Esclusiva

Gennaio 10 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 11 2024
“Nessun silenzio sulle violenze alle donne israeliane”

Un appello, partito da Milano, per interrompere il silenzio che circonda le violenze perpetrate il 7 ottobre dai soldati di Hamas sulle donne israeliane

«L’appello in difesa delle donne israeliane è una condanna degli stupri come arma di guerra. Credo che questo crimine sia stato nascosto e sottovalutato», sono le parole della deputata del Partito Democratico (PD) Lia Quartapelle, che figura tra gli oltre 6000 firmatari della richiesta lanciata per interrompere il silenzio che circonda le violenze perpetrate il 7 ottobre dai soldati di Hamas sulle donne israeliane. L’obiettivo: dichiarare quegli abusi “femminicidi di massa” e punire con giusta pena i terroristi palestinesi. L’iniziativa è partita da Milano dopo quanto emerso dall’inchiesta del New York Times che, attraverso documenti e dolorose testimonianze, ha ricostruito un quadro di agghiaccianti violenze. Tra le promotrici, la regista teatrale Andrèe Ruth Shammah, Anita Friedman, ideatrice dell’associazione “Setteottobre”, Manuela Ulivi, presidente della Casa delle donne maltrattate del capoluogo lombardo e la direttrice della rivista “Grazia” Silvia Grilli.

È proprio quest’ultima a spiegare come lo stupro non sia un’arma di guerra – che pur essendo devastante ha delle regole ben precise – ma un crimine contro l’umanità: «È un generale disprezzo per il corpo delle donne, considerate degli esseri inferiori che vanno conquistati». Denuncia Grilli: «Lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo lo scorso luglio è identico a quello dei terroristi palestinesi. Non è un atto sessuale, è asservimento e potere di decidere sul corpo femminile che viene invaso, deturpato, violentato e disintegrato».

Nello spiegare le ragioni dell’imputato silenzio sulle violenze, Lia Quartapelle afferma: «Gli stupri sono uno strumento spesso impiegato nei conflitti ma difficile da provare. Se tuo padre viene ucciso, se la tua casa viene bruciata, o se vieni torturato lo racconti. Al contrario, le donne spesso non raccontano le violenze perché sono un trauma enorme e non c’è nessun tipo di risarcimento possibile». Tra i motivi dell’appello anche un obiettivo italiano: «Bisogna far sì che il governo, come quelli francese e tedesco, sostenga le indagini su questi crimini, mandando esperti sul campo», ha spiegato la deputata.Non si tratta di una presa di posizione politica: «C’è un pregiudizio nei confronti di tutto quello che ha colpito le vittime israeliane. Lo dico senza chiudere gli occhi davanti alle enormi violazioni che subiscono quotidianamente i civili palestinesi, come le donne che non riescono a partorire negli ospedali e che non hanno da mangiare. Guardare una cosa non rende ciechi dal vederne un’altra», conclude Quartapelle.

Una precisazione, questa, che viene ben raccontata anche da Ritanna Armeni, storica giornalista del “Manifesto” e dell’ “Unità” e firmataria della richiesta. «L’appello non implica uno schieramento politico. Io per esempio sostengo fortemente la causa palestinese, ma è una questione diversa. Stiamo parlando di violenza perpetrata nei confronti delle donne in quanto donne. Io avrei firmato per qualunque popolo e per qualunque femminicidio».

A sottoscrivere l’appello anche la senatrice PD Simona Malpezzi, che evidenzia come le prove dei terribili crimini di Hamas fossero emerse ben prima dell’inchiesta del New York Times: «Le immagini e le testimonianze che sono arrivate ci dicono che quello è stato un femminicidio di massa, e quindi voglio che venga condannato». La dem Malpezzi non risparmia nessuno: «Sono tutti colpevoli» a prescindere dalla compagine di appartenenza. Non ha dubbi che le violenze nascano da un’ideologia di «patriarcato globale» che vede la donna stuprata dai nemici in ogni conflitto. «Gli uomini che sono stati uccisi il 7 ottobre non hanno subito l’oltraggio ulteriore avuto dalle donne i cui corpi sono stati dilaniati e utilizzati come carne da macello», conclude Malpezzi. 

Tutte posizioni che ben si conciliano col testo dell’appello: «Qualsiasi opinione abbiate sul conflitto, qui non si tratta di prendere una posizione politica. Qui si tratta di sottoscrivere che ci opponiamo sempre, in ogni caso, alla violenza di genere».

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