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Esclusiva

Febbraio 9 2021
Cosa ci insegna “The Hater”

Il potere della suggestione e della manipolazione raccontati tramite la storia di Thomasz, un ragazzo di Varsavia che nella sua solitudine trova rifugio negli angoli più bui del web

Thomasz è uno studente di legge che dopo essere stato accusato di plagio viene espulso dall’università. Vive a Varsavia nel pieno di una campagna elettorale e in questa città sembra perdersi. Alterna la solitudine a una finta socializzazione: social network e videogiochi. «È proprio un tipo creepy», uno di quelli che fa accapponare la pelle. Lo definisce così Gabi, la figlia dei Krasucki, la famiglia alto-borghese polacca che si prende cura di Tomala, come lo chiamano loro, pagandogli gli studi. È proprio Gabi il punto d’incontro tra la realtà virtuale che risucchia le giornate di Thomasz e quella società che sembra non voler accettare un ragazzo dall’aspetto “particolare”. The Hater è proprio questo: il racconto della vita di chi, all’apparenza, non riesce a trovare un posto nella società.

Thomasz si ribella a un sistema che l’ha punito e che troppe volte sembra ignorarlo. La sua passione è il web e lavora come moderatore di contenuti per la Best Buzz, agenzia di comunicazione di Bea, una donna spietata che non conosce il concetto di etica. Distrugge la reputazione di aziende e personaggi famosi, questo è il suo lavoro. «Non sono interessato al marketing rispettabile e nemmeno a quello leale», esordisce così Tomala al colloquio di assunzione e sin da subito mette in pratica le sue capacità promuovendo una campagna di diffamazione online fatta di troll e fake news verso una famosa influencer che aveva basato il suo successo su una dieta a base di curcuma. 

Il web è un luogo senza confini e controllarlo non è cosa facile. Negli angoli più bui e, sempre più anche nei più conosciuti social network, trovano spazio gli estremisti, le teorie complottiste e l’odio razziale. Thomasz decide di stare da quella parte. Decide di sfruttare questi ambienti per il nuovo lavoro che Bea ha pensato per lui: distruggere la campagna elettorale di Paweł Rudnicki, candidato sindaco di Varsavia, favorevole all’accoglienza e all’inclusione di tutte le minoranze nelle società polacca. 

The Hater

«L’Europa sarà bianca oppure disabitata» è questo il mantra che Tomala decide di usare in rete per scatenare e reclutare gli elementi più pericolosi dei movimenti fascisti. Per farlo tutto è lecito: bot automatizzati, meme, profili e pagine fittizie, fake newstroll e spionaggio selvaggio. L’obiettivo è sempre e solo quello di raccontare una realtà che non esiste: quella dell’imminente islamizzazione della società polacca. Una realtà costruita su fatti mai avvenuti, su collegamenti che nulla hanno in comune e su una discriminazione feroce verso quello che risulta essere il «diverso». Thomasz fa del tribalismo, del nazionalismo e dell’autoritarismo gli elementi del potere della suggestione che esercita ogni giorno online. Il film è efficace nel dettagliare come funzionano le campagne di disinformazione e regala alcuni dettagli sull’ascesa del nazionalismo bianco in Polonia. The Hater senza volerlo sembra raccontare la morte di Paweł Adamowicz, sindaco progressista di Danzica, avvenuta durante un evento pubblico a inizio 2019. Paweł era già stato oggetto di attacchi da parte dei gruppi di estrema destra che avevano addirittura pubblicato un finto certificato di morte. 

La trama intreccia la vita virtuale con quella reale. Per i ragazzi come Tomala l’una equivale all’altra e in entrambe non ci sono limiti: si deve giocare sulle emozioni e sulle debolezze altrui senza mai uscire dalle regole imposte della società. La scelta di queste regole però è il grande punto interrogativo che questo film vuole sollevare. Nel deep web valgono le stesse regole della vita di tutti i giorni? Per questi estremisti la differenza non c’è: per loro le regole non esistono. 

Ognuno dei personaggi che si incontra ha una propria ferita che si porta dentro. C’è chi ha un genitore malato, chi è emarginato, chi è deriso e chi si sente incompreso. Thomasz ha quell’aria un po’ nerd che proprio non vuole togliersi di dosso, è una cosa che gli appartiene. È quell’aria che gli costa etichette scomode, etichette che peserebbero a chiunque. 

The Hater

«Lo vuoi capire o no? Le persone come noi non contano nulla. Finiamo nel loro libro nero per sempre, ma ricordati io non sono un nessuno». Questa è forse la frase più potente di The Hater perché racchiude il disagio e la vita struggente di chi si sente estraneo dalla società e trova rifugio in una qualsiasi community online. Nella vita privata di Tomala tutto è un controsenso e tutto segue passo per passo le parole dell’“Arte della guerra” del filosofo Sun Tzu che gli fa scoprire l’arte della manipolazione. 

The Hater è un film fatto di pause, di attese, di riflessioni e di solitudine. Più volte Tomala si rinchiude in sé stesso e nella sua cameretta dove coltiva il suo segreto rapporto con i media. All’inizio bastavano semplici richieste d’amicizia su Facebook, come segnale di un’apparente accettazione e stima. Poi all’improvviso questa cosa non basta più. L’unico obiettivo è la subdola ricerca dei punti deboli del suo avversario per poter costruirci sopra una falsa narrazione con il solo scopo di distruggergli la vita, come quando riesci a sconfiggere il supereroe all’interno di un videogioco.