Esclusiva

Giugno 5 2025
Se la plastica è ovunque, anche noi siamo ambiente

Ogni anno, il 5 giugno richiama l’urgenza ecologica globale: oggi, la sfida è liberare la Terra dalle microplastiche

Una carta di credito a settimana. È questo l’equivalente di quanto ingeriamo secondo l’ultimo rapporto del WWF Oltre la plastica: il peso nascosto dell’inquinamento. Micro e nanoplastiche contaminano acqua, cibo, aria. Non solo: sono state trovate nel sangue, nella placenta, nel cervello. In questa Giornata Mondiale dell’Ambiente, la realtà dimostra che l’inquinamento non si limita più a spiagge sporche e mari inquinati.

Sono particelle invisibili, più piccole di un granello di sabbia. Eppure le microplastiche hanno colonizzato il pianeta con un’efficacia che farebbe invidia a qualsiasi esercito. Il WWF riporta che dal 1950 abbiamo prodotto oltre 9 miliardi di tonnellate di plastica, l’equivalente in peso di un miliardo di elefanti, e solo l’11% è finito negli impianti di riciclo. La produzione attuale supera i 410 milioni di tonnellate annue, oltre il 90% delle quali deriva da fonti fossili.

Il resto? Si è sbriciolato, frantumato, disperso. Ha viaggiato con le correnti marine, è volato con i venti, si è infiltrato nelle falde acquifere. Oggi queste particelle sono nell’acqua del rubinetto, nel sale da cucina, nella birra, nel miele, nel vino, nel latte, nei frutti di mare. Persino nella placenta delle donne incinte.

«Abbiamo trovato microplastiche nel cervello umano», rivela uno studio pubblicato quest’anno secondo il WWF, con concentrazioni equivalenti al peso di una penna. Un altro le ha identificate nel latte materno, nel liquido follicolare delle ovaie, nel liquido seminale. I ricercatori le scovano nei polmoni, nel fegato, nei reni, nell’intestino, nelle urine, nel sangue dei donatori di tutto il mondo.

I dati dell’associazione indicano che, in media, una persona assume tra 15 e 287 grammi di microplastiche all’anno, fino a 22 milioni di particelle inalate o ingerite in dodici mesi. È la nostra “dieta invisibile”, quotidiana e involontaria.

Le conseguenze sono ancora da decifrare completamente, ma i primi indizi preoccupano: maggiore rischio di infarto, ictus, infiammazioni croniche, stress ossidativo, danni al sistema riproduttivo. Particolarmente allarmante è la capacità delle microplastiche di superare barriere biologiche considerate invalicabili, come quella ematoencefalica del cervello, aprendo scenari finora impensabili anche per le malattie neurodegenerative. La ricerca è agli inizi, ma una cosa è certa: non dovremmo mangiare plastica.

Il WWF lancia un allarme globale con la campagna No Plastic in Nature, con l’obiettivo di azzerare la dispersione di plastica nell’ambiente entro il 2030. Chiede un trattato internazionale vincolante, sistemi di produzione più circolari, responsabilità estesa dei produttori e una transizione equa che coinvolga imprese, città e cittadini.

Venezia sperimenta soluzioni concrete attraverso il programma Plastic Smart Cities, alcune città europee vietano il monouso, incentivano il riuso. Ma mentre i governi discutono, la produzione di plastica continua a crescere.

Parallelamente alle politiche pubbliche, cresce la risposta dal basso. Consumatori più consapevoli scelgono prodotti con meno imballaggi, riutilizzano materiali, si informano attivamente. Cittadini partecipano sempre più spesso a programmi come Adopt a Beach, un’iniziativa che unisce pulizia delle spiagge e raccolta dati scientifici, trasformando l’azione ambientale in contributo alla ricerca.

287 grammi di microplastiche all’anno per persona. Poco meno di 800 milligrammi al giorno. Quanto basta per capire che il confine tra ambiente e corpo umano non esiste più; siamo fatti della stessa materia di ciò che scartiamo.

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