L’avventura come ideale, il mare come mezzo, la vita da riempire. Non solo albe e tramonti ma onde da ammaestrare, rotte da percorrere, mancanze da sopperire. Disciplina, gerarchia e obiettivi da portare a compimento. Il tutto è amplificato se si naviga sull’Amerigo Vespucci, la “nave più bella del mondo”.
È l’estate del ‘62, quando in mezzo al Mar Mediterraneo si incontrano un veliero a tre alberi dal peso di circa 3 mila tonnellate e mezzo e una portaerei di 60mila. Una costruita in legno e acciaio e lunga un centinaio di metri, l’altra di oltre trecento e fatta in buona parte d’amianto. La prima batte bandiera tricolore, la seconda a stelle e strisce. L’eleganza italiana si confronta con la potenza americana. In uno scontro a fuoco non ci sarebbe paragone, eppure la USS Indipendence (CVA 62 Forrestal-class) non può far altro che dire “You are the most beautiful ship in the world” (Siete la nave più bella del mondo). Un incontro ripetuto 60 anni dopo, nei pressi di Taranto. La USS Indipendence è in pensione dal ’98. Al suo posto c’è la USS George H.W. Bush. Di fronte alle vele tirate dal vento, il comandante David-Tavis Pollard non può che ripetere dalla radiolina: «After 60 years you’re still the most beautiful ship in the world» (dopo 60 anni siete ancora la nave più bella del mondo).
L’Amerigo Vespucci non è solo una nave da ammirare quando la si incontra. Nata nel ‘30 dall’unione «tra la tradizione stabiese nella costruzione e l’apice della costruzione velica del tempo», spiega il capitano di vascello Giuseppe Lai, e varata nel ’31 per essere nave scuola degli allievi dell’Accademia navale, oggi è diplomazia. Per la Patria e per il Re, il primo motto. Cambiato dopo la Seconda guerra mondiale e mantenuto fino al ’78 in Saldi nella furia dei venti e degli eventi. Ora rialzato sulla parete di legno smaltato c’è scritto Non chi comincia ma quel che persevera.
Un pezzo di Italia che naviga per i 7 mari, portavoce in movimento di una storia che veleggia per gli oceani da quasi un secolo. Dopo 20 anni dall’ultima circumnavigazione è salpata lo scorso 1 luglio 2023 per percorrere 46 mila miglia nautiche, raggiungere 5 continenti e farsi conoscere in 30 Paesi. Una missione voluta dal ministero della Difesa e supportata da altri 12 dicasteri per formare al meglio i suoi marinai – sono 264 i militari a bordo – e per rafforzare le relazioni internazionali e l’immagine del Made in Italy. «La Vespucci è innanzitutto tradizione. Ora anche un’ambasciata galleggiante, un aspetto straordinario di diplomazia navale. Con questo giro del mondo – afferma il comandante Lai – abbiamo assolto, oltre alla funzione formativa, anche quella di rappresentare l’Italia a 360 gradi». Il tour mondiale si è concluso l’1 febbraio del 2025. Quel giorno la bussola ha smesso di indicare il Nord e ha tracciato la rotta per l’Italia. Fine dei giochi? Tutt’altro: solo l’inizio del Tour Mediterraneo iniziato l’1 marzo a Trieste e concluso il 10 giugno a Genova.
Due anni, in giro per il mondo, lontano dai propri affetti. «Questo non è un lavoro ma una scelta di vita. Se non piace è meglio fare altro ma se piace dà il massimo della soddisfazione», spiega il capitano Lai. Una riflessione che fa pensare alle parole del tenente Montini in Mediterraneo, film cult premiato con l’Oscar. Siamo nel ’41, in Europa c’è la guerra. Lui e la sua truppa sono a largo di Megìsti (Castelrosso), pronti a sbarcare verso un’isola di cui non sanno nulla: né se ci sono soldati nemici, né per quanto resteranno, né se torneranno mai a casa. «Avevamo tutti più o meno quell’età per cui non sapevamo se mettere su famiglia o perderci per il mondo», dice tra sé e sé. Una scelta dove la bilancia misura i pro e contro al milligrammo. «Quello che serve – dice Lai – è il supporto di una famiglia e degli affetti. Dico sempre che non abbiamo soltanto l’equipaggio che sta a bordo, noi abbiamo un equipaggio che sta a casa e che ci supporta. Se non ci fosse stata la serenità data dalle nostre famiglie, questo giro del mondo non sarebbe stato possibile».
L’avventura come stile di vita. Sognare «i mari ampissimi dove corrono dolci le malinconie oppure le bugie» senza smettere di inseguire «la propria favola», come dice Rasputin al suo amico-nemico Corto Maltese. Qualcuno che ti ama con il quale dedicarsi i migliori pensieri anche da lontano, anche se lontani. Amare la propria uniforme e la propria Patria ricordandosi che non si è mai protagonisti ma gregari di una storia più grande. Saper condividere con l’altro le piccole gioie quotidiane o la vita in burrasca. La gente di mare ha poche regole. Guai a tradirle.