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Esclusiva

Marzo 20 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 21 2023
Guerra in Iraq: «Un bilancio di luci e ombre»

A vent’anni dall’invasione americana dell’Iraq, il Paese si trova ancora nell’instabilità, in preda alle guerriglie interne

«Se dovessi pensare a una sensazione che mi ha accompagnato nei primi giorni dello scoppio della guerra, penserei alla tensione. Vivevamo aggrappati alla speranza: la speranza che non scoprissero che stavamo trasmettendo e la speranza di riuscire ad ottenere l’elettricità necessaria a trasmettere e mostrare quello che stava succedendo». Queste le parole di Giovanna Botteri che ha ricordato la guerra in Iraq che ha coperto come inviata della Rai, l’unica che il 20 marzo 2003 si trovava a Baghdad.

Erano le 5.34 del 20 marzo 2003 quando i primi bagliori in cielo hanno annunciato l’inizio dell’operazione “Iraqi Freedom”. È cominciata così l’invasione dell’Iraq da parte di una coalizione di volenterosi guidata dagli Stati Uniti di George Bush con lo scopo di fermare Saddam Hussein in possesso di armi di distruzione di massa e la volontà di portare stabilità e democrazia.

Era stata annunciata come una guerra lampo, e all’inizio sembrava sarebbe stata tale: in soli 20 giorni, il 7 aprile, i battaglioni americani con i loro alleati hanno conquistato la capitale. Baghdad era caduta, ma le morti di civili iniziavano già a salire. La guerra iniziata nel 2003 finirà solo nel 2011, con la ritirata delle truppe americane durante il governo Obama. Una guerra che non porterà mai agli obiettivi con i quali era iniziata: l’arsenale nucleare che avrebbe dovuto possedere l’Iraq era stata una costruzione mediatica atta a giustificare l’invasione. È il 6 luglio 2016 quando viene reso pubblico il rapporto Chilcot che porta alla luce il fatto che l’allora premier britannico, Tony Blair, aveva dichiarato il suo sostegno al presidente americano Bush anche se non vi erano prove che Saddam Hussein fosse in possesso di armi di distruzione di massa, fatto che si è rivelato effettivamente sbagliato.

Il governo britannico aveva fallito nel raggiungimento degli obiettivi che si era prefissato con l’inizio della guerra: portare pace e instaurare una democrazia. La guerra aveva causato un costo enorme di vite: solo nel primo anno successivo all’invasione, la media giornaliera di morti in modo violento è di 128 iracheni.

«Posso raccontare le storie delle due persone che hanno vissuto con me tutto in Iraq. Adlan che è stato il mio producer e Falah che è stato il mio autista e guardia del corpo. Adlan era uno sciita appartenente a un’importante famiglia sunnita del nord, sposato con una donna giovane e aveva una bambina piccola. Durante il periodo più buio dell’Iraq, nel 2006, hanno suonato al campanello di casa sua ed è stato ammazzato di botte di fronte a sua moglie e alla sua bambina.

Falah, invece, era uno sciita del sud. Con lui abbiamo vissuto nella periferia povera di Baghdad che si era ribellata al regime di Saddam prima ancora dell’arrivo degli americani. Lì le persone li aspettavano come se fossero davvero dei liberatori, e così anche Falah. Appena sono arrivati però hanno smantellato sia la polizia che la guardia di Saddam, senza mettere neanche il coprifuoco. Quel momento è stato spaventoso, perché è sembrato stessero mandando un messaggio chiaro: “Siamo arrivati ma non ci interessa nulla di voi”. Così la città è piombata nel delirio: è stata l’anarchia più brutale. Falah si è sentito tradito dal sogno che aveva di libertà».

«Dopo 20 anni dall’inizio della guerra il bilancio è di luci ed ombre» – ha commentato il Generale Carmelo Abisso, ex portavoce del contingente militare italiano in Iraq da settembre a dicembre 2004 – «Prima c’è stata l’invasione, poi l’abbandono, poi è arrivata l’Isis e poi di nuovo la sconfitta dello Stato Islamico con gli americani che sono dovuti tornare in Iraq a cui si sono unite anche le milizie sciite. Una volta che l’Isis è stato sconfitto queste milizie sono rimaste, l’Iran ha una fortissima influenza e continua quella che è la destabilizzazione di uno stato che galleggia sul petrolio e che è in continuo conflitto interno».

Un’invasione durata vent’anni, ma una guerra che ancora oggi non ha trovato una conclusione. In totale durante la missione militare capeggiata dagli americani il numero delle vittime civili si aggira intorno alle 100 mila. Ma gli strascichi di questa guerra tanto violenta quanto sbagliata non hanno tardato a farsi sentire. Da quando l’esercito americano ha lasciato l’Iraq nel 2011 si sono registrati almeno 155.000 morti e oltre 3,3 milioni di sfollati all’interno del Paese.

L’Iraq, terra preda di influenze di altri stati per la sua ricchezza di petrolio, non è mai stata così lontana dalla pace e dalla stabilità come dall’inizio dell’invasione nel 2003.

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