Esclusiva

Dicembre 15 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 26 2023
“Andare in guerra non è una gita”, la lezione di Stefania Battistini

L’inviata di guerra Stefania Battistini è venuta nella redazione di Zeta a raccontare la sua esperienza sul fronte, a Gaza e in Ucraina.

«Raccontare la guerra significa sacrificare la propria vita, ma è un dovere che abbiamo verso le persone che incontriamo e che chiedono giustizia» dice Stefania Battistini agli studenti del Master di giornalismo Luiss. Come inviata del Tg1 Battistini ha seguito il conflitto tra Russia e Ucraina per più di un anno, per spostarsi ora sul fronte di Gaza. Quando Stefania arriva a Kiev ha con sé solo la valigetta col necessario per una settimana, senza elmetto o giubbotto antiproiettile: «Ero in Ucraina già dieci giorni prima dell’invasione russa, per realizzare qualche servizio sui primi profughi – racconta la reporter- C’erano solo avvisaglie di ostilità, ma diplomatici e analisti assicuravano che la guerra non sarebbe mai scoppiata. Quando, pochi giorni dopo, ci hanno proposto di rimpatriare con l’ultimo convoglio in partenza ho scelto di rimanere».

Tra bombardamenti e dirette per le vie buie della città di Popasnaja, Stefania trova volti che le raccontano le loro storie: «Ci stavamo dirigendo verso Bucha, sobborgo di Kiev. In un villaggio, lungo il tragitto, ho incontrato una signora, ancora sconvolta, mi ha raccontato che il marito era stato ucciso pochi giorni prima da un colpo di mortaio, mentre era in giardino a prendere la legna, nessuno li aveva aiutati, lui era morto dissanguato. Lei stessa aveva dovuto seppellirlo».

Fare il cronista di guerra è lavoro di squadra che implica responsabilità e consapevolezza che al giornalista sia legata la vita di tanti: «Dipendono da noi, la vita del montatore, del cameraman, della troupe che ci segue. Anche gli autisti che ci indicano dove passare sono importanti», dice Stefania, perché trattano con i militari durante gli spostamenti.

«Andare in guerra non è andare in gita». Ci vuole uno studio geopolitico e storico del territorio, ma anche preparazione fisica e psicologica. Quando, passati i primi mesi, Stefania può tornare per un breve periodo a Milano, decide di imparare le nozioni di primo soccorso. «Ci vuole un doppio training prima di partire, perché in quei momenti è fondamentale rimanere lucidi. Poi devi saper gestire situazioni pratiche, come mettere un tourniquet, il laccio emostatico che i cronisti conservano nel giubbotto salva vita». Stefania si ferma un attimo, il pensiero ai colleghi che dalla guerra non sono tornati. 

Il racconto non nasconde le difficoltà, come quando, con la troupe, si ritrova senza benzina e senza cibo: «Era notte, eravamo stanchissimi. A offrirci qualcosa è stata la sorella del tassista che ci aveva accompagnato per tutto il giorno. Ci ha ospitato in casa, circondati da furetti, animali simili alle puzzole trasformati in gatti», ricorda accennando un sorriso.   

La guerra divide ma crea anche legami, Stefania racconta di sorelle e fratelli acquisiti. Ad un primo atteggiamento di diffidenza da parte degli ucraini, ne seguono tanti altri di generosità: «Ci eravamo rifugiati in uno scantinato di una casa distrutta, dove erano rimaste solo persone anziane e disabili. Fuori c’erano -20 gradi. Ricordo la signora che, vedendomi intirizzita, mi ha preso le mani per scaldarle fra le sue “Prego per voi, perché possiate tornare a casa”». Battistini guarda in basso, emozionata nel ricordare: «Queste cose ti danno la forza per continuare a restare».

Stefania Battistini disegna l’immagine di un popolo che ha perso tutto, tranne la dignità: «Ci sono donne che hanno lasciato i figli per andare al fronte, negli ospedali. C’è un sacrificio nelle loro scelte, eppure cercano sempre di essere curate, in ordine, con uno shampoo, lo smalto sulle unghie, un momento di evasione e normalità».

Scegliere cosa mostrare tra le atrocità di una guerra diventa tragico, ma «c’è un principio cardine che non bisogna dimenticare in questo mestiere: la voglia di dare la notizia non deve mai prevalere sui diritti e sul rispetto».