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Esclusiva

Febbraio 6 2020
La giornata contro le mutilazioni genitali femminili: «Adesso conosco i miei diritti»

Ci sono più di 200 milioni di donne e bambine nel mondo sottoposte a mutilazione genitale femminile. Una forma di violenza che calpesta i diritti umani

 «Adesso conosco i miei diritti. So che non dovrò più preoccuparmi se ci sarà un ragazzo che vorrà sposarmi anche se non sono circoncisa». Queste sono le parole che Kaiseyie, tredici anni, ha detto ad Amref Health Africa, la più grande organizzazione sanitaria africana che opera nel continente. Kaiseyie, al contrario di molte altre bambine, è riuscita a non sottoporsi alla mutilazione genitale femminile ed ora è a conoscenza dei rischi di questa tradizione e dei diritti che le spettano.
Con mutilazione genitale femminile (MGF) si intende la rimozione parziale o totale dei genitali esterni delle donne, solitamente eseguita in quanto frutto di norme culturali vigenti nella comunità di appartenenza. Sono forme di violenza di genere e costituiscono una violazione dei diritti umani.

«Sono sempre di più i ragazzi che proteggono le proprie sorelle, strappandole al pericolo della circoncisione» aggiunge Kaiseyie. Per cambiare una tradizione è necessario cambiare il pensiero di chi la porta avanti da secoli. Ridefinire il valore della donna è fondamentale per avviare un percorso di trasformazione che conduca alla presa di coscienza. Nel mondo ci sono almeno 200 milioni di donne e bambine che hanno subito mutilazioni genitali e di queste 44 milioni sono state sottoposte alla circoncisione prima del loro quattordicesimo compleanno. Si stima che ogni anno 3,9 milioni di ragazze siano a rischio.
Sono pratiche diffuse soprattutto nell’Africa sub-sahariana e negli Stati Arabi, secondo Unicef in alcuni Stati del Corno d’Africa – come la Somalia, l’Eritrea ed il Gibuti – toccano il 90% della popolazione femminile, ma sono frequenti anche in alcuni paesi dell’Asia, dell’Europa orientale e dell’America Latina. In Italia, un’indagine del 2016 effettuata dall’Università degli Studi Bicocca di Milano, stima che ci siano tra le 60 mila ed 80 mila donne straniere che hanno subito una mutilazione genitale. «E’ una violenza che calpesta i diritti di bambine e giovani donne» ha affermato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa durante la conferenza nazionale sulla salute globale per la tutela delle donne in occasione della giornata mondiale contro la mutilazione genitale femminile che si celebra ogni anno, il 6 febbraio. Le MGF sono dolorose ed umilianti. Causano conseguenze gravi ed irreversibili alla salute delle donne, sia a breve sia a lungo termine, sia fisiche – come cisti, accessi, maggiore vulnerabilità all’HIV, all’epatite e ad altre malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, maggiore rischio di mortalità materna durante il travaglio ed il parto – sia psicologiche.

Le MGF solitamente vengono praticate per ridurre la sessualità femminile o come rito di iniziazione delle adolescenti all’età adulta. In alcune culture si pensa che i genitali femminili possano essere portatori di infezioni e quindi debbano essere recisi o che la loro mutilazione possa favorire la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino. Per altri è una pratica religiosa prevista dal Corano. In realtà le mutilazioni genitali femminili sono una palese e grave violazione dei diritti umani.