Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Marzo 5 2023
L’Ucraina e Putin – Tra storia e ideologia

Lo storico Graziosi ripercorre gli eventi storici che hanno trasformato il risentimento russo in elemento di detonazione del conflitto scoppiato il 24 febbraio 2022

«Per avere almeno la possibilità di esistere, bisognava prima resistere» scrive Andrea Graziosi nel suo ultimo libro, pubblicato dalla casa editrice Laterza, accostando gli scenari di due Paesi devastati dalla guerra. Eppure, ciò che distingue l’Italia del 1943 dall’Ucraina odierna, devastata da un conflitto innescato dalla Russia un anno fa, è il dover difendere la propria identità nazionale dal progetto di Putin della Russkij mir (“mondo russo”).

Per capire le conseguenze del conflitto, iniziato il 24 febbraio 2022 con un’Operazione speciale lanciata da Vladimir Putin come «necessità di prevenire il “genocidio” dei russi nel Donbass e di “denazificare” l’Ucraina prima che sia troppo tardi», è necessario tornare al dicembre 1991. Presentato come la «più grande catastrofe geopolitica del [XX] secolo» da Putin stesso in un discorso alla Duma nel 2005, il crollo dell’Unione Sovietica rappresenta ancora oggi una ferita sanguinante nell’orgoglio della Russia, che si auto-definisce erede dell’impero zarista e del progetto sovietico, nonché «un Paese naturalmente vincitore» sottolinea Graziosi.

Un Paese che, imperniato sui valori tradizionali della virilità e dell’uso della forza come unico modo per mostrare la sua potenza ad un Occidente definito da Putin «corrotto e depravato», oggi condanna gli errori dei suoi predecessori russi come Lenin e Gorbačëv, accusati di aver «derubato la Russia del suo patrimonio legittimo», scrive Graziosi, facendo riferimento alle ex repubbliche socialiste come appunto l’Ucraina.

In questo quadro nasce il pensiero “nazionalista” di Putin, antioccidentale e basato su una concezione non etnolinguistica, bensì russocentrica in senso più ampio, volta a restituire quell’idea di Russia «storica ed eterna» con cui si è sempre identificata. Se da un lato Putin percepisce l’Ucraina come «un surrogato manipolato da Mosca e quindi incapace di ambire a costruire uno Stato», dall’altro teme che possa diventare «la creatura e lo strumento di stranieri malvagi che vogliono indebolire il “naturale” centro russo, chiamato a impedire che ciò accada».

Proprio come Stalin inflisse al popolo ucraino la tragedia dell’Holodomor, la carestia che sterminò quattro milioni di persone nell’Ucraina sovietica degli anni 1932-1933, «piegandone la base sociale contadina con l’uso della fame e liquidandone le élites che avevano osato dubitare delle sue politiche, mettendo a rischio – ai suoi occhi – l’appartenenza dell’Ucraina al mondo sovietico», l’invasione autorizzata da Putin si configura come un’operazione militare lampo volta a impedire l’avvicinamento del popolo ucraino ad «un mondo di consumo eccessivo e di apparente libertà» incarnato dall’Occidente e, in particolare, dall’Unione Europea.

«La resistenza ucraina è stata inattesa quanto straordinaria», Graziosi profetizza che il destino a cui vanno incontro le potenze nazionaliste come la Russia, «spinte dal desiderio di rendere il loro Paese “great again”», è non solo quello di un impoverimento umano e culturale senza precedenti, ma anche l’isolamento diplomatico.  

Leggi anche: L’invasione russa dell’Ucraina in quattro fasi