Le presidenziali romene sono state al centro del dibattito per mesi. La vittoria di Nicușor Dan ha rassicurato Bruxelles e i sostenitori della democrazia liberale, ma George Simion, leader del partito nazionalista AUR, ha sfiorato il successo e promette battaglia. Dopo settimane di disinformazione, controversie giudiziarie e scontri politici accesi, la sfida più difficile per il neo presidente potrebbe essere solo all’inizio.
Per capire il contesto attuale bisogna guardare agli eventi degli ultimi mesi: dall’annullamento del primo turno elettorale all’esclusione di Călin Georgescu per interferenze russe, fino all’inaspettata vittoria del sindaco di Bucarest. «Dopo la cancellazione del voto a dicembre abbiamo osservato un cambio di strategia coordinato da parte delle stesse reti legate alla Russia che prima avevano sostenuto Georgescu», spiega Matei Vrabie, project manager della ONG Funky Citizens, che ha monitorato la disinformazione legata alle elezioni.
In poco tempo, questi network hanno spostato il loro obiettivo sul sabotaggio delle istituzioni democratiche della Romania attraverso una strategia in tre punti. Primo, la diffusione di narrazioni false secondo cui l’annullamento del voto sarebbe frutto di un’ingerenza straniera attribuita alla Francia o a “forze globaliste”. Secondo, l’attivazione di proteste di piazza attraverso social e chat Telegram, con un focus diretto sulle “élites di Bruxelles e Bucarest”. Terzo, la costruzione di una nuova immagine di Georgescu, trasformato in un martire politico e accostato ad alcune figure della resistenza anticomunista.
Anche dopo gli eventi di dicembre e la decisione della Corte Suprema di annullare il primo turno, l’apparato di propaganda ha proseguito la sua attività nella campagna primaverile. In questo nuovo scenario, Simion ha raccolto il testimone di Georgescu. «Abbiamo visto una continuità diretta sulle piattaforme – racconta Vrabie – i principali canali Telegram pro-Cremlino e gli account TikTok che avevano promosso Georgescu hanno semplicemente sostituito il nome con quello di Simion, mantenendo esattamente gli stessi hashtag, lo stesso stile visivo e gli stessi modelli di contenuto».
Sul piano dei contenuti diffusi, questo passaggio ha fatto emergere anche nuove narrazioni. Tra queste, hanno iniziato a circolare notizie false su un coinvolgimento della Romania nella guerra in Ucraina, denunce di presunte operazioni americane segrete e accuse di irregolarità nel voto dei romeni all’estero. «C’è stata anche un’evoluzione tattica nel modo in cui queste campagne operavano. Sempre più contenuti video brevi su piattaforme come TikTok e Instagram, ampliando al contempo l’uso di canali di messaggistica criptata come Telegram. Un chiaro adattamento agli sforzi di moderazione delle piattaforme, poiché questi formati e canali sono generalmente più difficili da monitorare e regolamentare in modo efficace», conclude Vrabie.
Ma il tumulto delle ultime elezioni viene da lontano, spiega Cristian Pîrvulescu, docente della Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi di Bucarest: «La pandemia di Covid ha creato un terreno fertile per sfiducia nelle istituzioni, teorie cospirative e una crescente polarizzazione. Queste dinamiche sono state poi sfruttate dalla guerra ibrida, incluse le influenze russe, e hanno lasciato segni profondi che non scompariranno semplicemente con un risultato elettorale». La rete social utilizzata dalla disinformazione affiliata al Cremlino, infatti, è difficile da smantellare del tutto nonostante gli sforzi del governo e delle piattaforme.
Secondo il professore, l’elezione di un presidente europeista, soprattutto dopo l’exploit di Simion al primo turno, è stata possibile grazie a una reazione eccezionale della società romena. Una condizione che nel lungo periodo potrebbe non ripetersi: «Il fattore decisivo non è stato l’entusiasmo per Dan ma la paura di un collasso democratico. Si tratta di un esempio di democrazia difensiva: una coalizione che agisce non per speranza, ma per una consapevolezza condivisa di cosa andava fermato».
Tuttora, il clima politico rimane turbolento. Dopo la vittoria di Dan, le narrazioni diffuse dai network legati alla disinformazione russa hanno cavalcato la rabbia degli elettori antisistema. Secondo un report del Bulgarian-Romanian Observatory of Digital Media (BROD), i messaggi più frequenti riguardano presunti brogli, irregolarità nel conteggio dei voti, rivendicazioni di risultati elettorali non confermati e teorie del complotto secondo cui l’Unione Europea vorrebbe soggiogare la Romania e la politica sarebbe influenzata da un “deep state” in mano all’élite. In seguito al voto finale, sono aumentate anche le notizie false sul coinvolgimento di soldati romeni nel conflitto in Ucraina e i messaggi incitanti alla rivolta contro le istituzioni.
«I movimenti populisti spesso crescono stando all’opposizione, dove possono criticare senza responsabilità di governo», continua Pîrvulescu. «Nel caso di Simion, la situazione è anche più pericolosa: la sua retorica post-elezioni non punta solo a delegittimare la leadership attuale, ma è progettata per mantenere la sua base elettorale radicale sempre mobilitata, arrabbiata e scettica nei confronti delle istituzioni democratiche».
Come sottolinea l’analista, il nuovo presidente ha di fronte a sé un panorama molto frammentato che non sarà facile ricomporre. «L’elezione di Dan mostra che una resistenza democratica è possibile, ma anche incerta e fragile. La deradicalizzazione richiede degli sforzi coordinati nell’educazione, nella regolamentazione dei media e soprattutto una ricostruzione della fiducia nelle istituzioni. La Romania ha evitato un collasso ma la tempesta non è passata».