Esclusiva

Aprile 28 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 29 2025
La foresta dei Kayapó, custodi dell’Amazzonia in prima linea

Un esempio concreto di come la tradizione territoriale indigena sia la chiave per salvare il clima planetario

Dall’alto, appare come un’isola verde in un mare di devastazione: il territorio Kayapó, quasi 11 milioni di ettari di foresta amazzonica preservata in quello che viene chiamato “l’arco della deforestazione”. Qui vive il popolo indigeno Mebêngôkre, “il popolo nato dal buco nell’acqua”, custode di una antica saggezza nella lotta contro il cambiamento climatico.

«È un territorio demarcato, e questa è la grande questione nell’epoca di crisi climatica,» spiega Simone Giovine, regista italiano che vive con le comunità brasiliane da quasi 11 anni. «La demarcazione dei territori indigeni si propone come una delle soluzioni: questo perché dove vivono indigeni si preserva il territorio.»

Con 70 anni di contatto con il mondo non indigeno, i Kayapó mantengono un legame con la terra che si traduce in pratiche concrete di conservazione. «I popoli indigeni tradizionalmente non esplorano i loro territori, non vedono la foresta come una forma da monetizzare,» continua Giovine. È questa visione che permette loro di proteggere l’ambiente quando tutto intorno viene sacrificato a miniere d’oro, allevamenti e monocolture.

I Kayapó vivono negli stati brasiliani del Mato Grosso e del Pará, distribuiti in circa 50 villaggi su cinque territori indigeni federalmente demarcati. Con una popolazione stimata di circa 12.000 persone, sono organizzati in tre principali associazioni che gestiscono collettivamente questo vasto territorio: la Protected Forest Association, l’Instituto Kabo e l’Instituto Honi.

«Insieme, proteggono un po’ più di 9 milioni di ettari di foresta tropicale», spiega Matthew Aruch, direttore dei programmi di conservazione indigena dell’International Conservation Fund of Canada. «L’intero blocco territoriale è di circa 10 milioni e mezzo di ettari, ma c’è una sezione sul lato est che è più o meno distrutta da taglialegna e cercatori d’oro.»

Al centro di questa resistenza emergono figure come Tuíre Kayapó, il cui coraggio ha segnato la storia della difesa ambientale. «È una donna conosciuta per il suo gesto quando ha messo un machete sulla faccia del capo della Eletronorte,» racconta Giovine. Era il 1989, durante l’Incontro delle Nazioni Indigene ad Altamira. Di fronte ai responsabili della diga di Belo Monte che minacciava le terre ancestrali, Tuíre si alzò con un machete. Quel gesto ha contribuito a rallentare i lavori della diga per anni e «fino ad oggi mantiene una forza simbolica molto grande della lotta dei popoli indigeni contro la distruzione dei loro territori».

Oggi, leader come Cacique Raoni, candidato al Nobel per la Pace nel 2020, e considerato il maggior leader vivente del popolo Mebêngôkre, portano avanti questa battaglia. La loro lotta non è solo per la propria sopravvivenza culturale, ma ha un impatto globale misurabile.

Matthew Aruch descrive l’approccio del Progetto Kayapó: «Realizziamo attività di monitoraggio e generazione di reddito: la raccolta di noci del Brasile, l’ecoturismo, la pesca sportiva, l’artigianato.» Il progetto include anche posti di guardia distribuiti su tutto il territorio e gruppi dedicati alla comunicazione, ai media e allo storytelling.

«Abbiamo poi un’area dedicata all’attivismo e all’impegno politico», continua Aruch, «che garantisce che i Kayapó siano rappresentati in diversi forum: locali, regionali, nazionali e globali.» Non manca una sezione dedicata alla cultura e all’educazione, che supporta festival, materiali educativi e altre iniziative per preservare e valorizzare la cultura Kayapó.

Un aspetto fondamentale di questo modello di conservazione è il rispetto dell’autodeterminazione indigena. «Le associazioni Kayapó sono governate da persone indigene, ma supportate da tecnici non indigeni che si occupano di finanza, amministrazione e tutti quei dettagli pratici», spiega Aruch.

«Tutti i progetti e i programmi che vengono implementati sono basati sulle richieste delle comunità stesse», sottolinea. «Sono loro a presentare un progetto dicendo: ‘Vorremmo fare questa cosa’. E poi si apre un dialogo per capire se è fattibile o meno, in base al contesto politico ed economico.»

Questo approccio garantisce che «tutti i concetti progettuali siano costruiti attorno alle norme culturali Kayapó, come l’equa distribuzione delle risorse, la deliberazione collettiva e il dialogo.» Un esempio concreto di come la saggezza tradizionale possa tradursi in strategie efficaci per uno sviluppo sostenibile.

Il territorio dei Mebêngôkre non è solo una delle più grandi foreste tropicali gestite da indigeni al mondo, ma un vero e proprio bastione della biodiversità. Questa vasta area sequestra circa 1,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, contribuendo in modo significativo alla regolazione del clima planetario.

«È importante difendere i popoli indigeni», ricorda Giovine, «perché costituiscono il 5% della popolazione mondiale ma preservano più dell’80% della biodiversità del pianeta.» La storia dei Kayapó dimostra come la demarcazione legale dei territori, con divieto di accesso e sfruttamento da parte dei non indigeni, sia una delle strategie più efficaci per la conservazione ambientale.

Sul loro sito, il popolo indigeno esprime consapevolezza del proprio ruolo: «Lottiamo attivamente per la garanzia dei nostri diritti e territori tradizionali, sanciti dalla Costituzione brasiliana. La nostra gestione contribuisce direttamente alla conservazione della biodiversità, e al mantenimento delle precipitazioni e del clima in tutto il pianeta.»

I Kayapó sono protagonisti nella difesa dei diritti indigeni in Brasile, avendo contribuito alla conquista di due importanti articoli nella Costituzione Federale che garantiscono ai popoli indigeni il diritto all’usufrutto dei loro territori ancestrali e a vivere secondo le loro tradizioni e cosmologie.

Investire nel rafforzamento del ruolo delle popolazioni indigene non è solo una questione di giustizia territoriale, ma una strategia concreta, efficace e collaudata per la salvaguardia del clima e della biodiversità a livello globale.