Sei anni dopo l’ultima volta, la bandiera verde, bianca e nera dei ribelli jihadisti torna a sventolare sulle mura della cittadella di Aleppo, nella Siria nord-occidentale. La confederazione di gruppi armati che sta mettendo in ginocchio il regime del presidente Bashar al-Assad è capeggiata dalla milizia Hayat Tahrir al Sham (Hts), in arabo «Organizzazione per la liberazione del Levante». Nata come Jabhat Al-Nusra, una costola nazionale del movimento Al Qaeda di Osama Bin Laden, si è da questo distaccata nel 2016, rinunciando alla guerra santa internazionale per radicarsi nella regione di Idlib, al confine con la Turchia. «Il loro leader, Abu Mohammad al-Jolani, è stato a lungo prigioniero, per poi ricevere l’amnistia nel 2011», dice Riccardo Cristiano, già corrispondente Rai dal Medio Oriente e grande conoscitore della Siria. Negli ultimi anni il comandante è riuscito ad unire una dozzina di bande in un esercito di quarantamila uomini di fede sunnita, reduci dell’Isis, mercenari arrivati dalla Turchia, dal Caucaso e dall’Asia centrale. Sono dotati di artiglieria pesante, carri armati e droni killer che potrebbero aver ricevuto dagli ucraini. L’uccisione di Al-Jolani per mano dell’aviazione russa a Idlib, riportata da alcuni media israeliani ma ancora non confermata, non sembra pesare sull’animo dei ribelli, che marciano verso sud, in direzione della città di Hama.
I combattenti dell’Hts sono salafiti, un orientamento religioso che mira alla purezza islamica. «Nonostante i recenti tentativi di moderazione, si tratta di una forma di integralismo, più che di fondamentalismo» precisa Cristiano. «Restano in vigore le regole della società beduina del sesto secolo dopo Cristo, dei tempi di Maometto, quelle dei Padri Nobili che vivevano in rapporto osmotico con la dottrina».
Non solo Hts: l’alleanza con le milizie curde e i contrasti con la Turchia
Del fronte fanno parte anche alcune formazioni originarie del nord-est del Paese, come l’Esercito siriano libero (Fsa), che si oppone alle milizie di Damasco. È un contingente appoggiato dalla Turchia, di diretta derivazione dei servizi di sicurezza di Ankara, fondato da ufficiali disertori, miliziani legati ai Fratelli Musulmani e turkmeni. All’offensiva partecipano anche le Syrian Democratic Forces, nate per dare battaglia al Califfato dell’Isis, con il supporto degli alleati dell’Ypg, l’Unità di autodifesa popolare, ben voluti dagli Usa ma osteggiati dal governo di Erdogan. «Sono considerati un braccio del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan», ritenuto un’organizzazione terroristica dalla Turchia, dagli Stati Uniti, dall’Ue e non solo, precisa Cristiano.
Il fronte di Assad: Russia, Iran e Hezbollah
La recrudescenza del conflitto siriano apre un terzo fronte di guerra nel Medio Oriente, un terreno di contesa decisivo per le superpotenze globali. Da un lato la Russia, principale alleato del presidente Assad, a cui si aggiungono l’Hezbollah libanese, asserragliato a Beirut per difendersi dagli attacchi di Israele, e l’Iran, che nella notte ha fatto entrare milizie dall’Iraq per rafforzare le linee dell’esercito governativo.
Dall’altro lato ci sono gli Stati Uniti, appoggiati dai militari ucraini, che hanno addestrato i jihadisti dell’Hts: «I ribelli hanno attaccato adesso anche perché i sostenitori di Assad sono distratti da altri conflitti – afferma Cristiano – e la base di consenso del governo è oramai sottile». Milioni di cittadini vivono nella miseria, nei campi profughi, cinquantamila persone stanno fuggendo dal nord del Paese. Gli sviluppi delle prossime settimane dipenderanno dalla capacità di reazione dell’esercito regolare e dell’aviazione russa, che è tornata a bombardare con un’intensità che non si vedeva da tempo. «Un punto di arrivo possibile sarebbe la risoluzione 2042 delle Nazioni Unite, il piano di pace stabilito nel 2015 dal Consiglio di Sicurezza: per avviare un processo di transizione verso una nuova Siria serve un’intesa fra il regime e le opposizioni». Ma al momento uno spazio di trattativa non sembra esserci. E sulla fortezza di Aleppo continua a sventolare la bandiera verde, bianca e nera.