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Esclusiva

Maggio 2 2020
I discorsi di Conte e il gradimento del governo, fra politica e responsabilità

Nella crisi pandemica, il Presidente del Consiglio è il protagonista della scena politica. Calcolo o senso del dovere? Parlano Massimiliano Panarari e Marco Belpoliti

Più che sul lavoro, di questi tempi l’Italia sembra una Repubblica fondata sull’interlocuzione. La crisi pandemica che ha colpito il Paese ha un solo grande protagonista mediatico: Giuseppe Conte. L’avvocato difensore del popolo italiano, ex docente universitario di diritto privato, è la figura politica di riferimento per i cittadini in questi mesi di quarantena. I suoi discorsi istituzionali, ospitati su Facebook, hanno polarizzato la comunicazione politica, diventando il momento principale di comunità degli italiani in questa lunga fase emergenziale. Nonostante sui social la popolazione sembri divisa, i sondaggi vedono il Presidente del Consiglio in ascesa: secondo la più recente rilevazione IPSOS per il Corriere della Sera, il gradimento nei confronti del Governo è salito dal 42% (febbraio) al 56% (aprile); Conte, come leader, è cresciuto dal 48% al 61% nello stesso arco temporale. 

Discorsi Conte

Secondo Massimiliano Panarari, editorialista de La Stampa e docente di Campaigning e organizzazione del consenso alla Luiss Guido Carli, «I consensi sono fortemente legati al momento di crisi, è un fenomeno che si osserva trasversalmente in tutti i Paesi in questa fase di minaccia sanitaria. Bisogna vedere cosa succederà in seguito, quando si dovrà fare i conti con una situazione economica critica». La popolarità del Presidente del Consiglio sarebbe legata anche alla forte polarizzazione comunicativa generata dal Coronavirus: «Di fronte a questa emergenza si è preso tutta la scena. Anche grazie a questa marcata dimensione comunicativa fortemente accentrata, Conte ha rappresentato l’unico punto di riferimento per gran parte dell’opinione pubblica che ora è disorientata, impaurita per la propria salute. Le conferenze stampa multimediali/multicanale sono state de facto l’unica forma di informazione autorizzata che fornisce indicazioni ai cittadini e norme comportamentali».  

Strategia mediatica o frutto delle circostanze? La risposta dell’esperto è netta: «Conte e il suo apparato di comunicazione hanno compiuto un lavoro importante, nonostante un retaggio giuridico che a volte rende i suoi discorsi poco accattivanti. Il lavoro del suo team ha teso alla totale personalizzazione del dibattito, cercando di trasformare questa forma comunicativa in un asset di leadership. Operazione che in parte sta riuscendo. Fino a oggi, stando ai sondaggi e ai sentiment dei social, Conte è l’elemento di ancoraggio nella tempesta, al netto di critiche sempre più pressanti. Queste critiche, tuttavia, sono legate a specifici settori del Paese, mentre i sentiment generali descrivono un quadro molto favorevole alla sua persona». 

Massimiliano Panarari
Massimiliano Panarari

Le informazioni ufficiali, a partire dalla fase di gestione per decreti (DPCM), sono state spostate dalla televisione pubblica a Facebook. Secondo Panarari, questo rispecchia una strategia politica chiara: «Credo che Conte abbia spostato le conferenze stampa sui social per sperimentare terrei nuovi di comunicazione e per cercare di lasciare un segno distintivo. Non a caso, gli orari non solo vengono regolarmente trasgrediti, ma hanno una cadenza temporale molto “originale” e curiosa rispetto ai canoni [spesso sono a orari atipici come le 20:20, ndr]. Questo per rimanere maggiormente impresse e per segnare un tratto di discontinuità con il passato». 

«Il punto – prosegue l’esperto – è che la televisione è già in buona parte allineata rispetto alle indicazioni del governo, è un terreno già sicuro, mentre i social non lo sono. Dato che molti italiani si sono riversati in rete durante il lockdown, Conte è andato a ricercare su Facebook un luogo dove esprimere una personale cifra comunicativa. Le televisioni e i media tradizionali lo avrebbero inseguito ugualmente, dando ampio spazio alle sue parole. Ciò è peraltro coerente con i format di comunicazione del partito che maggiormente lo sostiene (il M5S); si può dire che ne conserva i “riflessi pavloviani” e le caratteristiche principali. Bisogna valutare se questo avrà conseguenze sul piano politico, una volta cessata l’emergenza».

