Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Maggio 7 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 9 2022
«Più sei queer più sei apprezzato, la ball è l’opposto della società»

Da sempre la cultura ballroom è stata uno spazio in cui le persone LGBTQ+ hanno potuto esprimersi attraverso un’estetica «esagerata»

«Nelle ball non si afferma solo un’identità. Entrare a far parte della scena ballroom può anche essere un modo di mettersi in discussione, portare allo scoperto problematiche relative a sé stessi per superarle». Alpha è uno degli organizzatori di Kiki bolo, uno spazio che nella descrizione della sua pagina Instagram si definisce come «Queer, non competitivo e accessibile a tutti». Tre concetti che fissano la vicinanza e la distanza dell’esperienza che ha preso vita a Bologna rispetto alla scena tradizionale italiana.

«Il nostro progetto si colloca in una posizione collaterale rispetto alla scena ballroom italiana. Nel senso che noi non organizziamo vere e proprie ball, eventi competitivi in cui ci sono i giudici e altre figure chiave che noi di Kiki bolo abbiamo deciso di non avere. I nostri eventi vogliono essere più dei punti di accesso alla cultura e all’ambiente».

L’esperienza di Kiki bolo è nata nel settembre 2021, sulla spinta di realtà simili che esistevano in altre città italiane. «La scorsa estate a Milano le persone hanno iniziato ad incontrarsi per strada, a Porta Venezia, per allenarsi e stare insieme. L’esperienza ha preso piede, è diventata un appuntamento fisso. Ad organizzarlo è KenJii, la mia mother nella ball, che mi ha suggerito di iniziare qualcosa di simile anche a Bologna. Con due ragazze abbiamo deciso di provare, è iniziato tutto da una storia Instagram in cui abbiamo fissato un punto di incontro, il Portico dei Servi, e le persone hanno subito risposto».

Anche la scelta di incontrarsi all’esterno è peculiare rispetto al modo in cui si svolgono di solito le ball, in locali chiusi, regolati da un accesso a pagamento che può rappresentare un deterrente alla partecipazione ad un’esperienza che non si esaurisce nel divertimento. Organizzare gli eventi all’aperto aiuta a creare un ambiente più informale, in cui tutti possano davvero sentirsi i benvenuti. Un modo di fare comunità che risale alle stesse origini della cultura ballroom che affonda le sue radici nella New York di fine anni ’70. Nella chiusura di una società che marginalizzava coloro a cui veniva affidata l’etichetta di diverso, la ricerca di un luogo in cui poter esprimere a pieno la propria identità, è esplosa in un sistema culturale che fa dell’estetica, dell’eccentricità del vestiario e del trucco, il sistema per scoprirsi ed essere sé stessi.

Ball
Alpha a un evento di Kiki bolo

Allontanati dalle famiglie a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, i giovani trovarono nel sistema organizzativo della ballroom scene una nuova dimensione affettiva. La competizione è stata fin da subito la modalità dell’evento attorno a cui ruota l’intera cultura, un modo per mettere sulla scena una sfida rituale non tra semplici squadre, ma tra house, vere e proprie famiglie organizzate in una gerarchia affettiva al cui vertice si trovavano le mothers. Proprio a queste spettava il compito di accogliere i figli emarginati di una società incapace di integrare la diversità. A loro, anche, l’onere di educare i giovani ad accettarsi e ad amarsi, allenandoli a sfilare interpretando le categorie proposte negli eventi in un modo che permettesse loro di essere davvero se stessi. Se c’è una cosa che non è cambiata è questa, «la ball era e rimane il posto in cui più sei queer, più sei stravagante, più sei apprezzato. L’opposto della società fuori. Uno spazio sicuro in cui puoi esprimere chi sei davvero. Ti dà la spinta in più per esagerare».

La fisicità è un elemento fondamentale in questo ambiente, il mezzo attraverso cui uscire da sé stessi, eppure esserlo fino in fondo. I movimenti sono codificati, tanto che all’interno della scena è nato uno stile di ballo, il voguing, reso celebre da Madonna nel videoclip di “Vogue” ma appartenente ad un mondo underground che non l’ha mai ceduto o lasciato andare. «Si usa distinguere tre stili diversi di voguing che sono Old way, New way e Vogue Fem. Tutti hanno le proprie regole, poi all’interno di queste regole ogni persona ha uno spazio per mettere del suo, anche perché nelle ball non esiste una coreografia». Alpha mette in fila tutti gli elementi di un patrimonio culturale che, arrivato fino ad oggi senza mai perdersi, vive una nuova attenzione grazie a prodotti televisivi come il film-documentario Paris is burning o il più recente telefilm Pose. Per chi milita nella scena, però, è fondamentale mantenerne l’integrità.

«Entrare negli eventi significa entrare a far parte di una tradizione», la cui ricchezza è ciò che ha affascinato fin da subito il fondatore di Kiki bolo. Una storia che parla di una comunità che è fatta di tante, diverse individualità e che, grazie ad esse, continua ad evolversi senza perdersi.

«Nella ballroom ci sono persone che si riconoscono in identità diverse. Ci sono le trans, gli uomini gay, le donne cis. Partecipano persone bianche, nere, asiatiche. Due figure, però, sono le protagoniste delle ball, identificabili con il nome di butch queen e fem queen», spiega Alpha, «Butch queen è l’uomo gay, fem queen la donna trans, due soggettività separate di una scena binaria. Le stesse categorie utilizzano questa divisione». In questo mondo che fa delle distinzioni nette la sua cifra stilistiche Alpha è riuscito a definirsi attraverso un’identità di genere non binary.

«Con il tempo ho capito che nella ball mi piace esprimere un lato che vada a mettere in discussione il binarismo. “Walkando” le categorie ho scopeto che preferisco interpretare un tipo di look che sia un mix delle diverse identità. Questo mi ha fatto capire qualcosa di me. Mi sono sempre definito gender queer, non sono mai stato interessato a rinchiudermi in un singolo genere, però attraverso la ballroom mi sono reso conto dell’importanza di fare coming out, di definirmi apertamente in quel modo anche al di là di come posso apparire fuori o dei pronomi che utilizzo. La Ballroom è stata la scintilla che ha fatto scattare la necessità di uscire fuori come persona non binaria».

Spazi di creatività, nelle ball vince l’eccentricità. Così, attraverso un gioco estetico fatto di trucco, vestiti e ballo, ciò che viene costruito è un luogo sicuro, in cui le persone sono libere di esprimere sé stesse, mostrarsi ed essere viste.

Leggi anche: La nobile arte dell’inclusione