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Esclusiva

Marzo 21 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 28 2021
Montecarlo, correva l’anno…

Gran Premio del Principato cancellato per il coronavirus. Per la prima volta dal 1954 la Formula 1 non correrà a Monaco. I ricordi e le emozioni di un tifoso storico

«Ero proprio lì, sulla tribuna tra il tunnel e la Nouvelle Chicane, dove le auto si fanno vento. Non le vedi neanche più, ma puoi sentirle forte sfrecciarti nelle orecchie. Ricordo un Sole accecante, mi sforzavo di guardarci dentro per tenere d’occhio la pista. E poi arrivò: prima il tuono, e dopo il lampo. Un fulmine rosso fuori dal buio del tunnel, diretto spedito verso il traguardo. E poco dopo un altro, per l’ultima volta. Michael Schumacher- Eddie Irvine, doppietta Ferrari!»  
Gran Premio di Monaco, maggio 1999
 

Ripercorre a ritroso la lunga pista dei ricordi Giovanni Marras, presidente dello “Scuderia Ferrari Club Vedano al Lambro”, primo official club italiano della Ferrari: «Le cose cambiano: la tribuna dove mi trovavo ad assistere alla gara, ad esempio, non c’è più. Al suo posto hanno messo dei mezzi di soccorso. Ma questo è niente in confronto alla notizia di un Mondiale senza Montecarlo» 

Montecarlo, correva l'anno...
Il circuito di Monaco visto dall’alto

Parla dalla sua abitazione, a un tiro di sasso dal circuito di Monza, luogo sacro per tutti gli appassionati di questo sport. La causa della cancellazione del Gran Premio del Principato è nota in tutto il mondo ed è alle porte di casa sua, dentro la quale trascorre i giorni di quarantena: «Ti posso raccontare di una situazione straziante, che solo due settimane fa non avremmo mai creduto di poter vivere. Pensare che i morti appartengono a questa terra, ai paesi a noi vicini, è una sensazione atroce. Il nostro club ha aperto una sottoscrizione per devolvere fondi ai medici dell’ospedale San Gerardo di Monza, che in questo momento hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile». Si concede un momento per riordinare le idee, poi riprende deciso: «È sacrosanto che lo sport si fermi». Il pensiero va a quanto accaduto la settimana scorsa in Australia, quando fino alla vigilia delle prime prove libere sembrava si dovesse gareggiare a porte aperte: «Una follia aver corso questo rischio, ma già l’aver fatto arrivare sul posto tutti gli addetti ai lavori, molti dei quali provenivano dall’Italia, è una storia ai limiti dell’assurdo. Per fortuna l’errore non si è ripetuto con Monaco». 

No, stavolta nessuna decisione dell’ultimo minuto: l’Automobile Club di Monaco, preso atto della pandemia in corso e in accordo con la Federazione Internazionale dell’Automobile, ha disposto con più di due mesi di anticipo la cancellazione della gara prevista tra il 21 e il 24 maggio. Tra i vari motivi addotti spiccano «l’incertezza riguardo alla partecipazione delle squadre, le restrizioni multi-frontiera per l’accesso al Principato e la mancanza di disponibilità della forza lavoro e degli oltre 1500 volontari richiesti per l’organizzazione dell’evento». E dunque sì, un Mondiale senza Montecarlo, come non succedeva dal lontano 1954.  

Ma cosa avrà poi di tanto speciale questa corsa? 
«È la storia della Formula Uno!» prorompe entusiasta Giovanni «Un Gran Premio che per decenni è stato unico nel suo genere, totalmente fuori dagli schemi. Non è una pista isolata tra verdi praterie, lì si corre in città, lungo quelle stesse vie anguste dove ogni giorno si spostano in macchina le persone, tra il porto e i grattacieli». A poco a poco l’emozione si fa largo, e per un istante la mente sembra liberarsi dall’isolamento e dall’angoscia. Vorrebbe raccontarle tutte le storie di uomini e di macchine che hanno percorso a 200 chilometri all’ora quell’asfalto. Dalla prima corsa datata 1929, quasi un secolo fa, passando per l’edizione del 1950, che vide proprio a Monaco l’esordio della Ferrari in Formula Uno, fino ad arrivare all’incidente del ferrarista Alberto Ascari, che nel 1955 finì in mare sbalzato fuori dalla propria vettura.  
«Ma non sono così vecchio da poterli ricordare!» protesta scherzosamente, prima di cedere alla nostalgia: «Un’immagine che porto nel cuore legata a questa corsa risale al 1967, l’anno in cui morì Lorenzo Bandini (pilota Ferrari dal 1962). Avevo undici anni e non potrò mai dimenticare la sua auto in fiamme e la lunga agonia delle ore che seguirono. Era uno sport molto pericoloso anni fa». 

Montecarlo, correva l'anno...
GP di Monaco nel 1932
Montecarlo, correva l'anno...
Lorenzo Bandini, scomparso a Monaco nel 1967

C’è posto però anche per ricordi più felici, immagini di trionfi, come quello di Gilles Villeneuve alla guida del Cavallino nel 1981: «Il sorpasso in uscita dalla curva Rascasse ai danni di Alan Jones (pilota della scuderia Williams) è nella leggenda di questo sport. Nessuno se lo aspettava, nemmeno la regia televisiva che, colta di sorpresa, riuscì a riprenderne solo gli ultimi istanti. A Montecarlo i sorpassi sono rari, Gilles sfruttò letteralmente i pochi millimetri lasciatigli dall’avversario. Meraviglioso». 

Il sorpasso di Villeneuve su Jones, Monaco 1981

Il racconto prosegue passando per le vittorie di Ayrton Senna, per gli incidenti più rocamboleschi, caratteristici del circuito. Nel narrare questi frammenti di storia automobilistica, Giovanni pare sfiorare col ricordo le epoche della sua vita. Fino al giorno in cui finalmente si recò di persona nel Principato, in quel lontano maggio del 1999.  
«Partimmo prima dell’alba da Bordighera, in Liguria, vicino al confine con la Francia. Dovevamo arrivare presto per sperare di parcheggiare la macchina in un garage che avesse ancora posti liberi. I giorni che seguirono il nostro arrivo, dal giovedì fino a domenica, il giorno della gara, furono vivaci e indimenticabili: l’atmosfera era elettrizzante, coinvolgente. C’è una partecipazione costante della popolazione, tutti vogliono diventare spettatori, chi dagli spalti, chi dai balconi o dagli yacht. Pensa che alla fine di ogni sessione di prove, tra il giovedì e la domenica, le strade della pista vengono riaperte al traffico cittadino. Tutti si sentono parte dell’evento, anche chi non capisce nulla di Formula Uno».  
«Per capire davvero l’essenza di questo sport bisogna andare al Gran Premio di Montecarlo almeno una volta nella vita. Non potrà essere questa l’occasione, sarà per l’anno prossimo. Montecarlo non muore mai».