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Esclusiva

Maggio 8 2022
Mettersi a nudo per entrare in contatto

Sara e Matteo lavorano con il corpo e, attraverso i social, mostrano la bellezza della fragilità

Il ticchettio dell’orologio insieme ai rumori della città, l’immagine desaturata fino all’essenziale bianco e nero. Un panno sgualcito fa da sfondo ai due corpi posti uno di fronte all’altro. Il loro sguardo gradualmente converge, come i movimenti delle gabbie toraciche, sincronizzati in un unico respiro: contatto mancato. 

Sara Pinna, 25 anni, è una performer. Matteo Piacenti, 20 anni, un fotografo. Entrambi lavorano con il corpo. «Ho lasciato l’accademia dove studiavo per diventare critica d’arte circa due anni fa», racconta Sara che già a sedici anni lavorava come modella per il make-up e per scatti fotografici. «Ho scoperto davvero me stessa quando ho iniziato a fare la modella di nudo».  Anche Matteo lavora con le immagini. All’accademia di belle arti di Bologna studia scultura e la passione, che definisce «quasi un’ossessione», per il corpo lo ha avvicinato alla fotografia. «Utilizzo sfondi neri per creare un contrasto e modellare meglio la figura. C’è solo la loro fisicità, il nero annulla e racchiude tutto il resto. Per realizzare anche solo uno scatto impiego mesi: voglio intessere un legame con la persona in modo tale che si senta a suo agio e negli scatti possa trasparire il suo abbandono». 

Il corpo
‘Can you feel it’. Foto di Andrea D’Elia, courtesy Sara Pinna

Sara e Matteo hanno deciso di esporre i propri lavori sui social. «Non tutti i miei amici erano contenti – racconta Sara -. Alcuni mi dicevano ‘vestita non ti riconoscevo’, da altri arrivavano commenti a sfondo sessuale. Se avessi fatto caso alle loro parole non avrei mai iniziato». Influenzata da studi esoterici e sulla base dei propri sogni, Sara tenta di far entrare le persone in contatto con la loro parte più profonda, tanto da guadagnarsi il soprannome di “performer dell’inconscio”. Il corpo, racconta, è il suo pennello. «Nel momento in cui mi ascolto, se sento qualcosa che non va non mi esibisco. Quando lo faccio, creo uno spazio tra me e il pubblico, un luogo sicuro in cui posso mostrarmi per come sono».

Il corpo
RiMEMBRA, courtesy Matteo Piacenti

Nel fare questo, anche il suo rapporto con i social network è cambiato. «Ho smesso di fare finta che una bella posa fosse un’opera d’arte e ho rifiutato la finzione dell’eterna positività. È complesso, soprattutto per i più giovani che non sanno qual è il posto sicuro in cui possono mettersi a nudo». Il rapporto con l’immagine di sé è sempre più difficile per milioni di ragazze e ragazzi. È quanto emerge da un articolo del Wall Street Journal basato su alcuni report dell’azienda Meta, resi noti da un’ex dipendente nel 2021. Instagram è il luogo principale in cui avviene il cosiddetto “social comparison”: quando le persone definiscono il loro valore misurandolo in relazione al benessere e al successo di altre. Ciò accade perché, a differenza di altri social, Instagram si concentra molto sul corpo e sullo stile di vita e qui «si tendono a condividere solo i momenti migliori. La pressione che spinge a sembrare perfetti può portare gli adolescenti verso disturbi alimentari, a una visione malsana dei loro corpi e alla depressione». 

Il corpo
RiMEMBRA, courtesy Matteo Piacenti

Secondo Sara, «Decidere di emulare a tutti i costi la vita di altre persone vuol dire non stare bene nella propria intimità. Per questo io ho deciso di mostrarmi fragile». Una fragilità che condivide con Matteo. «Sui social si cerca una perfezione che non esiste. È tutto orientato all’apparenza. Io cerco di fare il contrario: di un corpo che mi piace cerco di accentuare i difetti». 

