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Esclusiva

Agosto 1 2022
Bianco, rosso, viola l’amore nel bicchiere

Nel modenese la grande tradizione del Lambrusco, il vino frizzante dell’Emilia Romagna

“C’è un Lambrusco per ogni colore, da quello più scuro, viola, quasi tendente al nero fino al bianco, che può essere confuso con qualsiasi altra bollicina proveniente da un altro territorio”. È proprio dal suo ufficio a Sorbara, piccola frazione nel modenese, che Carlo Cavicchioli, vinicoltore da oltre quattro generazioni, racconta la storia di come viene prodotto il colore di uno dei vini più importanti d’Italia.

La tintura del vino si trasforma, rendendosi malleabile. È poliedrico e le varietà rendono appetibile qualsiasi scenario “Non solo il lambrusco funziona con il mondo e gli abbinamenti delle cose grasse: prosciutto, mortadella, cotechino, zampone, tortellini, ma risalta anche l’universo delle cose verdi, come l’insalata mista, che diventa buonissima”. Spiega il parmigiano Andrea Grignaffini, docente di enogastronomia, membro del comitato scientifico della scuola di cucina Alma, critico enogastronomico e grande amico della famiglia Cavicchioli.

La vivacità del vino rosso frizzante, che si ritrova spesso nel carattere di chi lo produce, fa quasi credere che il vitigno del lambrusco sia pensante. La sua duttilità non è arrendevolezza all’intervento dell’uomo, ma sembra più uno scambio di idee fra l’enologo e il grappoli. “Parlando di vicini di vigna. L’uva è pressoché la stessa, i vini sono simili, rifermentati entrambi in bottiglia, ma all’assaggio, nonostante nascano dallo stesso frutto e nello stesso territorio, sono molto diversi. Io avrò una tinta rubino molto carica e lui magari un rosa più tendente al cipria” spiega Carlo all’interno del suo regno di Sorbara.

Bianco, rosso, viola                                                         l'amore nel bicchiere

I modenesi sono così legati ai propri prodotti che il rosso frizzante è alla base della loro alimentazione. “Il Lambrusco è buono freddo anche se è rosso, urliamolo, è buono freddo” esulta Carlo. Che sia nelle sue migliori declinazioni di rosa, nei dolci violacei che rivela il grasparossa o nei bianchi così puri e trasparenti, si beve fresco. Il più chiaro di tutti si chiama Puro ed è prodotto da una grande riserva di Sorbara vinificata in bianco. “Si toglie il colore che risiede nelle bucce cosi che quando si schiaccia il frutto senza pelle, la bevanda alcolica diventa bianca, leggermente giallina”. Il Lambrusco è un vino molto riconoscibile, deve la sua fama a essere il re fra i rossi con le bolle. Questa tecnica di produzione, riesce a ingannare il consumatore che non avrà indizi cromatici all’interno del bicchiere di cristallo.

Il più scuro è il Robanera, un elegante uvaggio di Grasparossa, Sorbara e Salamino (questo salamino non si affetta ma è una varietà di Lambrusco), tanto viola già dalla schiuma e tanto nero nel bicchiere, porta un nome dedicato a Coco Chanel e al suo famoso abito robe noir, il tubino nero senza maniche adatto a tutte le occasioni proprio come il Lambrusco. Infinite le gradazioni di colore in un vino che con il suo delicato tasso alcolico piace universalmente anche per la sua leggerezza. “15 gradi e mezzo difficilmente dissetano invece questo funziona come dissetante” racconta a Zeta Grignaffini.

La cromia del Vigna del Cristo è il colore madre, un Sorbara al cento per cento ottenuto da uve dell’omonimo vigneto in località Cristo, il suo color rosa divino, rosso morbido, trasparente d’aspetto e di carattere lo fanno preferire al primo assaggio. Carlo Cavicchioli e la sua famiglia elegantemente frizzante rimarranno “per sempre dei Sorbaristi” preferendo l’acidità al fruttato grasparossa. Regalando momenti di gioia e di bellezza il Lambrusco con i suoi colori rossi frizzanti rimane il simbolo di italianità.