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Esclusiva

Dicembre 27 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 7 2021
“A Babbo morto”, una storia (cinica) di Natale

Nell’ultima graphic novel di Zerocalcare, la storia di Natale è uno spunto per una critica politico-sociale della realtà contemporanea

Verso i primi di ottobre di un non meglio precisato anno alla fine del secolo scorso, i medici del Policlinico di Rovaniemi, nel Circolo Polare Artico, annunciano la morte di Babbo Natale.

Si apre così “A Babbo morto. Una storia di Natale”, l’ultima graphic novel, uscita il 12 novembre e pubblicata da BAO Publishing, del fumettista romano Michele Rech, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Zerocalcare.

Il magnate dei giocattoli e padrone della Klauss Inc. si era rotto il femore quattro mesi prima e le sue condizioni si erano aggravate nelle ultime settimane. Al suo funerale partecipano tutte le personalità più importanti del settore: l’ex moglie Betania Fana, Pasquale Coniglio e l’”odontoiatra dei vip”, Topino De’ Denti.

Negli stabilimenti della Klauss, e tra i folletti suoi dipendenti, serpeggia l’incertezza. A preoccupare gli elfi di Babbo Natale non è solo la morte del magnate dei giocattoli, né la difficile successione affidata ad eredi non all’altezza – Figlio Natale è noto per i suoi festini a base di droga nella sua villa al Circeo – ma soprattutto il cambiamento nei gusti e stili di vita dei bambini, sempre più disincantati.

«I bambini erano cambiati», racconta alla stampa un folletto della Klauss intervistato nelle pagine in bianco e nero che si alternano, nel fumetto, a quelle invece arricchite dai colori di Alberto Madrigal. «Non gli andavano più bene i nostri prodotti», continua.

Per reggere la concorrenza di Game Boy e Playstation la Klauss Inc si dà alla contraffazione, presto scoperta dagli uomini della Guardia di finanza che, in una tavola a colori, mostrano la merce contraffatta indicando con l’indice puntato un pupazzo di Stitch con il corpo da Pikachu, accanto a un Topolino con il corpo da Paperino e una Peppa Pig vestita da Uomo ragno. Sullo sfondo, il nastro segnaletico bianco e rosso che avvolge scatole di cartone che verosimilmente contengono altra merce contraffatta, ricorda i bastoni di zucchero che gli elfi brandiranno contro la polizia nelle tavole seguenti, negli scioperi seguiti all’annuncio dei licenziamenti a causa della conversione della fabbrica in attività di distribuzione e logistica.

Durante gli scontri tra elfi e renne (disegnate con il naso a mo’ di lampeggiante), muore Gaetano, un dipendente della Klauss. Inizialmente supportati dalla popolazione, gli elfi perdono consenso quando il loro braccio armato, il Fronte Armato Folletto, inizia a commettere attentati in cui vengono coinvolti anche civili. Gli elfi si alieneranno allora il consenso della popolazione e la loro sorte sarà segnata.

Come precisato dall’autore stesso, “A Babbo morto” non è un libro per bambini a tema natalizio. L’ironia che pervade il libro e l’ambientazione delle vicende di Babbo Natale, elfi e Befane nell’epoca a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, sono degli escamotage per una critica politico-sociale della realtà contemporanea e di alcuni fatti del passato recente.

L’interesse politico e sociale dei lavori di Rech non è un fatto nuovo e ha toccato l’apice con Kobane Calling, il reportage a fumetti del viaggio dall’autore al confine turco-siriano, per supportare la resistenza curda contro lo Stato Islamico.

In “A Babbo morto” ci sono accenni alla vicenda del G8 di Genova: «Tutte le renne coinvolte nella gestione dell’ordine pubblico di quelle giornate sono state promosse. Renton Rennaro, le cui corna coincidono con i fori sul corpo di Gaetano, oggi dirige una fondazione che si occupa di studiare gli effetti dell’aloe per curare le lesioni da caduta delle scale»; si parla della protesta delle Befane-rider e del loro sfruttamento; si parla di elfi morti e depistaggi: «Hanno provato a dire che era stato un altro folletto, con un sasso. […] Un sasso che ti fa tre buchi come le corna di una renna».

“A Babbo morto” è una favola cinica; “una storia di Natale” dissacrante che si fa beffe del Natale, del suo consumismo, e delle sue logiche di sfruttamento capitaliste ai danni del proletariato-folletto.

Rech usa l’arma dell’ironia solo per indorare la pillola, avvolgerla in una bella carta colorata e metterla sotto l’albero, pronta per essere scartata.

È peculiare il fatto che l’autore abbia usato la stessa ironia anche per l’annuncio, sui social, dell’uscita del libro, dicendo di aver voler dare il suo contributo e «offrire ai più piccini un po’ di spensieratezza», senza aspettarsi che molti l’avrebbero preso alla lettera.

«Mi dicono che regaleranno il mio ultimo libro ai bambini di quattro anni e io vorrei fermarli», ha affermato in un’intervista all’Espresso, «perché non è una favola, ci sono gli impiccati, le rivolte represse nel sangue. A volte mi chiedo: cosa capiscono di quello che faccio?».

Foto in evidenza di: ActuaLitté, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

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