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Esclusiva

Dicembre 6 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 22 2021
Leonardo Pini

“Ero piccolo, eppure ricordo bene la volta in cui mio padre non mi portò a far colazione con lui perché ero vestito male”.

L’appuntamento della mattina, quello che svogliatamente si ripete con l’anta del guardaroba, ha forgiato in Leonardo Pini, 24 anni di Firenze, la voglia di distinguersi dalle sue radici. Al mondo della moda, in cui babbo e fratello sono ingarbugliati, ha preferito «uno strumento potenzialmente infinito»: la comunicazione. Con una formazione linguistica alle spalle, non è fiero del suo accento fiorentino, eppure è certo di preferire la scelta delle parole (meglio quando scritte) a quella degli indumenti. Il momento della vestizione, per Leonardo, è solo il passaggio obbligato per chi freme di uscire dalle mura protette della casa. Una volta indossate le scarpe, un paio qualsiasi, ad attenderlo lì fuori c’è un mondo interessante da esplorare, problematizzare, raccontare.

Leonardo Pini

A condurlo nelle aule della Scuola di giornalismo Luiss, un richiamo irresistibile per la politica e per lo sport e la loro vocazione a saldare gli animi. Giornalista politico o giornalista sportivo, questo l’aut – aut ancora precoce a  cui Leonardo sente di voler rispondere nel percorso iniziato qui. Quella per i racconti sportivi è una passione che inizia a covare ormai diciassette anni fa, quando l’adrenalina del suo primo coprifuoco trasgredito lo accompagna nella visione del derby Milan – Inter.

Comprende invece di voler approfondire le dinamiche politiche e istituzionali più di recente, nel 2016, il giorno in cui l’insoddisfazione per aver espresso la sua voce alla sprovvista, in balia di opinioni preconfezionate, si trasforma in una molla per l’approfondimento. In quella occasione riflette sull’importanza del cosciente esercizio dei diritti politici da parte dei cittadini, il canale privilegiato per contribuire a scrivere le pagine della nostra storia. Sempre meno avvezzo a trascorrere i pomeriggi giocando a carte con «gli amici del circolo», nel tempo libero inizia a nutrire la sua curiosità, spaziando dalla lettura di quotidiani a quella di saggi, dall’ascolto di podcast, alla visione di documentari. Con determinazione e caparbia, che annovera tra le sue qualità più grandi, prepara un «discreto bagaglio di cultura politica», senza mai barrare la strada al suo primo amore: il giornalismo sportivo. Confessa che l’idea di riuscire a sovrapporre le due ambizioni, anche solo in sporadiche occasioni, significa per lui andare in visibilio: quando a rendersi autori di gesti a rilevanza politica sono gli stessi atleti, infatti , la sete del suo raccontare è sommamente appagata.                                             

«È bello che lo sport si elevi ad occasione per parlare di altro» racconta Leonardo e subito il suo pensiero corre al 1968, alle Olimpiadi di Città del Messico dove i celebri pugni inguantati di nero dei due corridori afroamericani, Tommie Smith e John Carlos, evocano la lotta antisegregazionista dei Black Power. Incline a riconoscere nello sport un fattore di relazionalità, di crescita cognitiva e di inclusione sociale, Leonardo è intollerante al pensiero di chi scorge negli atleti delle voci prive di impatto sul dibattito sociale, un ammasso di disinformati che farebbero meglio «a stare zitti e palleggiare».