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Esclusiva

Febbraio 15 2023
Samp-T, lo scudo italiano per i cieli di Kiev

Il sistema antiaereo italo-francese Samp/T, insieme al “collega” americano Patriot, potrebbe essere la svolta contro i raid terroristici di Putin

Dnipro. Ucraina centrale. È il pomeriggio di sabato 14 gennaio quando un boato squarcia il silenzio della città. Un missile Kh-22 russo ha appena sventrato un palazzo residenziale in pieno centro. Una ragazza vede arrivare i soccorsi da quello che fino a pochi minuti prima era il suo salotto e ora è un pezzo di cemento a strapiombo sulla strada. L’ordigno, che trasportava una tonnellata di esplosivo, è piombato sulla città prima che le sirene antiaeree potessero dare l’allarme. Alla fine si conteranno 44 morti, di cui 5 bambini, e 79 feriti.
«Il missile è stato lanciato con una traiettoria balistica che la nostra contraerea non è in grado di intercettare», ha dichiarato poco dopo l’attacco il portavoce dell’aeronautica ucraina. Sistemi che avrebbero potuto evitare la tragedia però esistono. Tra questi il Samp-T, l’apparato antimissilistico che l’Italia dovrebbe fornire all’Ucraina in collaborazione con la Francia. Il Samp-T, acronimo di “Superficie Aria Media Portata Terrestre”, «è la principale arma di difesa antiaerea mobile del XXI secolo per la protezione di teatro», si legge sul sito della casa produttrice MBDA, consorzio europeo che rappresenta il secondo costruttore di missili al mondo – dietro all’americana Rytheon – a cui partecipano Italia, Francia, Germania e Regno Unito. I missili ASTER 30 di cui è dotato il sistema pesano 450 kg, volano a 4.5 volte la velocità del suono e possono intercettare bersagli a oltre 100 km di distanza. È l’arma attualmente in dotazione alle forze armate italiane che sarebbe utilizzata per difendere il nostro paese nell’eventualità di un attacco aereo. Kiev ha chiesto a più riprese al nostro governo di trasferire una batteria Samp-T in Ucraina e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che si sta lavorando all’invio di concerto con la Francia.

«Il trasferimento del Samp-T e di sistemi simili in Ucraina rappresenterebbe un aiuto al paese aggredito sia in termini di qualità che di quantità», dichiara Gregory Alegi, specialista di Aereonautica e docente di Storia e Politica USA alla Luiss. «Nonostante gli aiuti, lo zoccolo duro dell’arsenale ucraino è costituito ancora da armi sovietiche a cui Kiev non ha più accesso». A rifornire il paese aggredito pensano dunque i paesi occidentali che, non avendo stock di munizioni russe, devono inviare armi e munizioni di tipo diverso e di qualità superiore. «La strategia dei raid missilistici del Cremlino è quella di lanciare un numero tale di proiettili che gli ucraini non riescano materialmente a intercettarli tutti». L’arrivo del Samp-T non solo aiuterà l’Ucraina a bloccare più attacchi, ma migliorerà anche la capacità di intercettare lanci “creativi” come quelli che hanno causato la tragedia di Dnipro. «Il Kh-22 è stato lanciato in maniera “balistica”, ovvero con una traiettoria a campana con cui il missile sale molto nel proprio territorio per poi scendere sul bersaglio in verticale ad altissima velocità, cosa che lascia pochissimo tempo alla contraerea per individuarlo e intercettarlo». Il Samp-T è dotato non solo di un missile più veloce e più potente, ma anche di un radar avanzato che riduce di molto i tempi di calcolo. «È come un portiere che di fronte a un calcio di rigore riesca a calcolare la traiettoria del tiro avversario, invece di essere costretto a buttarsi “alla cieca” perché non ha tempo di riflettere».

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L’invio di questo sistema in Ucraina rappresenta un notevole salto di qualità anche rispetto alla migliore contraerea inviata finora, l’apparato NASAMS, che ha 15 anni di più, un raggio d’azione di 20 km (un quinto del Samp/T) e usa missili più leggeri. Ma è anche un segnale politico fortissimo visto che non si tratta di un’arma vecchia o in dismissione, bensì del sistema che l’Italia ha scelto per modernizzare la sua difesa antiaerea dopo la fine della Guerra Fredda. Il problema è dato dalle forniture. L’Italia dispone di cinque batterie Samp-T più una di addestramento, dotata di un solo lanciatore invece che di quattro. Inoltre, la produzione di missili così sofisticati richiede tempo e gli arsenali europei sono mezzi vuoti. Una delle opzioni in campo è che l’Italia doni a Kiev la sua batteria addestrativa con radar e lanciatore, mentre la Francia fornirebbe le munizioni. «I sistemi italiano e francese non sono propriamente identici, ma si può creare un “ibrido” funzionante», spiega Eugenio Po, capo servizio di Rivista Italiana Difesa. Con un Samp-T e le quattro batterie di Patriot – l’omologo americano del Samp-T – promesse a Kiev da Stati Uniti, Germania e Olanda, si potrebbero mettere al sicuro alcuni punti chiave come la capitale ucraina e altre grandi città. «Bisogna però considerare che entrambi i sistemi, proprio perché sono così sofisticati, richiedono mesi di addestramento», continua Po. Per il Patriot l’amministrazione Biden sta già istruendo i soldati ucraini su suolo statunitense e il ministro della Difesa ucraino, Oleksij Reznikov, ha dichiarato che basteranno dieci settimane per padroneggiare la nuova arma, previsione molto ottimistica rispetto a quelle iniziali che parlavano di oltre sei mesi.

La copertura aerea fornita da questi sistemi permetterà di evitare nuove tragedie come quella di Dnipro, in un momento in cui i russi sembrano aver intensificato la volontà di bombardare i centri abitati. «Il concetto di minimizzare le vittime civili non è proprio della dottrina militare russa», commenta Alegi. «Mirando a obiettivi strategici può capitare per errore che il missile sbagli bersaglio, ma quando ogni giorno sentiamo di condomini colpiti non si tratta di un errore, a meno che, come nel caso dei russi, non si ritenga che mirare a una centrale elettrica nel cuore dell’abitato comporti dei rischi accettabili». Una volta assicurata la difesa dei cieli ucraini, Kiev potrebbe concentrarsi su una controffensiva che ricacci indietro l’esercito di Putin dai territori occupati nell’est e nel sud del Paese. L’elemento chiave sarebbero i carri armati moderni occidentali, che finora non sono ancora arrivati: a fare da apripista è stato però il premier britannico Rishi Sunak, che lo stesso 14 gennaio ha annunciato l’invio di 14 carri armati pesanti Challenger 2, decisione ha spinto diversi alleati come Francia, Stati Uniti, e soprattutto la titubante Germania, a fare altrettanto. Nei prossimi mesi a Kiev arriveranno 31 Abrams M1 statunitensi e 80-90 Leopard 2 di fabbricazione tedesca. Questi ultimi sono in dotazione a diverse forze armate e europee e già prima che arrivasse l’ok del paese produttore, che invierà 14 carri, altri come Polonia e Spagna avevano promesso di fare altrettanto. A quasi un anno dall’invasione Kiev potrebbe finalmente essere in grado di chiudere i suoi cieli, come il presidente Zelensky ha chiesto fin dal 24 febbraio, per poi aprirsi la strada verso nuovi successi in Donbass con una controffensiva di primavera.