«Io durante il Festival perdo circa 10mila euro di incassi ogni anno!». È una dichiarazione inaspettata e provocatoria quella che arriva da Giulio (nome di fantasia), sanremese e titolare di un negozio di vini, amari e dolci tipici della regione. Mentre la città dei fiori si accende con la gara canora più seguita d’Italia, non tutti festeggiano. Anzi, per alcuni esercenti locali il Festival rappresenta più un ostacolo che un’opportunità. Secondo Giulio, negli ultimi anni la situazione è peggiorata, in particolare con l’avvento della direzione artistica di Amadeus. «La città è stata presa d’assalto dalle radio», spiega. Un’invasione che si traduce in decine di stand promozionali delle grandi aziende, nell’occupazione di spazi pubblici e in una viabilità stravolta. Le strade intorno al Teatro Ariston vengono chiuse al traffico e trasformate in zone pedonali per l’intera settimana. «I tanti posti auto occupati dagli sponsor limitano gli accessi alle zone limitrofe», lamenta l’imprenditore. Il risultato è un calo delle vendite per chi non si trova nel pieno del flusso turistico. «Noi vorremmo pure partecipare a questo grande giro d’affari – afferma Giulio sconsolato – ma se non ti trovi su via Matteotti è finita». In questa via, che collega il Casinò al Teatro Ariston, si concentrano infatti le principali attività promozionali. Al di fuori di essa, però, la situazione è ben diversa: i negozi sono semi-deserti e i clienti abituali vengono scoraggiati dal caos.
Sanremo, per una settimana all’anno, diventa la capitale della musica italiana, con effetti economici enormi. L’indotto generato dal Festival si aggirerebbe intorno ai 245 milioni di euro (report di Ey). La ricaduta economica, però, non è distribuita in modo equo e molti commercianti locali si sentono messi da parte. La questione porta a interrogarsi sulla gestione degli eventi e sul loro impatto sulle economie locali. «Servirebbe una rete di iniziative che includa davvero tutti i negozi, magari con percorsi di valorizzazione dei prodotti locali o agevolazioni per chi ha difficoltà ad accedere alle aree più frequentate», suggerisce Giulio. Si potrebbe, ad esempio, promuovere la diffusione di musica lungo tutte le strade, impiantare palchi per esibizioni anche nelle aree più distanti o favorire collaborazioni tra le realtà locali e i grandi marchi. «Noi lavoriamo tanto con i francesi, ma in questo periodo proprio perché sanno com’è la situazione non vengono», lamenta un commerciante, e ancora un altro denuncia: «Io lavoro con più di cento aziende, ma nessuna di loro mi ha proposto attività legate al Festival». Lamentele comuni a moltissimi esercizi.
C’è anche però chi racconta una storia diversa. Una responsabile di un negozio di pane e pizza al taglio in piazza Colombo descrive un quadro più roseo. «Per noi il Festival è un’occasione d’oro», afferma. «C’è un continuo flusso di gente e il nostro locale resta pieno tutto il giorno. I turisti, i giornalisti e gli addetti ai lavori cercano cibo veloce e comodo, e questo ci porta incassi alti». Due visioni opposte che evidenziano il doppio volto del Festival.