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Esclusiva

Agosto 6 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Agosto 10 2020
Attenti all’orso! Il possibile equilibrio tra uomo e natura

JJ4 è salva, ma gli orsi del Trentino hanno un futuro incerto. Sono animali pericolosi o la convivenza con l’uomo è possibile? Cosa prevedono le regole e cosa dicono gli esperti

Per qualcuno è un simbolo di libertà, per altri una fonte di pericolo. L’orso M49, fuggito per la seconda volta dal recinto di Casteller, vicino a Trento, è diventato un «eroe» che ha diviso l’opinione pubblica in due tifoserie. Il giovane plantigrado, ribattezzato Papillon dal ministro dell’Ambiente, ha un radiocollare che permette ai forestali di monitorare i suoi spostamenti. Eppure resta un orso «problematico» dal futuro ancora incerto. Verrà rinchiuso di nuovo nel recinto o abbattuto? E più in generale, gli orsi sono animali pericolosi o la convivenza con l’uomo è possibile?

La storia di Papillon si intreccia con quella di JJ4 (per gli amici Gaia), l’orsa quattordicenne che a fine giugno aveva ferito due escursionisti tra la Val di Non e la Val di Sole. Il suo abbattimento era stato ordinato dal presidente della Provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti. Contro l’ordinanza avevano fatto ricorso varie associazioni ambientaliste, tra cui il WWF, e si era schierato anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa: «Probabilmente era con i suoi cuccioli e si è comportata come fa una madre: si è spaventata e li ha difesi scappando appena possibile». A metà luglio l’ordine di abbattimento è stato poi sospeso dal TAR di Trento.

Considerando che l’incidente tra l’orsa e gli escursionisti non è stato grave – si legge nel decreto del TAR – prima di decidere l’uccisione dell’animale si devono applicare altre misure meno drastiche previste dal PACOBACE, il Piano d’azione per la conservazione dell’orso bruno: la cattura dell’orsa per metterle un radiocollare e trasferirla in un’altra area oppure per tenerla in cattività. Del resto JJ4 non si era mai palesata in questi quattordici anni. Ha sempre fatto la sua vita schiva nei boschi e l’incontro con l’uomo è stato casuale, di certo facilitato dalla presenza dei cuccioli.

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JJ4 è stata catturata il 28 luglio, dotata di radiocollare e poi rilasciata

Non è la prima volta che la sorte di animali coinvolti in incidenti con persone fa discutere. L’abbattimento di KJ2, l’orsa uccisa dai forestali trentini nel 2017 (con il centrosinistra di Ugo Rossi alla guida della Provincia) divenne argomento di dibattito sotto l’ombrellone, tra chi solidarizzava con «la sorella trentina di Yoghi» e chi pensava fosse giusto risolvere il problema «con un colpo in testa». Una discussione, ieri come oggi, che spesso resta in superficie, emotiva e ideologica al tempo stesso. Da una parte gli abitanti del luogo, spaventati dalla presenza nel «loro» bosco di animali considerati pericolosi, e dall’altra buona parte d’Italia, innamorata di un’idea di natura selvaggia lontana dalla realtà.

In Italia si contano tre popolazioni di orsi bruni: nell’Appennino centrale, con il famoso orso marsicano del Parco Nazionale d’Abruzzo, in provincia di Udine, al confine con la Slovenia, e appunto in Trentino. Qui gli orsi non ci sono sempre stati. Portati all’estinzione a causa della caccia, tra la fine degli anni 90 e gli anni 2000 sono stati reintrodotti a partire da dieci esemplari sloveni grazie a Life Ursus, un progetto finanziato dall’Unione europea che ha avuto effetti positivi sull’equilibrio della catena alimentare e della biodiversità.

Oggi la presenza stimabile di orsi in Trentino supera di poco i cento esemplari, compresi i cuccioli nati nel 2020. L’ultima fotografia ufficiale, a fine 2019, indicava la presenza sul territorio di 66 animali (27 maschi e 39 femmine), con un’età media di cinque anni. Il loro ritmo di crescita nell’ultimo quadriennio è aumentato: sono il doppio di quelli stimati nel 2015 e dieci volte quelli del 2002, e risultano in aumento i danni causati da orsi ad attività agricole e allevamenti. D’altra parte, gli episodi di aggressione nei confronti degli umani negli ultimi vent’anni sono stati solo quattro, senza alcun morto. L’eventualità di incrociare da vicino un orso rimane piuttosto remota.

