Federico San Bonifacio non ha seguito la strada più semplice. Dopo una laurea in biologia e un master in economia e innovazione, avrebbe potuto trovare lavoro in laboratorio o in un ufficio. Invece, nel 2012, ha deciso di sporcarsi le mani. Letteralmente. È tornato nei campi di famiglia, nella pianura padana veronese, per dare nuova vita a un’azienda agricola ereditata, ma soprattutto per contribuire, nel suo piccolo, alla salvezza del pianeta.
«Ho deciso di occuparmi dell’azienda agricola perché sentivo una responsabilità», racconta. «Sapevo che l’agricoltura può avere un enorme impatto sugli ecosistemi, ma anche un enorme potenziale». Una visione chiara, alimentata dalle sue competenze scientifiche e da un’urgenza personale di trovare un senso profondo al proprio lavoro. È così che ha scelto di dedicarsi all’agricoltura rigenerativa, un approccio ancora di nicchia in Italia ma in forte crescita, che mira non solo a produrre cibo, ma anche a restituire salute ai suoli, alla biodiversità e al paesaggio.
Cos’è l’agricoltura rigenerativa
Spesso confusa con l’agricoltura biologica, l’agricoltura rigenerativa va oltre. Se il biologico si concentra sull’eliminazione di pesticidi e fertilizzanti chimici, la rigenerativa punta a “guarire” il suolo, trasformando i terreni impoveriti in ecosistemi vitali e resilienti. È un’agricoltura che imita la natura: diversificata, integrata, in equilibrio. Comprende pratiche come la rotazione delle colture, la semina di miscugli evolutivi, l’uso di alberi e siepi per creare corridoi ecologici, l’introduzione di animali al pascolo per chiudere i cicli della fertilità.
Federico ha deciso di adottare tutto ciò nella sua azienda. Il suo primo gesto simbolico e pratico è stato piantare alberi, tanti. «La pianura padana è un ambiente molto sfruttato, piatto, spesso desolante. Ho voluto creare dei boschetti, dei corridoi ecologici, e oggi, dopo più di dieci anni, si è formato un paesaggio agricolo completamente diverso, molto più bello».
Un ecosistema in crescita
Nella sua azienda, nella pianura tra Adige e Po a sud di Verona, Federico coltiva cereali biologici, produce avena per latte vegetale, grani antichi e miscugli evolutivi per farine. Collabora con reti di agricoltori e scienziati per la selezione partecipata delle sementi, una pratica antica che oggi appare quasi rivoluzionaria: «Riseminare i propri semi sembra una novità, ma è ciò che gli agricoltori hanno sempre fatto. È così che si conserva e si adatta la biodiversità».
Parte della sua terra è dedicata alla produzione forestale, soprattutto pioppo per il compensato. Ha creato anche una piccola zona umida: un laghetto che arricchisce la biodiversità. Ora guarda avanti: ospitalità rurale, ortaggi, frutta, forse animali. «Ho appena iniziato a esplorare tutte le potenzialità di questo luogo. Credo che stiamo usando solo il 30% del suo valore reale, anche economico».
Le sfide (e le opportunità) dell’economia rigenerativa
Il quadro non è tutto roseo. L’equilibrio economico, ammette Federico, è precario: «Se coltivassi solo cereali su tutti i 30 ettari, forse potrei mantenere una famiglia, ma avendo destinato metà dell’azienda a boschi e zone ecologiche, il reddito si riduce. Per fortuna ho anche un’attività di ospitalità e sto lavorando per costruire un nuovo modello di gestione».
L’idea è quella di trasformare l’attività in una realtà più cooperativa, dove diversi soggetti si prendano cura di settori specifici: ortaggi, frutta, animali, ospitalità, educazione. Un’azienda agricola come ecosistema sociale, oltre che naturale.
Una rete che cresce
Federico non è solo, collabora con la rete di Deafal , una delle maggiori associazioni in Italia per l’agricoltura organico-rigenerativa, e ha contribuito alla nascita dell’Alleanza Europea per l’Agricoltura Rigenerativa, un’iniziativa sostenuta da fondazioni filantropiche per fare advocacy a livello europeo. Inoltre, è promotore del progetto Land Stewards, una piattaforma per facilitare l’accesso alla terra a nuovi agricoltori attraverso modelli di custodia. «Si occupa di cambio generazionale e di offrire delle opportunità a chi ha delle aspirazioni e aiutare gli agricoltori a trovare terre e metterli nelle condizioni lavorare».
Coltivare il futuro
A sentire Federico parlare della sua terra, si rende chiaro come l’agricoltura rigenerativa non sia una semplice tecnica per coltivare i campi. «Dopo anni di lavoro, oggi la mia azienda è anche un posto dove si può fare una passeggiata, godersi un picnic, respirare. Questo ha un valore. Non solo per me, ma per tutta la comunità».
La sua è una storia di ritorno. Di scelte nuove, ma cariche di impegno. In un momento storico in cui l’agricoltura è chiamata a reinventarsi, storie come quella di Federico San Bonifacio indicano una possibile direzione: tornare alla terra, per andare avanti.