Le voci in Piazza della Repubblica si sentono già dalle scale della metropolitana. Un’onda di bandiere arcobaleno – sui calzini, nelle cinture, sui cappelli, indossata sulle spalle o disegnata sulla pelle – riempie tutto lo spazio disponibile, da via Nazionale fino a Piazza dei Cinquecento, davanti alla stazione Termini. L’atmosfera è quella di una grande festa in cui tornare a far rumore, come recita anche lo slogan del Roma Pride 2022, dedicato a Raffaella Carrà, e sui carri e per strada si balla già da ore quando il corteo inizia a muoversi, attraversando il centro della città. Sono novecentomila, secondo le stime dell’organizzazione, le persone che marciano insieme, con orgoglio e gioia.
«Non è il primo Pride dall’inizio della pandemia, ma lo scorso anno era limitato. E il Pride non può avere limiti» dice Marco, che ha scelto di sfilare come drag queen. «Oggi è un ideale di come dovrebbe essere la vita ogni giorno, perché noi qui ci sentiamo protetti e possiamo essere tutto quello che vorremmo essere sempre nelle strade».
Secondo i più recenti dati Istat, aggiornati a marzo 2022, anche un semplice gesto, come un bacio in pubblico o una passeggiata mano nella mano, per due terzi della popolazione Lgbtq+ italiana è percepito come rischioso per la propria incolumità. Circa una persona su due è vittima di discriminazione nelle scuole e nelle università, e una persona su sei subisce micro-aggressioni sul luogo di lavoro, ma le denunce di comportamenti omolesbotransfobici sono impossibili da quantificare, sia perché non rappresentano ancora un’aggravante specifica per la legge – la Legge Mancino oggi in vigore contro i crimini d’odio non comprende né orientamento sessuale né identità di genere – sia perché solo una minima parte viene comunicata alle istituzioni.
Sotto ai brillantini e ai colori in marcia fa infatti ancora male la ferita lasciata aperta dall’applauso dello scorso ottobre contro il ddl Zan in Senato, da un Paese che fatica a riconoscere e a tutelare una larga parte della propria cittadinanza. «Siamo qui per affermare che esistiamo e manifestiamo per il nostro diritto di esistere» dichiara Riccardo tra la folla.
L’impressionante fiume umano che attraversa Roma prosegue, ordinato e caotico al tempo stesso, nella pluralità delle vite che contiene e che dentro quella moltitudine si sentono al sicuro, si vedono e si riconoscono. Invade i Fori Imperiali quando il sole è già basso e dal palco principale iniziano a susseguirsi i messaggi più politici, come quello di Mario Colamarino, presidente del “Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli”. Colamarino parla di diritto all’autodeterminazione, dell’assenza ingiustificabile di un’adeguata educazione sessuale e affettiva a scuola e fa appello ai professionisti dell’informazione, ai giornalisti, affinché adottino un vocabolario rispettoso e inclusivo di tutte le identità e gli orientamenti. «Ci sono ancora tanti diritti da conquistare e non dobbiamo cedere di un centimetro sulle battaglie che abbiamo già vinto, perché ce le possono togliere. Questo è quel che deve uscire da questa piazza: noi presidiamo i nostri diritti, presidiamo le nostre identità».
Il ddl Zan, così come approvato dalla Camera un anno fa, è tornato al Senato da circa un mese. Tutte le discussioni sui diritti civili, dallo ius scholae al fine vita, sono ferme in attesa di un Parlamento che si muove lento su questo fronte. Torna in mente allora una di quelle voci nella metropolitana, a pochi minuti dall’inizio del Pride: «Guardati intorno, è questa la festa della Repubblica».
Guarda le foto del Roma Pride 2022: «Facciamo rumore»