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Esclusiva

Dicembre 10 2019
Dalla Russia con dolore

Sentenza “mazzata” da parte dell’Agenzia mondiale antidoping (WADA): Russia fuori da Olimpiadi e Mondiali per i prossimi quattro anni. Medvedev: «isteria anti-russa». Ammessi gli atleti puliti se “neutrali”.

Sentenza – L’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) ha deciso all’unanimità: quattro anni di squalifica dai principali eventi sportivi globali nei confronti della Russia. Questo è quanto comunicato da un portavoce al termine del Comitato Esecutivo di Losanna che oggi ha sancito l’esclusione di Mosca dalle Olimpiadi di Tokyo 2020 e dai Giochi Invernali di Pechino 2022. Il verdetto riguarda anche il divieto di ospitare, organizzare e partecipare all’assegnazione di manifestazioni sportive ufficiali in territorio russo. Gli atleti in grado di provare la loro estraneità ai fatti potranno concorrere come “neutrali”, senza bandiera, né inno, come verificatosi nell’ultima rassegna invernale a cinque cerchi di Pyeongchang 2018. Inoltre, la nazionale di calcio russa, qualora dovesse ottenere il pass tramite i gironi di qualificazione, avrebbe il diritto di giocare la fase finale dei Mondiali qatarioti del 2022 come compagine neutrale e non come rappresentativa del proprio Paese. Euro 2020 non verrà compreso nella sanzione, in quanto non considerato evento rilevante agli occhi della WADA, né la finale della UEFA Champions League 2021 prevista a San Pietroburgo rischierà l’annullamento.

Reiterazione – L’accusa formulata nei confronti dello sport russo, da tempo osservato speciale, è quella di recidiva nella falsificazione dei controlli antidoping dei propri atleti (ultima nel gennaio 2019), e, più precisamente, di «caso estremamente grave di inosservanza dell’obbligo di fornire una copia autentica dei dati (sarebbero 145 casi, ndr) del laboratorio di Mosca» come scritto lo scorso 25 novembre dal Comitato indipendente della revisione di conformità (CRC) della WADA.

Russia Doping
Le atlete Marija Savinova e Ekaterina Poistogova al termine di una gara 800 ostacoli. Photo credits: Ultimo Uomo

 

Ragnatela – L’inizio della vicenda risale al 2015, anno in cui, dopo circa undici mesi di indagini mirate, il vaso di Pandora delle sostanze proibite veniva aperto a Ginevra da un report dettagliato che metteva il Paese di fronte al «più esteso fenomeno di doping e corruzione della storia dello sport moderno», come sintetizzato dall’allora presidente della WADA Richard Pound. La documentazione rivelava un sistema piramidale di boicottaggio e manipolazione dei test antidoping nell’atletica, una ragnatela tessuta sino ai vertici politici e tecnici dello sport nazionale. Successivamente sarebbe emerso che la piaga della corruzione era estesa a molte altre discipline sportive, con il coinvolgimento di più di un migliaio di atleti russi nel periodo compreso dal 2011 al 2015. Un vero e proprio doping di Stato, perpetratosi fino ad oggi.

Ricorsi e slogan – Resta ancora da stabilire se le sanzioni scatteranno in maniera retroattiva dal gennaio 2019 o dai primi giorni dell’anno 2020. Nel frattempo la Russia ha ventuno giorni di tempo per presentare il ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna. Per il Cremlino un 9 dicembre nero, che sarà ricordato per la più pesante squalifica mai inflitta in ambito olimpico. Il primo ministro Dmitry Medvedev, incalzato, parla di «isteria anti-russa», pur ammettendo la vasta entità del problema doping nel Paese. Putin, impegnato nel vertice di Parigi con il suo omologo ucraino Zelensky sul Donbass, dichiara di dissentire dall’iniziativa di azioni collettive da parte della WADA. Sembrano così lontani i Giochi Olimpici di Sochi 2014, fortemente voluti ed ostentati dal premier russo per mostrare l’opulenza del Paese. Quegli stessi Giochi, ironia della sorte, da cui sarebbe successivamente scaturito il filone di inchiesta sulle prestazioni degli atleti di casa che conduce ai fatti di oggi.