Per entrambi gli artisti, scoprirsi ha significato anche fare i conti con l’ipersessualizzazione del corpo e con le linee guida della community Instagram. «All’inizio, sulle foto taggavo i modelli. È importante per me che si conosca l’identità e la storia di chi fotografo. Ho smesso quando ho capito che molti prendevano il mio profilo come un supermercato da cui scegliere i ragazzi a cui fare avances» racconta Matteo. «Anche il nudo femminile è difficile da mostrare – aggiunge Sara –  perchè è sempre associato al sesso, alla perdizione, alla tentazione». 

Una realtà che, sempre secondo le ricerche portate alla luce dal Wall Street Journal, «ha un peso sulla salute mentale delle giovani utenti. […] e i ragazzi non ne restano immuni: il 14% dei giovani americani ha affermato che Instagram ha peggiorato il rapporto con sé stessi». Notando come, rispetto a qualche anno fa, pubblicare nudo è diventato sempre più comune, Matteo riconosce che «ci sono lati positivi. Lasciarsi vedere così significa anche accettarsi. Però, sui social siamo portati a inventare il corpo, a trasformarlo in qualcosa che non è pur di rispettare determinati canoni. Molti sono giovani alla ricerca di un’identità e il nudo è un modo facile per attirare molti più like. Pubblicare certe foto è diventata quasi una necessità». 

Mettersi a nudo per entrare in contatto
RiMEMBRA, courtesy Matteo Piacenti

I dati raccolti dall’associazione di ricerca Algorithm Watch evidenziano una correlazione tra la porzione di pelle mostrata nelle fotografie e la promozione del contenuto da parte dell’algoritmo di Instagram. Il team di ricercatori, insieme allo European Data Journalism Network, ha analizzato 1.737 post di profili, corrispondenti a 2.400 foto. Solo nel 21% dei contenuti erano presenti donne in bikini o uomini a torso nudo. «Tuttavia, nella home dei volontari i post con foto del genere costituivano il 30% di tutti quelli mostrati». I post contenenti immagini di donne hanno ottenuto il 54% in più di probabilità di essere promossi dall’algoritmo, mentre gli uomini arrivavano solo al 28%. Al contrario, i post con foto di cibo o paesaggi hanno avuto il 60% in meno di probabilità di apparire nelle home degli utenti. La conclusione cui è giunto Algorithm Watch è che c’è la probabilità che Instagram favorisca le foto con parti del corpo scoperte, anche se le condizioni di utilizzo del social rendono chiaro che il nudo non è ammesso. 

Banditi dalle linee guida della community in modo esplicito sono i «capezzoli femminili in vista», anche se questo divieto non vale se le immagini riguardano l’allattamento al seno, il parto, situazioni legate alla salute o atti di protesta. Per rispettare le regole ed evitare che il suo profilo venga rimosso Sara è costretta a censurare la maggior parte delle proprie foto, cosa che non accade con la stessa frequenza a Matteo. «Se pubblico un mezzo busto maschile non viene mai censurato, se pubblico la stessa fotografia, ma di una donna, la foto viene rimossa. Non ho mai capito questo tipo di censura»

Mettersi a nudo per entrare in contatto
‘EMPATHY’, courtesy Sara Pinna

I lavori di Matteo e Sara non vogliono rispettare le logiche imposte dagli algoritmi. Per Matteo, «nei corpi c’è un’energia che i social hanno difficoltà a contenere. Il senso della bellezza è complicato da spiegare attraverso una macchina che va a ritmi velocissimi», ma non impossibile. Nella performance “contatto mancato”, l’intenso sguardo che lega Matteo e Sara trasporta in un’altra dimensione. Il tempo sullo schermo del telefono inizia a scorrere lento, accompagnato da un mogio ticchettio, mentre il bianco e nero risalta i dettagli della pelle nuda, invitando, anche sui social, a prendersi il tempo per contemplare la bellezza profonda di semplici e imperfetti corpi.