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Esclusiva

Febbraio 2 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 3 2022
«Comunicare l’incomunicabile». La rivoluzione di Monica Vitti

Roberto Silvestri ricorda la grande attrice, regina dell’immagine e musa di Antonioni

«La prorompenza del vuoto. Il riuscire a rappresentare la pienezza di esso: questo era lei».

Ci lascia oggi a novant’anni la straordinaria Monica Vitti, una delle attrici italiane più conosciute nel panorama del cinema mondiale. Capello biondo, voce roca e sguardo sensuale, la Vitti inizia la sua carriera seguendo la sua passione per la recitazione e il teatro che amava sin da bambina, quando metteva in scena, a mo’ di gioco, piccoli spettacoli con i suoi fratelli. 

Debutta ancora ragazza con La nemica di Dario Niccodemi e nel suo periodo teatrale mette in scena autori come Shakespeare, Molière, Brecht e Mondolfo. 

Ma è la settima arte che la consacra. «Ha una bella nuca, potrebbe fare del cinema», le aveva detto il regista Michelangelo Antonioni che la rende sua Musa e portavoce del cinema, così detto, dell’alienazione. 

Monica Vitti – simbolo di libertà

«Se pensiamo a film come La notteL’eclissi, Il deserto rosso» commenta il giornalista e critico cinematografico Roberto Silvestri, «sono una triade devastante rispetto all’immaginario dell’epoca e alla figura della donna». In quegli anni, infatti, il cinema classico era caratterizzato dai gangster movie, dove la donna aveva un ruolo marginale e legato alla figura maschile e dal melodramma, dove la figura femminile era egemone e ammiccante.

«Monica Vitti esprime una soggettività desiderante fuori da questi sistemi immaginari (sia come attrice drammatica che comica). Si separa dal cinema di attrazione passionale o d’azione criminale e rappresenta un modello forte della donna libertaria degli anni Sessanta».

La Vitti è una vera modernità, una rivoluzione che si fa portavoce anche dei movimenti femministi del tempo. Lei, con il cinema di Antonioni, rappresenta il vuoto, la comunicazione interiore e soggettiva: scardina il ruolo della donna che diventa «presenza filosofica con i grandi problemi della vita, dell’esistenza». 

«Comunicare l'incomunicabile». La rivoluzione di Monica Vitti

Monica Vitti – commediante

Ma Monica Vitti non è solo è solo alienazione, donna dolente, nevrotica, borghese, è anche ironica e dall’energia contagiosa, come quando recitava al fianco del grande Alberto Sordi. Unisce, così, due tipi di cinema: quello d’autore e quello delle commedie all’italiana. «Non è sufficiente dividere queste due anime: non c’è una Monica Vitti tragedia e una Monica Vitti commedia. C’è una Monica Vitti pensatrice del moderno, della contemporaneità».  

«La Vitti mi ricorda un po’ Woody Allen» commenta sorridendo Roberto Silvestri «una commediante, ma anche filosofa, capace di ironizzare sull’azione e, allo stesso tempo, comunicare con le parti più segrete di sé stessi. Questo è il cinema moderno». 

Nell’ultima parte della sua vita, la Vitti si era ritirata a vita privata. «Monica Vitti è morta trent’anni fa» continua Silvestri. Con la sua scomparsa, una parte del cinema italiano se ne va con lei. Impossibile dimenticare il suo sguardo, la sua bellezza magnetica, la sua verve: «in trent’anni non abbiamo più trovato un personaggio altrettanto forte. È curioso che l’incomunicabilità fosse legata ad un corpo e un fisico che bucava lo schermo in una maniera straordinaria. Dopo Anna Magnani, non c’è un’attrice più forte ed egemone dell’immagine come lei».