Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Giugno 19 2020
Ogni libro possiede l’anima di chi l’ha scritto, addio a Carlos Ruiz Zafón

Lo scrittore spagnolo è morto a 55 anni a causa di un tumore a Los Angeles, città dove si era trasferito per lavorare come sceneggiatore. Il ricordo di un pomeriggio con lui ad Orvieto nel 2016, di frasi non dette e un tenero abbraccio

«Grazie per le tue storie, per i tuoi personaggi, per la tua scrittura». Carlos Ruiz Zafón era lì davanti a me con i suoi occhiali tondi e gli occhi piccoli. Avevo in mente un discorso specifico, ben pensato e ripassato nel treno da Roma a Orvieto, per esprimere tutta la mia ammirazione nel caso fossi riuscita ad avvicinarmi a uno dei miei scrittori preferiti. Ma presa dall’emozione sono riuscita a dirgli soltanto «Grazie». «Sono io che ti ringrazio. Non sono le mie storie, sono le tue», il sorriso dolce e una stretta di mano gentile. E sotto la sua firma, nella prima pagina del nuovo libro, con un pennarello blu ha scritto in grande «NATASHA!». Mi piace pensare che la mancanza di una preposizione e il punto esclamativo finale siano stati una scelta: Non è la mia storia, è la tua! 

Ogni libro possiede l’anima di chi l’ha scritto, addio a Carlos Ruiz Zafón

Carlos Ruiz Zafón si è spento dopo aver combattuto per anni contro un tumore. Scrittore spagnolo tra i più letti al mondo, diventato famoso grazie al romanzo L’ombra del vento nel 2001. Aveva iniziato la sua carriera come autore di libri per ragazzi, pubblicando nel 1993 Il principe della nebbia. Una distinzione che non condivideva: «Scrivo per persone che amano leggere, senza chieder loro l’età. E poi ci sono ragazzi che sono lettori profondissimi e adulti che non lo sono, quindi è una suddivisione che ha poco senso».

Quel giorno nella Libreria dei Sette, tra gli archi in pietra di uno dei palazzi storici di Orvieto, Zafón si aggiustava la cravatta rossa e alzava il sopracciglio, mentre raccontava il suo nuovo libro, Il labirinto degli spirti. «Mi sono fatto attendere» ammetteva tra gli sguardi emozionati dei lettori. Da sei anni aspettavano di ritrovare le avventure di Daniel e Fermin iniziate con il bestseller internazionale L’ombra del vento, in cui i due amici svelano il segreto che ruota intorno allo scrittore Julian Carax e al Cimitero dei libri dimenticati. «Un luogo in cui i libri abbandonati vivono per sempre in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito». Così il papà di Daniel raccontava questo luogo misterioso. «Ho sempre pensato che siamo ciò che ricordiamo. Pensando a questo, e osservando i negozi di oggetti usati a cui nessuno prestava attenzione, ho costruito questa immagine. Una metafora, non si tratta solo di pagine dimenticate, ma di persone e idee», spiegava lo scrittore durante l’intervista.

Sulla giacca aveva una grande spilla, era impossibile non notarla. Un drago argentato, il suo segno zodiacale nel calendario cinese. Anche lui, come le sue storie, un misto tra fantasy e realismo. «La dragonera», la caverna del drago, definiva così la casa a Beverly Hills dove aveva «costruito, decostruito e ricostruito» i suoi personaggi mentre raccontava il suo particolare affetto verso Alicia Gris, l’ultimo creato dallo scrittore spagnolo, ma quello che più lo rappresentava: «È il mio angelo dell’oscurità». L’ispettore della polizia che aiuterà Daniel a risolvere i misteri che avvolgono la morte di sua madre Isabella è più di quanto Zafón potesse lasciarci, è la sua Barcellona infernale. Città che lo scrittore aveva lasciato per lavorare come sceneggiatore a Los Angeles, ma da cui era tornato rendendola protagonista delle sue storie. Barcellona è viva tanto quanto Alicia o Daniel nella scrittura elaborata ed espressiva di Zafón. «Lo scrittore deve essere un artigiano, intrigato dai meccanismi della vita, da ciò che deve scrivere», e, come il più abile tra di essi, costruiva un labirinto di storie da cui non era semplice uscire, fatto da strade avvolte dalla foschia, dai lampioni pallidi della ramblas, dagli archi e le vie strette che ruotano intorno ad una Barcellona magica e oscura.

Ogni libro possiede l’anima di chi l’ha scritto, addio a Carlos Ruiz Zafón

Carlos Ruiz Zafón non amava molto parlare di sé, ma rispondeva alle domande dei lettori. Alto e corpulento, non dava l’idea di un uomo timido, eppure si nascondeva dietro gli occhiali spessi e una risata dolce. Una volta finita la presentazione del libro, l’avevo aspettato con un amico per avvicinarmi ancora una volta e dirgli il discorso preparato nel treno. Quando ci aveva visto camminare verso di lui, si era fermato e ci aveva aspettato, come se mi avesse riconosciuta. Ci aveva ascoltato con pazienza mentre, ancora una volta, lo avevamo ringraziato per la sua scrittura e la magia che ci aveva regalato. Poche battute scambiate e meno imbarazzo rispetto all’incontro iniziale, poi una foto insieme. Zafón rideva, e si piegava su sé stesso per avvicinarsi e venire anche lui nell’inquadratura. «Grazie ancora Signor Zafón», ci abbracciava con tenerezza e sorrideva alzando il sopracciglio destro, come se ci conoscessimo da sempre.