Una bandiera tricolore ricopre i pochi beni che una famiglia giuliana è riuscita a mettere in salvo. Appoggiato al carretto c’è un bambino dagli occhi tristi. Questa è solo una delle tante foto in bianco e nero esposte nello spazio Emilio Colombo del Parlamento europeo a Strasburgo.
La mostra fotografica FOIBE: tragedy and exodus è la prima nel suo genere ad essere ospitata al Parlamento, come sottolinea l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Stefano Cavedagna, suo promotore: «Sono passati 80 anni dall’eccidio delle Foibe, che costò la vita a più di 10.000 italiani e ben oltre 300.000 furono costretti all’esilio dal regime comunista di Tito. Ma sono passati solo 21 anni dall’approvazione della legge italiana che ha istituito il Giorno del Ricordo».
Il 10 febbraio, infatti, si celebra questa ricorrenza istituita con la Legge 92 del 30 marzo 2004, conosciuta anche come legge Meina dal suo autore, l’allora sottosegretario all’ambiente Roberto Menia. Una commemorazione che appare ancora più significativa a pochi giorni di distanza dall’atto vandalico alla foiba di Basovizza a Trieste, dove sono apparse scritte rosse in lingua slava: “Trieste è nostra”, “Trieste è un pozzo”.
«La nave partì e solo allora mi resi conto di quello che stava succedendo. Partivamo per luoghi sconosciuti, lasciavamo per sempre la nostra casa, le nostre cose, i nostri affetti, i nostri morti, la nostra terra per non farci più ritorno». È Antonella Sverna, vicepresidente del PE, a leggere le parole di Maria, una bambina residente in una frazione di Pola in Istria, che fu costretta a lasciare la sua casa dopo che le truppe jugoslave di Tito portarono via per sempre il suo papà.
Alle pareti le immagini si mescolano alle storie. Sergio Finelli, figlio di esuli e membro dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, ricorda Stefano Petris, insegnante di lettere di Fiume, attraverso la lettera che l’uomo scrisse alla moglie la notte prima di essere ucciso: «Siamo migliaia di italiani gettati nelle foibe, trucidati e massacrati, deportati in Croazia, falciati giornalmente dall’odio, dalla fame, dalle malattie, sgozzati. Aprono gli occhi gli italiani e puntano i loro sguardi verso questa martoriata terra istriana che è e sarà italiana. […] Domani mi uccideranno, ma non uccideranno il mio spirito e la mia fede».
Tra le vittime c’è anche il nome di Norma Cossetto, alla quale l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi dedicò nel 2006 una medaglia d’oro al merito civile. Norma aveva soli ventitrè anni quando venne gettata ancora viva nella foiba di Villa Surani, dopo essere stata violentata da diciassette aguzzini. Il suo “crimine” fu non aver negato le sue origini e la sua identità. «Perché si veniva infoibati? Non era solo un modo per uccidere o per occultare un cadavere, ma per cancellare un’identità, una presenza, una storia», spiega Emanuele Merlino, del Comitato 10 febbraio.
Oggi, dove un tempo c’erano dolore e divisione, si cerca di costruire unità. Gorizia e Nova Gorica sono state da poco scelte come prima capitale europea della cultura transfrontaliera 2025, un evento importante celebrato alla presenza dei presidenti della Repubblica Sergio Mattarella e della Slovenia Nataša Pirc Musar: «Ora siamo popoli fratelli, condividiamo gli stessi valori, condividiamo la stessa prospettiva di Europa», conclude il capo delegazione di FdI Carlo Fidanza.