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Esclusiva

Maggio 1 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 2 2020
«Storie dimenticate da ricordare sempre»: il racconto di Attilio Bolzoni

Le vittime di mafia che nessuno ricorda sono migliaia. È necessario raccontare per dare loro una voce

La verità è che le mafie sono tutte uguali, non esistono morti di serie A e morti di serie B». Attilio Bolzoni al telefono ha la voce piena di energia anche se è mattina presto.
Nato a Santo Stefano Lodigiano, in Lombardia, è cresciuto in Sicilia. Ha dedicato la vita a raccontare Palermo e con la forza delle sue parole ad indebolire il potere delle organizzazioni criminali che dall’omertà traggono beneficio.
Bolzoni, giornalista, autore di numerosi libri, firma conosciuta del quotidiano La Repubblica, è ideatore del blog Le Mafie in cui le storie delle vittime dimenticate hanno trovato spazio per tornare alla luce.

«Ho iniziato a lavorare come giornalista a L’Ora. Palermo era molto diversa quarant’anni fa. Oggi si scrive di Mafia ma a quel tempo, avvolta da un cupo silenzio, la città non permetteva che si trattasse di Cosa Nostracon facilità». Al quotidiano palermitano nato nel Novecento collaborarono Pippo Fava ucciso a Catania, un posto in cui di Mafia non si doveva parlare, Mauro De Mauro scomparso nel 1970 e mai più rivisto, Cosimo Cristina trovato morto lungo i binari vicino Termini Imerese (PA), Giovanni Spampinato corrispondente da Ragusa colpito dai proiettili nella sua Cinquecento. 
Tutti giornalisti assassinati mentre svolgevano il loro lavoro da mano mafiosa, da molti dimenticati. 

«La Sicilia del dopoguerra è il luogo d’Europa in cui ci sono stati più giornalisti ammazzati. In pochi conoscono Cosimo Cristina, fondatore del periodico Prospettive Siciliane e collaboratore de L’Ora, la sua morte per più di trent’anni è stata considerata un suicidio. Ad indagare fu un altro giornalista, Mario Francese, anch’egli vittima di Mafia, assassinato a colpi di pistola. Fu il primo a parlare dei Corleonesi, ad intervistare la moglie di Totò Riina. Il figlio Giuseppe è morto suicida nel 2002 dopo aver trascorso la vita a cercare la verità sugli assassini del padre, una tragedia nella tragedia».

Quando si parla di vittime di Mafia vengono alla mente i nomi più noti: i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi entrambi nel 1992 insieme alle loro scorte (e a Francesca Morvillo, moglie di Falcone) in due diversi attentati. Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa ammazzato poco dopo aver ricevuto l’incarico di prefetto di Palermo durante la strage di via Carini. Il magistrato Cesare Terranova che morì nella sua Fiat 131 insieme al maresciallo Lenin Mancuso che lo scortava. Ma le vittime innocenti sono migliaia.

«Oltre a Placido Rizzotto, la cui scomparsa dopo settant’anni non ha ancora un colpevole, sono stati ammazzati altri novanta sindacalisti. Tra questi c’è Calogero Cangelosi, uomo che non ebbe paura e dedicò la vita alla giustizia. 
Sento vicine le vicende dei giornalisti uccisi mentre svolgevano il loro lavoro e ci sono altre migliaia di vittime che non hanno voce: i ragazzi delle scorte, i poliziotti ed i carabinieri ammazzati accanto ai magistrati. 
Nessuno ricorda i nomi degli undici che morino durante la Strage di Portella della Ginestra (PA) e dei feriti mentre celebravano la Festa dei lavoratori, il primo maggio del 1947.
Gli slogan e la propaganda di politiche antimafia superficiali creano morti di serie A e di serie B, per questo è importante non dimenticare».

Storie di vittime dimenticate raccontate dalla redazione di Zeta:

Mario Francese, il cantastorie ucciso dalla mafia – di Michele Antonelli
Cosimo Cristina: «senza peli sulla lingua» – di Natasha Caragnano
Calogero Cangelosi, il sindacalista dei contadini – di Carlo Ferraioli
Emanuela, 17 anni, prima donna vittima di mafia. Correva l’anno 1896 – di Silvio Puccio
Paola e Angelica, vittime della vendetta del boss – di Elisabetta Amato