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Esclusiva

Febbraio 28 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 1 2023
“Information security”, il nuovo pilastro della difesa democratica secondo Ben Scott

Qual è il ruolo dell grandi piattaforme nel diffondere teorie cospirative e radicalizzare l’elettorato? L’opinione di Ben Scott, direttore di Luminate ed ex advisor di Barack Obama

«Quando al termine delle votazioni per le elezioni di Mid-term negli Stati Uniti nessuno era rimasto ucciso siamo rimasti sorpresi. E non sto esagerando, ci aspettavamo qualche azione avventata che avrebbe portato a delle vittime», afferma Ben Scott, direttore di Luminate, fondazione che promuove l’informazione di qualità nel mondo. Il riferimento è alla radicalizzazione del conflitto politico negli Stati Uniti, fomentato dalla propagazione di teorie cospirative. Parole nette con cui Scott decide di aprire il suo discorso all’università Luiss durante l’evento sul contrasto alla disinformazione nato dalla collaborazione dell’Italian Digital Observatory e FullBright, organizzazione che promuove lo scambio culturale Italia-Stati Uniti. 

«La sicurezza dell’informazione rappresenta un nuovo pilastro della difesa della democratica. Non c’è più solo la sicurezza militare, energetica o cibernetica. La diffusione di notizie false e teorie del complotto sui social media sta minando le istituzioni democratiche in tutto il mondo e ‘l’information security’ è un nuovo concetto con cui dovremo prendere dimestichezza d’ora in poi», dichiara Scott. 

Secondo il direttore di Luminate la diffusione di teorie cospirative e la radicalizzazione online sono sinonimi di un problema più ampio che definisce “l’instabilità del mercato dell’informazione”. Due le cause: da una parte l’interferenza di nemici stranieri e dall’altra la radicalizzazione online, il cui riflesso nel mondo reale è spesso legato ad atti di violenza. 

Basti pensare all’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti d’America del 2021 o all’influenza russa nel diffondere propaganda al fine di giustificare l’invasione dell’Ucraina. «Solo pochi giorni fa Ilan Shor, un oligarca filo russo con l’obiettivo di raggiungere il potere in Moldavia, ha diffuso teorie cospirative che hanno raggiunto un milione di persone in pochi giorni pagando poco più di cento euro su Facebook», dice Scott. 

«Il problema è nella logica delle grandi piattaforme come TikTok, Meta o Twitter. Il loro obiettivo non è quello di fornire informazioni, ma di attirare l’attenzione dell’utente sulla schermata del telefono in modo da poter vendere la sua attenzione alle aziende» . Tutto ciò avviene con un uso massiccio dell’intelligenza artificiale che secondo Scott sarebbe ben addestrata a diffondere informazioni targettizzate per l’utente e poco a filtrare la disinformazione dilagante che minaccia le nostre democrazie. 

E queste storture sarebbero amplificate dalla struttura del mercato dell’informazione: «Non è mai successo nella storia dell’umanità che così poche compagnie controllassero così tanta informazione.  Al contempo non ci siamo mai confrontati con un’audience tanto frammentata quanto oggi, una situazione resa possibile proprio dalla ‘logica’ con cui agiscono le piattaforme», denuncia, e cita l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk: «Non c’è nulla di illegale nel comprare Twitter, ma il fatto che un magnate possa acquistare e ristrutturare a proprio piacimento una delle principali fonti di informazione del Paese dovrebbe accendere una consapevolezza sui rischi che può correre la nostra Nazione».

Sugli antidoti alla disfunzionalità del mercato dell’informazione per le società democratiche Scott cita l’educazione e la regolamentazione. «Il disinvestimento nell’istruzione e nel giornalismo come servizio pubblico ha minato la capacità critica dei cittadini» dice, ma la grande priorità è che le democrazie si dotino di regolamentazioni in grado di garantire un’informazione di qualità in modo strutturale. 

«Quali dati stanno raccogliendo su di noi le piattaforme? Come funzionano i loro algoritmi che diffondo informazione? La trasparenza su questi dati deve essere obbligatoria in modo che eventuali rischi legati all’ ‘information security’ possano essere portati alla luce e discussi», dice Scott. Un avanzamento legislativo raggiungibile e non nuovo se si guarda alla storia dei media: «È stato già fatto con la radio e poi con la televisione, dobbiamo tornare ad agire o potrebbe essere troppo tardi», denuncia Scott.