Conferenza stampa

In diretta da Palazzo Chigi

Geplaatst door Giuseppe Conte op Vrijdag 10 april 2020

Non ci sarebbe discontinuità fra consenso sui social e popolarità nel Paese reale, dunque. A suffragare quest’idea è anche Marco Belpoliti, scrittore, fondatore di Doppio Zero e collaboratore del quotidiano La Repubblica. Secondo Belpoliti, la popolarità del Presidente del Consiglio è un riflesso dell’incertezza generale in cui il Paese è piombato durante l’emergenza: «Mi sembra che il consenso di cui gode Giuseppe Conte sia fortemente influenzato dal fatto che nessuno possa prevedere cosa succederà nel futuro, né per sé stesso, né per ciò che il virus potrà comportare a livello sociale. Come si diffonderà il contagio, quali saranno i comportamenti delle masse è sconosciuto». 

L’imprevedibilità del virus potrebbe aver contagiato anche il governo. «Ipotizzo che ci sia una titubanza anche a monte, dove dovrebbe esserci una comunicazione più rassicurante, più certa. Trovo invece che nei discorsi spesso si manifesti l’incertezza in cui tutti stiamo vivendo. Nessuno può dire esattamente cosa accadrà: se è vero quanto si dice, e cioè che un’apertura differenziata potrebbe portare a centocinquantamila persone in terapia intensiva, ha ragione il governo a portare avanti dei limiti; tuttavia nessuno ha gli strumenti per determinare se una misura è sbagliata a priori. Sono tutte congetture operate da politici ed economisti che non possono essere verificate, data l’imprevedibilità del contesto. Penso che le persone percepiscano questa indecisione: nessuno può andare davanti alle telecamere e fornire indicazioni certe e “vere”, forse anche la decisione di non mandare più in onda il bollettino delle 18:00 deriva dalle lamentele della popolazione, che non lo trovava rassicurante. Persino i dati sono incerti, ancora oggi non si riesce a capire il numero esatto dei morti». 

Marco Belpoliti
Marco Belpoliti

L’incertezza, dunque, non sarebbe una responsabilità del governo, quanto piuttosto un problema trasversale. «Trovo che questa situazione non sia imputabile a Conte – prosegue Belpoliti – e credo che questi abbia ragionato fino a oggi in termini non elettorali. Non sembra interessargli se sarà eletto o meno, se si presenterà alle elezioni o meno o l’essere protagonista con un suo partito. Penso piuttosto si sia trovato a dirigere questo Paese grazie a una serie di circostanze piuttosto casuali, e che il suo ragionamento sia di fare al meglio la sua parte per poi defilarsi. Si tratta dell’uomo che ha deciso l’indirizzo di questa fase emergenziale in prima persona, forse con i suggerimenti del Presidente della Repubblica, degli esperti e dei partiti di maggioranza. Credo che stia facendo il suo dovere, peraltro in una situazione di massima difficoltà, e che nessuno possa affermare il contrario». 

Secondo lo scrittore, la forza dei discorsi di Conte sta nella loro “medietà”: «Il suo modo di porsi non è né negativo, né positivo, sta nel mezzo. Le persone lo percepiscono. Trovo che l’unico momento in cui siano emerse le sue emozioni sia stata la sfuriata contro Salvini e Meloni, forse dettata dalla rabbia. Ha mostrato carattere, e questo potrebbe avergli fatto guadagnare dei consensi: è sembrato più umano, mentre di solito è più cauto, distante. Probabilmente l’essere svincolato dalle strutture partitiche è un vantaggio dal punto di vista comunicativo. Non c’è un calcolo politico, piuttosto è presente un calcolo personale di orgoglio, di identità e di coerenza. Non dovendo far la guerra a nessuno o lottare per mantenere una posizione di primo piano in vista della prossima tornata elettorale, può concentrarsi unicamente sul fare bene il suo lavoro. E non è facile».