Il PACOBACE, che regola la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali, spiega che la pericolosità dell’animale è legata alla sua «assuefazione» e al suo «grado di confidenza» con le persone. Gli orsi sono perlopiù vegetariani e di norma non vedono una minaccia negli uomini, ma se si abituano alla nostra presenza si avvicinano più spesso ai centri abitati, facendo aumentare la percezione del rischio. Da qui la necessità di interventi sugli esemplari che si dimostrano «problematici»; misure pensate non per punire l’animale ma per scongiurare problemi futuri.

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I casi in cui è prevista la possibilità di abbattimento sono indicati con la lettera k. Fonte: PACOBACE

L’abbattimento di un plantigrado è contemplato come extrema ratio tra le azioni per garantire la sicurezza delle comunità umane, seppur in assenza di alternative e senza pregiudicare la sopravvivenza della specie. Come si legge nel PACOBACE, «è fondamentale prevenire situazioni di conflitto e garantire la massima sicurezza dell’uomo, per rendere socialmente accettabile la coabitazione e la gestione dell’orso per la popolazione locale». Un compito non facile in aree di recente ricolonizzazione, «in cui gli abitanti hanno perso la memoria storica della presenza della specie».

In alcuni casi l’abbattimento non vede contrari neppure gli esperti. «Uccidere un animale urta molto la sensibilità di chi è attaccato alla vita del singolo, ma a volte è opportuno per fare il bene della popolazione degli orsi e dello stesso progetto di ripopolamento – ci spiega lo zoologo Filippo Zibordi, coordinatore del master in Fauna e Human Dimension dell’Università dell’Insubria – Per alcuni esemplari la cattività prolungata può diventare una vera e propria tortura. E poi non è sostenibile economicamente mettere alcuni animali in gabbia ogni due o tre anni, il costo è troppo elevato».

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Una scena di The Revenant, film del 2015 con Leonardo DiCaprio

Sulla stessa linea è il biologo Andrea Mustoni, coordinatore del progetto Life Ursus: «Nei confronti degli orsi problematici avremmo dovuto essere più severi, arrivando nei casi estremi anche all’abbattimento. Il termine punizione non mi piace, non si addice ad animali che vivono la loro vita ricca di emozioni e sensibilità. Ma, nel rispetto delle persone, dovremmo prestare la massima attenzione a risolvere i problemi causati dagli orsi dal comportamento anomalo. Può non piacere, ma alla fine resta il principio che debbano essere gli animali ad adeguarsi al territorio».

Le soluzioni pratiche quindi esistono ma vanno valutate con lungimiranza: dall’istituzione di riserve protette e inibite all’uomo, via non sempre praticabile in un’area popolata e antropizzata come il Trentino, allo spostamento degli esemplari in eccesso nei Balcani, soluzione più volte auspicata dal presidente Fugatti ma di difficile realizzazione. Fino all’abbattimento di quegli orsi che attaccano persone o creano ripetutamente danni all’agricoltura e alla pastorizia. Tutte «colpe» a cui è comunque estranea l’orsa JJ4.

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Un’immagine da La famosa invasione degli orsi in Sicilia, trasposizione cinematografica del romanzo di Dino Buzzati

Ma secondo esperti e associazioni ambientaliste un ruolo cruciale lo gioca la formazione di residenti e turisti: «Posto che il rischio zero non esiste, è dimostrato che più comunicazione si fa e meno aggressioni ci sono» dice Mustoni. Tutti dovrebbero sapere come prevenire e gestire l’incontro con un orso. Chi frequenta la montagna deve restare sui sentieri e parlare a voce alta, tenendo il cane al guinzaglio – si legge sul sito del WWF. In caso di incontro ravvicinato con un esemplare è bene restare fermi o allontanarsi lentamente, senza attirare la sua attenzione; non fare gesti bruschi, non urlare, non scappare in preda al panico. Gli orsi sono più «timidi» ma anche più forti e veloci di noi.