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Esclusiva

Marzo 28 2022
«Brutto compromesso agli Oscar perde il grande cinema»

La critica cinematografica Mariuccia Ciotta e la regista Michela Occhipinti commentano la serata e le premiazioni degli Academy Awards 2022

Il rumore sordo di uno schiaffo scuote una notte degli Oscar sottotono, nonostante il ritorno al tradizionale ed elegante Dolby Theatre e ai fasti pre-Covid. Sono circa le cinque del mattino in Italia e Will Smith aggredisce Chris Rock sul palco, a causa di una battuta di troppo sulla moglie Jada Pinkett Smith. Gelo in teatro, Twitter impazzisce. Senza dubbio è il momento di cui si parlerà ancora a lungo, offuscando anche la stessa vittoria di Smith e gli ultimi premi a seguire, inclusa l’impresa di CODA, piccolo film indipendente che ottiene tre statuette su tre candidature e strappa a Netflix il record di primo Oscar al miglior film per una piattaforma streaming (la neonata Apple TV+).

Il potere del cane e Don’t Look Up, dodici e quattro nomination ciascuno, non riescono infatti a far trionfare Netflix, con l’unica eccezione della miglior regia a Jane Campion. Il suo western atipico, con Benedict Cumberbatch protagonista, scrive un altro mito della frontiera, lontano dai cowboy dell’immaginario comune e più rispondente a paesaggi interiori e desideri profondi. Una regia inconfondibile che segna la seconda vittoria femminile consecutiva nella categoria, dopo Nomadland di Chloé Zhao, ma che non sempre è accolta con le parole adeguate. Come accaduto nel commento italiano della serata di ieri, quando Francesco Castelnuovo in diretta Sky si è riferito a Campion come «un – neutro – grande regista».

«Sarebbe bello se potesse essere così, sarebbe giusto parlare solo della regia, che non importasse da chi proviene quella regia, ma solo come è fatto il film. Il problema è che non siamo ancora arrivati al punto di poterlo dire perché c’è una disparità mostruosa ancora, una disparità all’accesso, una questione culturale». Così commenta Michela Occhipinti, Nastro d’argento per Il corpo della sposa (2019), regista, documentarista e insegnante di cinema del reale al Centro Sperimentale di cinematografia. «Avrebbe senso parlare in questi termini se fossimo in un’era in cui il corpo della donna non facesse così paura, se potessimo davvero condividere i palchi e la visibilità allo stesso modo tra uomini e donne».

Diretto sempre da uno sguardo femminile, quello di Sian Heder, è anche il vincitore assoluto della serata, CODA che tuttavia «è una scelta di compromesso, un film mediocre premiato per i suoi temi, mentre Jane Campion sarebbe stata una scelta di vero cinema».

Concorda su questo aspetto anche la critica cinematografica, storica firma de il manifesto, Mariuccia Ciotta. Il potere del cane è l’inspiegabile sconfitto della serata. «Meritava il premio a miglior film almeno quanto Encanto non meritasse di vincere su Luca, ma il cinema d’animazione non è leggibile per molti. Encanto ricalca lo schema dell’ultima produzione Disney centrata sulla famiglia, al contrario dei classici, dov’è il bambino da solo che deve affrontare la paura. Luca invece è un film sulla metamorfosi di stile puramente disneyano, disegnato in parte a mano e non solo in digitale».

Nessun dubbio invece sul successo di Ryūsuke Hamaguchi e il suo Drive My Car, opera di silenzi, evocazioni e contemplazioni visuali, intima e commovente come lo è È stata la mano di Dio, per cui l’Italia ha tifato fino alla fine, con poche probabilità. Paolo Sorrentino può però ritenersi soddisfatto, con un successo internazionale che ha chiuso con gli Oscar solo la prima parte del suo percorso. Adesso rimane al pubblico, che continuerà a prendersi cura dei ricordi e delle emozioni che il regista ha forse per la prima volta riversato senza filtri nel suo cinema.

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