Esclusiva

Dicembre 19 2024
Scoprire il Futurismo alla Galleria Nazionale di Arte Moderna

Allo Gnam 350 opere tra quadri, sculture e progetti per capire la prima avanguardia italiana. Tra quadri, automobili e manifesti

Nessuna scazzottata sui gradoni della Galleria Nazionale di Arte Moderna prima di entrare e nessuna polibibita ad accogliere, come vorrebbe il “Manifesto della Cucina” scritto nel 1932. “Il tempo del futurismo” non è una mostra futurista in senso stretto, ma un’esposizione che, con le sue 350 opere tra quadri, sculture, progetti, film e disegni, permette di comprendere a fondo cosa sia stata la prima avanguardia italiana del ‘900.

L’esposizione, aperta a inizio dicembre, sarà visitabile fino al 28 febbraio.
«La mostra celebra la portata innovativa che il movimento futurista ha avuto in Italia e in tutta Europa. L’esposizione – afferma l’onorevole Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera dei deputati – farà storia per il numero di opere e di prestatori a livello internazionale. Con il futurismo l’arte diventa totale, esce dallo spazio del quadro, entra nella vita quotidiana e intercetta un mondo in cui ‘tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido’».

Si parte con la prima pagina del quotidiano francese Le Figaro, dove il 20 febbraio 1909 venne pubblicato il manifesto del movimento. “Le Futurisme” è il titolo. Marinetti ottenne la pubblicazione grazie a un’astuzia: si innamorò – o meglio, finse di innamorarsi – della figlia del comproprietario del quotidiano parigino, un ricco egiziano. Gli undici punti del manifesto esaltano l’amore per il pericolo, la ribellione come elemento essenziale della poesia e, tra essi, figurano anche concetti più controversi, come il disprezzo per la donna. È su queste pagine che si preferisce l’automobile da corsa alla statua della Vittoria di Samotracia. Accelerare, accelerare, accelerare diventa sinonimo di futuro per distruggere i musei, le biblioteche e le accademie che, invece, sono sinonimo di passato e passatismo. E infatti, assieme alla prima pagine nella stessa sala è presente l’automobile, una rossa e fiammante Maserati. Il simbolo per eccellenza della prima fase del movimento.

Ma non ci sono solo manifesti a spiegare l’identità del futurismo. La mostra è soprattutto immagini e quadri. “La Lampada ad arco” di Giacomo Balla è un omaggio al manifesto “Uccidiamo il chiaro di Luna”: il lampione di una strada che illumina le notti con maggiore intensità rispetto al satellite. Si può ammirare anche il ritratto di Marinetti intitolato “Soleil”, realizzato dalla futurista Rougena Zatkova, e l’omaggio a Marconi con le sue invenzioni, simbolo del desiderio di trasformare la quotidianità umana. «Buona parte dei letterati di allora guardò in altre direzioni, relegando l’industrializzazione a uno scenario di contorno, mentre i futuristi – spiega ancora l’onorevole Mollicone – furono gli unici a cogliere quel momento epocale. Oggi, sul loro esempio, e alla luce della quarta rivoluzione – quella digitale – dobbiamo affrontare le nuove sfide per governarle e renderle una risorsa per l’uomo e per il futuro».

Lo GNAM diventa un hangar che ospita un grande idrovolante rosso e 350 opere provenienti da tutto il mondo. Tra i quadri che richiamano il cielo e l’eroismo spicca “Prima che il paracadute si apra” di Tullio Crali. Accanto ai celebri Giacomo Balla e Umberto Boccioni, si riscoprono artisti meno conosciuti, come Fortunato Depero. Manifesti letterari e quadri si fondono, progresso e conservazione si intrecciano, e la pubblicità diventa un mezzo per penetrare nella società.

«Noi inventeremo insieme ciò che io chiamo l’immaginazione senza fili […] Bisognerà, per questo, rinunciare a essere compresi. Esser compresi non è necessario. Noi ne abbiamo fatto a meno, d’altronde…», scriveva Marinetti. Aveva ragione. I futuristi hanno rinunciato a farsi comprendere, ma non hanno mai smesso di farsi ricordare.