Esclusiva

Marzo 7 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Combattere per resistere, la lezione di Tolstoj

La guerra di Putin contro l’Ucraina ha condotto ad un ripensamento della letteratura russa: da toni leggeri si è passati alla narrativa bellica per la pace

“È facile amare/più della vita/quando quella vita/si scaglia verso il basso/come un fiume di sangue”, sono i versi di un autore russo, anonimo per motivi di sicurezza, contro la guerra. Il ritorno della letteratura bellica in Russia ha coinciso con l’invasione dell’Ucraina di due anni fa. Il filone documentale, le tematiche di genere, la decolonizzazione, il rifiuto della visione imperiale della cultura: questi erano i temi che poeti e scrittori russi avevano affrontato negli ultimi anni.

L’aggressione di Putin ha riportato «gli scrittori di fronte alla necessità di restituire la propria visione di fatti destinati a condurre a una revisione totale della cultura russa come tale e del sé autoriale al suo interno», scrive così Mario Caramitti. Il professore di letteratura russa all’Università La Sapienza di Roma ha curato la raccolta di poesie intitolata Voci russe contro la guerra di cui il componimento iniziale fa parte.

I protagonisti sono autori russi che avvertono un senso di dolore e di ingiustizia nell’invasione e sono la testimonianza che non esiste soltanto la letteratura espressione dell’imperialismo russo. Caramitti riconosce che c’è stato uno «scollamento del potere dalla società», visibile nel «grido forte e perentorio contro ciò che sta avvenendo». Molte di queste opere non sono pubblicabili in patria, pena quindici anni di carcere per diffamazione.

Bombe e proiettili non possono colpire la letteratura, ma possono cancellare il popolo di cui la letteratura contribuisce a formare l’identità. Ne sa qualcosa il Paese del presidente Zelens’kyj, ricorda Gabriella Elina Imposti, ordinario di letteratura russa all’università Alma Mater di Bologna: «Il fenomeno della perdita di diversità culturale e linguistica si è già verificato in Ucraina». Quella regione, prima delle guerre novecentesche, era multiculturale e multilingue: c’erano polacchi, ebrei, ungheresi e russi. Lo scrittore Miron Petrovskij (1932-2020) ha riconosciuto, a tal proposito, che «la cultura ebraica d’Ucraina è scomparsa perché Hitler ha ucciso i lettori, mentre Stalin ha fatto fuori gli scrittori».

Aleksej Nikitin, scrittore di lingua russa nato a Kiev nel 1967, parlando al festival “Pordenonelegge 2022”, ha ribadito che ogni guerra elimina non solo le persone, ma anche le culture: «Gli obiettivi dichiarati di Putin sono l’annientamento della cultura e la liquidazione dello Stato di Kiev, si parla di distruzione della civiltà ucraina. Per ora è evidente che questa guerra porterà alla cancellazione della cultura di lingua russa in Ucraina». 

La professoressa Imposti afferma: «La maggioranza della popolazione ucraina prima dell’invasione russa era bilingue con una prevalenza russofona nella parte centrale e orientale del Paese. Le opere letterarie ucraine sono state rese fruibili all’estero grazie alla traduzione in russo». Ora, lo spazio della cultura russa si è ristretto molto perché è considerata la lingua del nemico. Dopo il crollo dell’Unione sovietica nel 1992, il desiderio di affrancamento, dovuto ad un complesso di inferiorità rispetto alla Russia, si è trasformato nel risentimento che ha portato alla discriminazione dei russofoni in Ucraina e ad episodi di cancel culture «con legislazioni contraddittorie ad ogni cambio di governo verso i parlanti russo nella zona est del Paese», spiega Imposti.

A due anni dall’inizio dell’invasione russa, il racconto del 1863 di Lev Tolstoj, I cosacchi, permette di capire il senso della guerra: spargimento di morte per il solo gusto di farlo. Olenin è un giovane aristocratico russo che, durante una battuta di caccia, si perde e, mentre vaga senza meta, sente divenire sempre più pesanti le prede che aveva attaccato alla cintura. È il peso della morte che lui stesso ha causato che lo trascina verso il basso. Il protagonista esplora il Caucaso alla ricerca dell’autenticità della natura, ma la violenza perpetrata contro gli animali gliela rende estranea e indifferente.

La riflessione sulla guerra di Tolstoj, classico della letteratura mondiale e autore dei capolavori Guerra e Pace e Anna Karenina, inizia da I racconti di Sebastopoli (1855-56), dove è descritto il conflitto in Crimea di metà Ottocento. «La guerra», dice Imposti «è stato il punto di partenza dell’attività letteraria di Tolstoj: ha sviluppato una concezione passiva della non resistenza al male».

Il tolstoiano Vsevolod Michajlovič Garšin, scrittore russo di fine Ottocento, racconta l’esperienza da volontario nella guerra antiturca del 1876-77 nell’opera Quattro giorni: è il tempo che lui ha passato ferito dentro un cratere sopravvivendo alla puzza dei cadaveri in decomposizione. «Nonostante fossero pacifiste, queste persone andavano a combattere per condividere con i soldati comuni l’esperienza della guerra che distrugge la dignità umana. Hanno sperimentato fino in fondo il significato terribile della guerra, della morte e della degradazione», chiosa Imposti.

Per la pace, hanno combattuto anche Maksym Kryvtsov, nome di battaglia “Dalì”,e Victoria Amelina, entrambi poeti ucraini: uno ucciso al fronte nel gennaio 2024, l’altra sotto un bombardamento dell’anno precedente, mentre lavorava ad un saggio sull’esperienza delle donne ucraine durante l’invasione intitolato Looking at Women Looking at War. Kryvstov aveva appena pubblicato una raccolta di componimenti “Poesie dalla feritoia” e aveva già combattuto nel 2014 quando la Russia invase la Crimea. Amelina, sette mesi prima della morte, aveva dichiarato che «siamo ossessionati dalla nostra libertà e siamo pronti a morire per essa. I russi non possono perdonarci per questo». Inoltre, in un articolo sulla rivista online Eurozine preannunciava: «Esiste la minaccia reale che i russi riescano a distruggere con successo un’altra generazione di cultura ucraina questa volta con missili e bombe».