi hanno sparato a uno di loro alla nuca. Il corpo è caduto in avanti mentre alcune donne presenti hanno urlato» racconta uno dei sopravvissuti alla strage di Bucha, testimoniando alla Human Rights Watch, ONG che si occupa della difesa dei diritti umani.

«Venerdì 24 marzo un primo gruppo di prigionieri viene fatto entrare nelle cave. Il capitano Erich Priebke, cui è affidato il controllo della lista, spunta i primi cinque nomi. Giunti al fondo del cunicolo, i cinque uomini vengono fatti inginocchiare. Alle 15.30 vengono uccisi e l’eccidio ha inizio. Poco dopo entra il secondo gruppo di cinque e, a seguire altri cinque e poi altri cinque…», è il 1944 e sono le parole con cui il Mausoleo delle Fosse Ardeatine ricorda la strage avvenuta a Roma quando 335 civili e militari italiani furono trucidati dai nazisti come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella.

Le fotografie dei morti di Bucha, ammassati e bruciati, legati e fucilati, non hanno una divisa militare. Sono i corpi della guerra moderna che coinvolge i civili sempre in modo diretto, dall’Eccidio delle Fosse Ardeatine alle stragi di Markale durante l’assedio di Sarajevo, dal massacro di Katyn’ a quello Srebrenica, fino alla shoah, a Hiroshima, a Nagasaki.

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«Questo coinvolgimento va contestualizzato nell’ambito della guerra tecnologica a cui siamo stati abituati dalla Prima Guerra Mondiale in poi e in particolare nelle dalla Seconda», dice Marco Di Maggio, professore di storia contemporanea all’Università Sapienza di Roma. «Mi riferisco a due elementi: le armi tecnologicamente sempre più avanzate in grado di realizzare stragi di massa, ma anche ai nuovi strumenti di comunicazione che consentirono di unire la popolazione in un fronte interno attraverso gli strumenti della propaganda. La guerra di massa si basa questo».

La tecnologia bellica “moderna” viene testata nel 1937 sulla popolazione civile di Guernica, in Spagna, dall’aviazione nazista coadiuvata da quella italiana. Gli aerei sfrecciarono sopra Guernica una prima volta senza attaccare, per far credere di non avere intenzioni minacciose, poi ripassarono, iniziando i bombardamenti a tappeto e, infine, tornarono una terza volta, dopo aver aspettato che i sopravvissuti fossero usciti dai rifugi, per ucciderli con le nuove bombe incendiarie realizzate per l’occasione.

Bucha, la guerra e il massacro
La Guernica di Picasso

Il test di Guernica funziona e la pratica di attaccare i centri abitati entra nella condotta dell’esercito del Terzo Reich prima con la Battaglia di Inghilterra e poi con l’aggressione all’Unione Sovietica. La nuova prassi bellica si estende, contagiando anche gli Alleati che radono al suolo Dresda e poco dopo Berlino.

I gas chimici, i carri armati e i bombardamenti aerei utilizzati dalla Prima Guerra Mondiale in poi sono la svolta tecnologica che rende possibili stragi di massa, ma le armi con cui condurre massacri contro la popolazione civile, seppure in forma limitata, come accaduto a Bucha, esistevano già nell’Ottocento.

Le guerre ottocentesche, che erano la prosecuzione dell’attività politica e diplomatica con altri mezzi, si combattevano tra eserciti. Non puntavano alla distruzione totale dell’avversario, ma a ottenere un risultato politico. «Si possono discutere delle eccezioni avvenute durante la rivoluzione francese, ma la sostanza resta la stessa: il nemico non veniva de-umanizzato come avviene nel Novecento», dice Di Maggio.

Bucha, la guerra e il massacro
Dresda dopo i bombardamenti alleati

La propaganda rende la guerra ideologica e trasforma il nemico nel “male esistenziale” di fronte a un pubblico di massa. Fin dalla Prima Guerra Mondiale si assiste a questo fenomeno. Da una parte le potenze dell’Intesa (Francia, Inghilterra, Russia e Italia) presentano lo scontro con gli imperi centrali come una lotta tra civiltà e barbarie. Dall’altra parte la propaganda tedesca dipinge gli eserciti dell’Intesa – quello francese e britannico in particolare – come un esercito di “negri”, all’epoca inteso come sinonimo di sub-umani, perché composto da truppe coloniali.

«Il conflitto contemporaneo è intrinsecamente ideologico e la connotazione di scontro tra civiltà e barbarie è già presente in questa guerra da entrambi i fronti. Questo è lo stesso tratto che caratterizzò le ultime due guerre mondiali. Quando questa ideologia si spinge ai suoi limiti, de-umanizzando del tutto l’avversario, la storia insegna che vengono commessi i crimini più drammatici», sostiene Di Maggio. Nella Russia di Vladimir Putin, che dipinge l’Ucraina come un Paese di nazisti e drogati, che accusa l’Occidente di voler cancellare l’intera cultura russa, e dove il patriarca di Mosca, Kirill, parla di una guerra giusta per salvare l’umanità da chi «si oppone a Dio e alla sua Verità» promuovendo l’ideologia gay, il rischio che l’ideologia raggiunga i suoi limiti più cupi esiste. Gli stupri, le esecuzioni e il tiro a segno dei militari in servizio a Bucha potrebbero già esserne un sintomo.