Decine di migliaia di account fake creati in un giorno solo. Il 24 febbraio scorso, mentre le prime bombe cadevano sul suolo ucraino e il mondo assisteva ancora incredulo allo scoppio di una guerra alle porte d’Europa, Twitter registrava la nascita di oltre 38.000 nuovi profili utente, molti dei quali nei giorni successivi hanno rilanciato contenuti «simili in maniera sospetta». Numeri da vero esercito e un’impressionante prontezza d’azione per l’assalto al social più utilizzato dall’informazione.
Solo una parte di quanto emerso da un white paper dell’Indiana University Observatory on Social Media (OSoMe), stilato in collaborazione col Politecnico di Milano al termine di un monitoraggio operato su Twitter, Facebook e YouTube già da inizio febbraio. Il documento, intitolato Attività sospette su Twitter intorno all’invasione russa dell’Ucraina, ha evidenziato il picco di iscrizioni alla piattaforma proprio nel giorno in cui la Russia ha dato inizio all’invasione. Oltre 38.000 rispetto alle 13.500 del giorno precedente: un incremento di circa il 30% in ventiquattro ore. Troppo per una semplice coincidenza.
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All’OSoMe, infatti, hanno ritenuto probabile che molti di questi si sarebbero rivelati account farlocchi, da utilizzare per rilanciare contenuti fuorvianti. Gli studiosi delle due università hanno così applicato un loro metodo di ricerca basato sul machine-learning, programmato per scoprire gruppi di account in base a «schemi di condivisione sospettosamente simili». Questo ha permesso l’identificazione di reti dubbie, formate da utenti che pubblicano contenuti molto, troppo simili.
«Affinché un account possa essere incluso – si legge nel paper – deve aver pubblicato almeno cinque tweet quasi identici a quelli pubblicati da un altro», esclusi retweet e tweet da sito web. Sono venuti alla luce diversi network intenti a rilanciare le proprie teorie fuorvianti o contenuti ingannevoli. Ispezionando questi cluster, branchi di utenti che agiscono in maniera coordinata, è stato possibile all’osservatorio individuare i filoni narrativi rilanciati da questi disinformatori o bot sotto il loro controllo.
Non solo fake news sulla guerra, ma anche spam e truffe: diversi sono i contenuti immessi in maniera non autentica simulando engagement o popolarità. Inscenare la finta credibilità permette di guadagnarsi un seguito immeritato o truffare gli ignari.
Tra i temi che si è tentato di rendere virali ci sono citazioni del candidato di estrema destra francese Zemmour, del presidente turco Erdogan o anche virgolettati dell’anti-vaxxer cinese in esilio e teorico della cospirazione Guo Wengui. Una buona percentuale è un misto di spam, siti web di fake news e truffe, come quella sulla criptovaluta che finge di supportare la resistenza ucraina. A completare il quadro, la cospirazione apocalittica di un evangelista e, soprattutto, le notizie distorte sul conflitto in corso. Seppure gli hashtag riguardo all’Ucraina vengano sfruttati per rendere virali anche contenuti non riguardanti l’invasione, infatti, resta la guerra il principale bersaglio.
È la disinformazione russa a dominare la scena, ma è stato rintracciato anche un notevole cluster pro-Ucraina che chiedeva l’istituzione di una no-fly zone sul Paese.
I dati di Twitter hanno permesso di rintracciare una massiccia campagna di propaganda filo-russa proveniente da account non autentici. Quattro delle cinque fonti a bassa credibilità più linkate dagli utenti farlocchi sono legate al Cremlino (rt.com, sputniknews.com, ria.ru e kremlin.ru). Secondo l’intelligence statunitense, la quinta fonte (zerohedge.com) è un sito di disinformazione tendente a rilanciare le fake news della propaganda russa.
Rimane il dato sulla prontezza: la media dei tweet risultati poi copie di altri tweet, segnala l’Osservatorio, è cresciuta dal 3% di febbraio 2022 fino ad arrivare al 7% del 3 marzo scorso sulla totalità dei contenuti presenti. I disinformatori sanno muoversi velocemente in concomitanza di eventi in grado di creare crepe nell’opinione pubblica, nelle quali la propria narrazione possa insinuarsi. Eventi di questa portata rappresentano una ghiotta occasione di sfruttare i social media per proprio tornaconto fraudolento, sia esso di carattere politico o economico.
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