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Esclusiva

Dicembre 15 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 17 2022
Il Marocco è qui, nel quartiere Centocelle a Roma

“Ici c’est Marrakech” si legge sulla maglietta di un tifoso. Il Marocco a Centocelle tra cori, danze, bandiere e lacrime

Dopo una giornata in università Omaima non è neanche passata a casa, ha dato il suo esame programmato alle 18 ed è corsa a prendere l’autobus. «Non avrei mai fatto in tempo a prendere i posti. Le mie amiche sono partite alle quattro dal centro per occupare quelli in prima fila».

Via degli aceri, nel quartiere romano di Centocelle, è bloccata. Per passare le macchine devono stare attente a non urtare contro la Citroën grigia parcheggiata sulle strisce pedonali. Un ragazzo con un cartone di pizza in mano impreca: un tizio gli ha quasi fatto cadere addosso un fumogeno rosso.
Proprio il rosso spicca in un punto di questa strada umida e poco illuminata.
Una calca di persone battente bandiera marocchina si schiaccia per entrare in un locale troppo piccolo per accogliere tutti. I proprietari dovevano aver previsto che, rispetto alla scorsa volta, a godersi l’elettricità della semifinale sarebbero venuti in molti di più perché, oltre ai tre schermi già presenti nel Royal Marrakech, un’altra tv era stata piazzata all’entrata, appena riparata dalla pioggia grazie alla tettoia e alle impalcature di chissà quale opera di restauro dell’edificio.

Il Marocco è qui, nel quartiere Centocelle a Roma
Folla radunata nel Royal Marrakech di Centocelle

Omaima, Lena e la sorella hanno gli occhi lucidi e incollati allo schermo.
Una di loro ha la bandiera disegnata sulle guance, Omaima ne tiene una di stoffa tra le mani. Per chi ne fosse sprovvisto, il Royal Marrakech le vende a 10 euro l’una. La bandiera rosso-verde spiegata sventola per incitare Azzedine Ounahi che va all’attacco, respinto dal francese Hugo Lloris.

Il Marocco è qui, nel quartiere Centocelle a Roma
Omaima e le sue amiche in prima fila

Entrando, i sensi vengono storditi da un odore acre e pungente, sono i fumi dei narghilè che si sono mescolati al sudore di una partita che già dopo 5 minuti di match ha visto la Francia, portata avanti da Theo Hernandez, assestare un colpo nell’orgoglio maghrebino.

L’aria di festa che aveva infiammato i tifosi adesso si è condensata in un’ansia pesantissima. Più ci si addentra nel locale, più l’ossigeno si dilegua, il caldo e l’umidità si appiccicano addosso, la gola si fa secca. Ci sono almeno 3 generazioni raccolte in quella sala, non c’è scelta se non rinunciare a qualsiasi residuo di spazio vitale: c’è pure un ragazzo seduto su una panca messa davanti ai bagni forse a mo’ di poggiaborse.
 «Io non sono di Centocelle, sono venuto dall’altra parte di Roma. Ma sono qui perché il bello è stare insieme» dice un suo amico che mostra fiero lo stemma della sua maglietta a scacchi rossi e bianchi con una scritta in francese “Ici c’est Marrakech”. A ogni colpo mancato della sua nazionale sventola nervoso la bandiera: il Marocco è grande, il Marocco ce la farà.

Ed ecco Abderrazak Hamdallah che tenta un’azione solitaria, sfugge alla difesa avversaria, va dritto verso la porta, un urlo riempie la sala dall’aria ormai irrespirabile, tutti si alzano, poi urlano, si rimettono seduti, le mani tra i capelli, chi si arriccia la barba, chi prende un altro profondo tiro di narghilè. Inizia una specie di danza, ripetuta a ogni avanzata verso la porta difesa da Hugo Lloris: “forza Maroccooo”, in piedi, “nooo”, seduti, coro.

tifosi Marocco sono insieme
Ragazzo nel Royal Marrakech

Non manca molto alla fine. Kilo Muani riesce a bucare la difesa marocchina: la Francia ha strappato due punti. Qualcuno cerca di riprendersi con una Redbull o una birra. Fuori dal locale altri si accendono una sigaretta dopo l’altra. Al 94’ è ancora la mezz’ala destra Ounahi che riaccende la speranza ma niente, la difesa francese sembra impenetrabile.

Come andrà a finire molti se lo aspettano già, ma i ragazzi e le ragazze nella sala non hanno mai smesso di esultare. Davanti alle azioni senza esito positivo della Nazionale, i tifosi si aggrappano con maggiore forza alle bandiere. Più i minuti avanzano, più la stella verde viene accartocciata, stropicciata, stretta, tirata, diventando lo sfogo fisico della paura di svegliarsi dal grande sogno della finale dei Mondiali.
Recupero: sei minuti, sei minuti in cui continuare a tifare. Il destino della nazionale africana è segnato.
Il drappo rosso si è trasformato nella coperta con cui coprirsi gli occhi davanti a un film dell’orrore. Quasi tutti se lo avvolgono sul capo e sbirciano sperando che un miracolo appaia sullo schermo.
Minuto 96, fischio dell’arbitro, la bandiera è ormai il fazzoletto su cui i più piccoli si stanno asciugando le lacrime.

tifosi Marocco sono insieme
Bambino si asciuga le lacrime con la bandiera marocchina

«Anche se abbiamo perso sono fiera del Marocco» dice Lena, che al Royal c’era arrivata alle cinque di pomeriggio pur di occupare quelle tre sedie di plastica sotto il televisore. «Abbiamo fatto la storia, era la prima volta in più di vent’anni che un Paese arabo e africano arrivava in semifinale, ce lo meritavamo».
Il locale si svuota, via i narghilè, si raccolgono le bottiglie. Una piccola festa si accende fuori, il Marocco è grande, il Marocco è qui.

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