Esclusiva

Maggio 13 2025
A Roma un’onda rosa per la Race for the cure

Oltre 150 mila persone hanno partecipato all’evento organizzato da Komen Italia. Il racconto dei partecipanti

Poco prima che in Piazza San Pietro Papa Leone XIV celebrasse il Regina Coeli, nella Città eterna la gente si stava riunendo per un altro appuntamento, questa volta laico: la ventiseiesima edizione della Race for the cure 2025. L’evento simbolo dell’organizzazione no-profit Komen Italia è la più grande manifestazione per la lotta ai tumori del seno non solo nella nostra penisola, ma nel mondo. Oltre a Roma, si svolge a Bari, Bologna, Brescia, Matera e Napoli, con appuntamenti che vanno da maggio fino a ottobre.

Tutti i mezzi pubblici che passano dal Circo Massimo sono pieni di ragazzi, famiglie e anziani in maglietta bianca pronti a correre, ognuno secondo la propria capacità. La gara prevede tre competizioni diverse: la camminata da due km, la corsa non competitiva da cinque e quella competitiva da dieci, riservata agli atleti. Un signore sulla metro dice di essere «carico, ma non sono riuscito a svegliare i miei figli. Ho pagato pure per la loro quota. Non fa niente: sono soldi spesi per una giusta causa, quindi va bene così». Un’altra signora interviene nella conversazione e ci tiene a dire: «Guarda, della mia famiglia sono venuta solo io perché mio marito è incapace di fare un po’ di attività sportiva. Però ci tenevo a esserci». Il costo dell’iscrizione, infatti, contribuirà a finanziare la ricerca contro il cancro.

Le vere protagoniste della Race for the cure sono in realtà le donne che stanno affrontando o hanno affrontato il tumore del seno. Partecipano infatti alla gara con una maglietta rosa per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e per mandare un forte messaggio di incoraggiamento alle 56 mila donne che in Italia ogni anno si confrontano con la malattia.

All’altezza della Bocca della verità, oltre 150 mila persone aspettano alla partenza che il sindaco di Roma Roberto Gualtieri dia il via alla corsa. Il tragitto passa attraversa il centro della Capitale da piazza Venezia a Torre Argentina fino all’Anfiteatro Flavio e al Circo Massimo. Ma alcuni erano troppo concentrati a correre per pensare ai monumenti: «Mi sono accorto solo a fine gara di essere passato accanto al Colosseo. Ero talmente stanco che non vedevo niente attorno a me», sono le parole a fine gara di Alberto, studente di 24 anni dell’Università La Sapienza di Roma. Controllando l’orologio, si accorge di aver fatto un buon tempo, ma non è soddisfatto. Pensava infatti di aver fatto meglio: «A un certo punto non sentivo più le gambe e quindi pensavo di star andando forte, ma così non è stato. Ho peggiorato un po’ il risultato di due anni fa quando ero arrivato sesto, stavolta solo decimo, ma quello che conta è aver corso per qualcosa di importante».

Alberto è alla sua seconda Race for the cure, va a correre tutti i giorni per le vie della città, ma da quando è venuto a Roma aspetta soltanto questo evento per poter attraversare il centro storico senza la paura del traffico e dei turisti. Ma anche questa corsa può nascondere dei piccoli ostacoli: mentre si disseta al punto ristoro e si versa un po’ acqua in testa – durante la gara le nuvole hanno lasciato spazio al sole – Alberto racconta: «Il problema è che i partecipanti di tutte e tre le competizioni partono nello stesso momento. Quindi nella confusione potresti sbattere contro un passeggino o incrociare le gambe con qualche altro corridore. Però alla fine è andato tutto bene».

Intanto incominciano ad arrivare al traguardo anche gli altri partecipanti. Dopo la corsa alcuni si dirigono con i bambini a giocare a pallacanestro o a pallavolo nei piccoli campi allestiti dentro al Circo Massimo, altri invece si dirigono alla metro per tornare a casa. Un gruppo di amiche invece va controcorrente pronto per partecipare alla gara pensando di essere in anticipo. Quando però vedono tanta gente sudata andarsene, iniziano a chiedere in giro se la gara fosse già partita. Dopo aver compreso l’errore, scrollano le spalle e iniziano a girare tra i vari stand per fare una partitella di tennis. Per partecipare alla Race for the cure, ma a modo loro.