Esclusiva

Febbraio 20 2025
Il Conclave di Robert Harris, fede e potere

Il romanzo Conclave di Robert Harris racconta l’elezione papale tra intrighi, fede e ambizione, in un’atmosfera tesa e imprevedibile

Un colpo secco spezza l’anello papale: il Santo Padre è morto, il trono è vacante. Centodiciotto cardinali, riuniti nella Cappella Sistina, devono scegliere il nuovo Pontefice. Le porte si chiudono, le voci si abbassano. “Extra omnes”, fuori tutti. Il Conclave di Robert Harris ha inizio.

Il libro esplora il potere, la fede e l’ambizione umana dentro le mura di uno degli eventi più segreti al mondo. Il libro, uscito nel 2016, ha ispirato l’omonimo film diretto da Edward Berger, candidato agli Oscar 2025 come “miglior film”. Un adattamento che porta sullo schermo un’atmosfera tesa, febbrile e il sottile gioco di strategie che Harris orchestra magistralmente nei 19 capitoli del volume.

A presiedere il Conclave è il cardinale Lomeli, protagonista del romanzo – interpretato nel film da Ralph Fiennes -, che si trova a dover garantire il regolare svolgimento dell’elezione pontificia, un compito che si rivelerà ben più arduo del previsto. Pur essendo un uomo di principi, non esita a infrangere le regole se necessario, convinto che solo così potrà assicurarsi che l’elezione del Papa avvenga secondo la volontà dello Spirito Santo. Fin dal principio, Lomeli appare come l’unico tra i porporati a non nutrire alcuna aspirazione al soglio pontificio. Al contrario, è lacerato da una profonda e misteriosa crisi di fede che lo porta a interrogarsi continuamente sul proprio ruolo e sulla natura stessa del processo elettivo. Deve assicurarsi che ogni decisione sia guidata da Dio e non da giochi di potere, ma è lui stesso il primo a dubitare di quale sia la vera volontà divina. Il defunto Santo Padre lo aveva definito più un amministratore che un pastore, e questo giudizio pesa su di lui come un’ombra, spingendolo a chiedersi se sia davvero all’altezza della missione affidatagli. Privo di ambizioni personali, prigioniero di una coscienza inflessibile, si tormenta nel tentativo di discernere se le sue scelte siano il frutto di un’ispirazione superiore o di emozioni umane.

La contesa per la successione si sviluppa fra quattro figure. Il cardinale Aldo Bellini, segretario di Stato e volto progressista della Curia, ribadisce fin da subito di non desiderare l’elezione, ma il suo nome emerge come quello di un possibile pontefice riformista. Sul fronte opposto si schiera il cardinale Goffredo Tedesco, conservatore intransigente che incarna la resistenza al cambiamento e che molti vogliono fermare a ogni costo. Il cardinale Joseph Tremblay, esperto stratega dai modi affabili, nasconde dietro la sua influenza segreti potenzialmente esplosivi. Infine, il cardinale nigeriano Joshua Adeyeni rappresenta la speranza di una Chiesa più inclusiva sul piano sociale, ma rimane irremovibile sulle questioni di dottrina, opponendosi con fermezza a ogni apertura su temi come l’omosessualità e il divorzio.

Un elemento di rottura arriva con il cardinale Benítez, nominato in segreto dal defunto Papa. La sua comparsa il primo giorno di Conclave, senza alcun preavviso, spiazza tutti. Poco si sa di lui, del suo passato e del ruolo che potrebbe giocare nell’elezione, eppure la sua semplice esistenza introduce un fattore di imprevedibilità nel processo che accompagna il lettore fino alle ultime pagine. A margine del conclave si muove suor Agnes, figura silenziosa ma onnipresente, unica donna tra i personaggi, non a caso incarnazione del pragmatismo e della disciplina ecclesiastica. 

La responsabilità che cade sulle spalle dei cardinali li rende uomini che si confrontano non solo con la volontà di Dio, ma con le loro fragilità, le loro paure, la loro fame di potere. Harris costruisce un’atmosfera claustrofobica, ogni fumata nera nasconde retroscena di scontri, promesse bisbigliate e alleanze precarie. La tensione cresce con un ritmo chirurgico: qualcosa sta per accadere, ma cosa? Harris conduce la narrazione verso un finale che non si limita a sorprendere, ma scuote, ribalta, trascina in un vortice di interrogativi. Un epilogo spiazzante, provocatorio, che sovverte il senso stesso dell’elezione e che lascia un senso di ammirazione e sgomento. 

Per questo “Conclave” è un romanzo che scardina certezze e sonda il significato della fede nel cuore stesso del potere ecclesiastico. Lomeli, con un filo di esitazione, lo dice chiaramente: “C’è un peccato che temo più di ogni altro: la certezza. Se ci fosse solo la certezza e nessun dubbio, non ci sarebbero misteri e quindi nessun bisogno di fede”. 

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