Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Febbraio 24 2023
Separati dalla guerra

Il suono degli allarmi anti-aerei che un anno fa ha diviso Yevhen, Olya, Mark e Roman, oggi li accompagna scandendo il ritmo delle abitudini quotidiane

«Quando sentiamo il suono delle sirene interrompiamo qualsiasi cosa stiamo facendo e andiamo sul pianerottolo, con i bambini fingiamo che sia un gioco».
Yevhen parla con distacco di una quotidianità scabrosa, scandita dal pericolo della morte che ormai non fa più impressione.
I suoi figli, Mark e Roman, la notte tra il 23 e il 24 febbraio di un anno fa si sono addormentati sotto lo sguardo stanco della madre, Olya.
«Eravamo a Kiev, quella sera sono tornato a casa tardi dallo studio in cui conduco il mio programma radiofonico e ricordo che l’ultima cosa di cui avevamo discusso erano stati gli scenari futuri: ci chiedevamo se la guerra sarebbe iniziata o no, se fosse possibile bloccare l’escalation con la diplomazia. Era mezzanotte quando sono andato a dormire. Cinque ore dopo siamo stati svegliati da una bomba esplosa a un chilometro da casa».

La situazione in poco tempo precipita e la famiglia decide di abbandonare l’appartamento al diciassettesimo piano nel centro di Kiev. Olya e i bambini si dirigono a Ovest, Yevhen resta in città per convincere il padre ad andare via.
Si ritrovano tutti a Ivano-Frankivs’k qualche giorno dopo. La situazione, però, è pericolosa e decidono di dividersi ancora: Mark e Roman, che non avevano ancora due anni, vanno in Polonia insieme alla madre e ad altri parenti, Yevhen resta in Ucraina.
«Sono rimasto a Ivano-Frankivs’k. La solitudine è stata di certo la parte più difficile di quest’anno. Ero confuso, non sapevo cosa fare. Mi sono unito alla comunità di Sant’Egidio per accogliere i profughi che venivano da Est e da Sud. Questo mi ha aiutato a non pensare».

Separati dalla guerra
Olya, Yevhen, Mark e Roman a Kiev


Dopo sei lunghi mesi divisi, i quattro si ritrovano di nuovo nella città dell’Ovest del Paese, dove hanno deciso di ricominciare. «Qui ci sembra più sicuro che a Kiev. Durante quest’anno, Ivano-Frankivs’k non è stata bombardata, solo il porto, che non è lontanissimo, ma la situazione in città è abbastanza tranquilla» racconta Yevhen che ormai parla della guerra col distacco di chi ne ha ripercorso gli eventi migliaia di volte nella testa, mentre le riflessioni sulle sirene che ancora squarciano la quotidianità si accompagna alla piccola gioia regalata da un giorno di primavera anticipata.

«C’è il sole oggi, non fa caldo ma l’aria è tiepida. Negli ultimi giorni abbiamo avuto l’elettricità senza interruzioni né problemi. Prima l’avevamo solo in determinati momenti, per esempio, per due ore e poi niente per le successive quattro. Ma ormai ci siamo abituati».
Non tutto è cambiato nella nuova vita a Ivano-Frankivs’k, Yevhen continua a svolgere la professione che lo ha sempre appassionato: «Conduco i programmi radiofonici dalla cucina e qualche volta, in sottofondo, si sentono i miei bambini, ma va bene così, adesso in Ucraina molte persone lavorano in queste condizioni ed è normale. Mia moglie Olya lavora come insegnante di ucraino per stranieri. Ha tante richieste perché moltissime persone ora vogliono imparare la lingua».

famiglia separata guerra Ucraina
Olya, Yevhen, Mark e Roman oggi a Ivano-Frankivs’k


Mark e Roman hanno quasi tre anni, hanno ricominciato da poco l’asilo, dove nessuno menziona la guerra. Le ore di lezione vengono interrotte dagli allarmi, come anche le passeggiate per la città e i momenti di vita famigliare, per fare quel gioco in cui ci si deve nascondere.
«Non so cosa accadrà in futuro – dice Yevhen – ma sono certo che un giorno gli racconterò della guerra, gli spiegherò tutto: perché sono stato lontano, perché abbiamo vissuto a Ivano-Frankivs’k. Ma adesso no, non raccontiamo niente della situazione e va bene così».

Leggi anche: Mappe e aggiornamenti per capire la guerra in Ucraina