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Esclusiva

Giugno 19 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 20 2020
L’antirazzismo sul pentagramma

Con il singolo dei Run the Jewels anche la musica scende in piazza per George Floyd. Il loro brano, “Walking in the Snow”, non è il primo ad aver affrontato la questione razziale.

«And you so numb you watch the cops choke out a man like me and ‘til my voice goes from a shriek to whisper, “I Can’t Breathe”. And you sit there in the house on couch and watch it on Tv – E sei così insensibile che guardi la polizia soffocare un uomo come me, fino a quando la mia voce passa da uno strillo a un sussurro, “non riesco a respirare”. E ti siedi lì in casa sul divano e lo guardi in Tv» canta il rapper afroamericano Killer Mike nel brano “Walking in the Snow”. La canzone narra dell’omicidio di Eric Garner, afroamericano ucciso dalla polizia nel 2014. La sua morte somiglia molto a quella di George Floyd, così come quelle ultime parole, “I Can’t Breath”, pronunciate da entrambe le vittime, e che oggi riecheggiano in tutto il mondo. È proprio questa inquietante e significativa somiglianza ad aver portato i Run the Jewels, composto dal duo El-P e Killer Mike, ad anticipare l’uscita del singolo, schierandosi con i manifestanti antirazzisti.
La canzone dei Run the Jewels si va ad unire alla lunga lista di canzoni che hanno affrontato il tema del razzismo e delle discriminazioni razziali.

Hurrycane

«Put in a prison cell, but one time he could-a been the champion of the world» strilla Bob Dylan in “Hurrycane“, la canzone di 8 minuti scritta a quattro mani con Jacques Levy nel 1976, che narra la vicenda dell’afroamericano Rubin Carter, il pugile soprannominato Hurricane, che sarebbe potuto diventare il campione del mondo, ma che invece, passò 19 anni della sua vita in prigione, per un crimine che non aveva commesso. «Mi vergogno di vivere in una terra dove la giustizia è un gioco».

antirazzismo
Bob Dylan

Blackbird e Ebony and Ivory

«Blackbird fly» cantavano I Beatles nel 1968. In tutto l’occidente le proteste studentesche imperversavano, e i quattro ragazzi di Liverpool, due anni prima del loro scioglimento, con la canzone “Blackbird”, scritta da Paul McCarthy, chiedevano a un merlo di spiccare il volo libero. Malgrado l’apparente natura innocua della canzone, furono in molti a percepirne il riferimento al movimento per i diritti civili dei neri statunitensi. Nel 2001, il suo autore, confermò quello che già si era intuito.
Paul McCarthy si servì nuovamente di una metafora con la canzone “Ebony and Ivory”, registrata con Stevie Wonder nel 1982. Il brano parla apparentemente dell’ebano (nero) e dell’avorio (bianco), i colori dei tasti del pianoforte, ma anche qui è facilmente intuibile che l’armonia tra i tasti bianchi e quelli neri di cui trattata la canzone, è quella che dovrebbero avere gli uomini. «Ebony and ivory live together in perfect harmony, Side by side on my piano keyboard, oh Lord, why don’t we? – Ebano e avorio vivono insieme in perfetta armonia, fianco a fianco sul mio piano, oh Signore, perchè noi no?».

War

Bob Marley invece non si servì di metafore con la canzone “War”, piuttosto utilizzò le parole del discorso che l’imperatore d’Etiopia, Hailé Selassié, pronunciò nel 1963 davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel quale sostenne che non vi sarà pace nel mondo finché non verranno superate le discriminazioni razziali. Più di dieci anni dopo, Bob Marley, cantò quelle parole, rendendole immortali. «Until the color of a man’s skin is of no more significance than the color of his eyes. Me say war – Finché il colore della pelle di un uomo non significherà più del colore dei suoi occhi, io dico guerra».

Antirazzismo
Bob Marley

Black or White

Nel 1991 Michael Jackson con il brano “Black or White” scalò le classifiche dei brani più venduti in venti paesi, restando in vetta per 7 settimane negli Stati Uniti . Per il singolo il cantante statunitense ricevette due dischi di platino. Il grande successo commerciale non ha oscurato il tema affrontato dalla canzone. «See, it’s not about races, just places, faces. Where your blood comes from is where your space is. I’ve seen the bright get duller, I’m not going to spend my life being a color – Vedi, non si tratta di razze solo posti, volti. Il luogo dal quale proviene il tuo sangue è dov’è il tuo spazio. Ho visto i diamanti diventare mediocri, Non spenderò la mia vita essendo un colore».

Vengo dalla luna

Anche in Italia molti artisti, attraverso le loro opere, hanno cercato di sensibilizzare il pubblico su tematiche antirazziste. Ne è un esempio il cantautore pugliese Caparezza, che, nel 2004, con il brano “vengo dalla luna” ha sferrato, con intelligente ironia, un duro attacco ai pregiudizi razziali. Il cantante nel suo brano racconta di essere più che uno straniero, dice di venire dalla luna, e pur venendo da così lontano, non si spiega il motivo per cui viene discriminato. «Io vengo dalla luna, che il cielo vi attraversa, e trovo inopportuna la paura per una cultura diversa, che su di me riversa la sua follia perversa».

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Caparezza

Cara Italia

Nel 2018 è il rapper italo-tunisino Ghali con il ritornello «quando mi dicono a casa, rispondo sono già qua» del brano “Cara Italia” a usare la musica come strumento di lotta al razzismo.

Questi sono solo alcuni dei tantissimi brani antirazzisti prodotti nel secondo dopo guerra. In una puntata dei Simpson della dodicesima stagione, la città di Springfield viene divisa da un muro. Gli Who, alla fine dell’episodio abbattono quel muro con le vibrazioni dei loro strumenti musicali. Il razzismo purtroppo è una realtà che continua a resistere, ma la musica continuerà a far vibrare le corde delle chitarre, a picchiare i tasti dei pianoforti, a soffiare nei sassofoni, e a urlare nei microfoni, finché anche questo muro, fatto di pregiudizi e ignoranza, si sbriciolerà.