Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Giugno 13 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 14 2020
Zaky e Regeni nell’attivismo disegnato di Gianluca Costantini

La storia dell’artista che attraverso i suoi disegni ha contribuito a mobilitare l’opinione pubblica sui temi legati al rispetto dei diritti umani. Dall’uccisione di Giulio Regeni, alla detenzione di Patrick Zaky

Sorridente e avvolto da una spirale di filo spinato. È il ritratto di Patrick Zaky comparso il 26 maggio a Bologna nello spazio pubblicitario che copre i lavori sulla facciata del Palazzo dei Notai di Piazza Maggiore. «Il filo spinato è un oggetto che ferisce non appena ti muovi, che restituisce un’immagine malefica, un simbolo che rappresenta le torture e il regime di detenzione che Patrick sta subendo». L’opera porta la firma di Gianluca Costantini: disegnatore, fumettista e attivista dei diritti umani, accusato di «terrorismo dalla Turchia e di antisemitismo dalla destra americana».

«Feci quel disegno durante le prime ore dell’arresto di Patrick», racconta Costantini. «Circa un mese e mezzo fa ho creato un fotomontaggio con il mio disegno al posto del cartellone vuoto presente in Piazza Maggiore. Una volta pubblicato su Twitter, il comune di Bologna ha deciso di allestirlo in collaborazione con l’azienda che gestisce lo spazio». La scelta di Bologna non è casuale. Zaky ha frequentato un master in Studi di Genere all’Università del capoluogo emiliano fino al 7 febbraio del 2020: il giorno del suo arresto. Lo studente era appena ritornato dall’Italia per una breve visita alla famiglia quando venne arrestato, torturato e imprigionato dalle autorità del Cairo.

Patrick è un attivista per i diritti umani,per questo ora si trova in carcere con l’accusa di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione”. Arresti, torture e carcere preventivo, è questo il modus operandi che il governo adotta nei confronti degli oppositori. Non solo, è ormai nota anche la condizione di sovraffollamento delle carceri egiziane. Una situazione che, tra i detenuti, non ha fatto altro che aumentare il rischio di contagio da coronavirus. Per ovviare al problema, il Cairo ha provveduto con una serie di scarcerazioni, ma non è un caso che nella lista non siano stati inclusi gli oppositori politici. Per loro la detenzione continua.

Gianluca Costantini
Gianluca Costantini

L’opera di Gianluca Costantini è subito diventata l’immagine-simbolo della campagna lanciata da Amnesty International per chiedere la liberazione di Patrick Zaky. Nel frattempo, la detenzione del giovane attivista è stata riportata all’attenzione dell’opinione pubblica dopo l’ok del governo italiano alla vendita delle due navi militari all’Egitto, nonostante la detenzione di Patrick e la scarsa collaborazione sull’uccisione di Giulio Regeni, il ricercatore scomparso al Cairo nel 2016 e su cui l’Egitto non ha ancora ammesso la propria colpevolezza. Con i suoi disegni, Costantini ha pienamente aderito alla mobilitazione sul caso Regeni. «La mia morte non è un caso isolato», dice Giulio nel noto racconto a fumetti pubblicato su Internazionale. «Sul mio viso ho sentito tutto il male del mondo, e mi sono chiesto perché tutto il male del mondo si è riversato su di me».

«Prima facevo tutt’altro. Mi occupavo di fumetti sperimentali e pubblicavo già molti libri, ma parlavo più di me stesso che degli altri». È dal 2004 che inizia l’impegno a tutela dei diritti umani. «Volevo sentirmi più utile», ammette. «La mia carriera artistica stava andando bene, ma ad un certo punto ho sentito il bisogno di entrare nella realtà del mondo». Costantini parla di «attivismo disegnato»: una forma artistica che preme sull’opinione pubblica per portare avanti battaglie «come la liberazione di Zaky o la ricerca della verità per Giulio Regeni. Faccio politica attraverso il disegno, uso questo mezzo per attirare l’attenzione sul tema dei diritti umani».

Gianluca Costantini
Il ritratto di Ali Al-Nimr disegnato da Gianluca Costantini

Di battaglie ne ha portate avanti molte, ma quando gli si chiede qual è la storia a cui tiene di più, fa il nome di Ali Al-Nimr, un attivista minorenne che nel 2011 fu condannato alla crocifissione dal regime saudita. «In questo momento si trova in carcere, la pena di morte non è ancora stata eseguita, ma cerco comunque di far rimanere alta l’attenzione attraverso i miei disegni».

Aprendo il profilo Instagram in cui Costantini pubblica i sui disegni, quello che salta subito all’occhio è la bio del suo account: «accusato di terrorismo dalla Turchia e di antisemitismo dalla destra americana». Ci tiene a spiegarlo, quasi fosse un motivo d’orgoglio. Ma la domanda sorge spontanea: come può un disegnatore finire nel mirino della Turchia di Erdogan e dell’alt-right americana nello stesso momento? Il riferimento è a due vicende che lo hanno coinvolto. La prima risale al 2016, anno della repressione operata dal presidente turco in risposta al fallito golpe appoggiato da una frangia dell’esercito. A finire sul banco degli imputati, un disegno che raffigurava il volto di Erdogan che gronda di sangue, «ma quel sangue era la bandiera della Turchia». Per lui, quel disegno non fu altro che un capro espiatorio per accusarlo di terrorismo. «In realtà il vero motivo sta nei lavori fatti a sostegno delle minoranze presenti in Turchia». Quelle minoranze prese con costanza di mira dal governo presieduto Erdogan. «Ormai per lo stato turco sono un terrorista. È surreale che un disegnatore venga ritenuto tale».

Gianluca Costantini

Le accuse di antisemitismo, invece, provengono dall’altra sponda dell’Atlantico, dagli Stati Uniti. «Nel 2014 disegnavo i grandi eventi sportivi per CNN», racconta. È bastato un disegno sul conflitto tra Palestina e Israele a scatenare le accuse di antisemitismo dallo staff di Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump e guru dell’estrema destra americana. «La CNN non mi difese neanche. Anzi, decise di licenziarmi da un giorno all’altro». L’attivismo disegnato di Costantini non è piaciuto né alla Turchia di Erdogan né al grande network americano. «Nonostante tutto non sono mai stato bersaglio di minacce, insulti o troll sui social network, è ai livelli più alti che mi accusano».