Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Aprile 15 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 20 2023
No, il Pil dei BRICS non ha superato quello del G7

Secondo diversi articoli, la ricchezza dei Paesi in forte crescita ha superato quella delle sette maggiori economie mondiali, ma i dati sono utilizzati in maniera inesatta e fuorviante

No, il Pil dei BRICS non ha superato quello del G7

Quelle che solo fino a venti anni fa erano considerate economie emergenti stanno surclassando le più grandi economie industriali del pianeta? Secondo diversi siti esteri e italiani – come farodiroma.it, renovatio21, SenzaNubi – il PIL complessivo del gruppo geoeconomico dei BRICS ha superato quello dei Paesi appartenenti al G7, ossia il forum dei sette Stati economicamente più avanzati al mondo (tra cui l’Italia). Si sostiene che oggi siano i Paesi del primo gruppo (cui appartengono anche Russia e Cina) a guidare l’economia mondiale. La notizia riprende la narrazione di Megh Updates, un canale social indiano che rilancia contenuti falsi e ingannevoli, secondo fact-checker riconosciuti, e utilizza in modo tendenzioso i dati forniti dal Fondo monetario internazionale.

BRICS è l’acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. La sigla venne utilizzata per la prima volta nel 2001 da Jim O’Neill, capo economista di Goldman Sachs, e da allora è usata nell’economia internazionale per indicare questi cinque Paesi, accomunati da una crescita economica rapida e mercati in espansione, che dal 2009 hanno costituito un foro di discussione alternativo al G7 e parallelo al G20. Oggi è un gruppo di Stati con interessi comuni che mirano a limitare il potere delle alleanze occidentali e l’utilizzo del dollaro come valuta per gli scambi internazionali per arrivare a dominare l’economia mondiale, forti della grande disponibilità di risorse naturali strategiche delle quali dispongono (come il gas per la Russia o il petrolio per il Brasile). Anche l’Algeria ha presentato richiesta di aderire al gruppo e altri Paesi, come Egitto e Arabia Saudita, hanno mostrato interesse a farlo, ma nessuno è stato ancora accettato formalmente.

I dati

«Secondo le stime 2022 i BRICS hanno contribuito al 31,5% del PIL globale a parità di potere d’acquisto, rispetto alla quota del G7 del 30%», si legge sul sito renovatio21 che riporta quanto in prima battuta affermato da Megh Updates e da Scott Ritter, un ex marine che diffonde la propaganda russa. I dati sono presi dal “World Economic Outlook Data Base” dell’ottobre 2022, un report del Fondo monetario internazionale, e i numeri sono corretti, ma utilizzati in modo improprio.

Si specifica che il valore per cui tale sorpasso avviene è quello del Pil a parità di potere d’acquisto, ma utilizzarlo per sostenere che un determinato gruppo di Stati si accinga a dominare l’economia globale «non ha alcun senso», dice Mattia Campagna, economista del think thank indipendente Tortuga Econ. Il Pil a parità di potere di acquisto è utile a calcolare la ricchezza di una nazione in relazione al proprio mercato interno, «perché tiene conto del costo relativo dei beni e dei servizi locali e dei tassi di inflazione del Paese, anziché utilizzare i tassi di cambio del mercato internazionale» spiega lo stesso Fmi, «ma la sua efficacia è limitata quando si misurano i flussi finanziari internazionali e quando si confronta la qualità degli stessi beni tra i Paesi».

Un confronto del genere «ha senso solo se assumiamo che quelle economie sono autarchie, cioè che non comprano nulla dall’estero. Vuol dire che non dovrebbero acquistare nulla dall’estero, senza importare materie prime, energia, beni alimentari. E questo è falso, ovviamente, non esiste un’autarchia dal Medioevo» continua Campagna. Quando invece, come tutti i Paesi al mondo, importano beni «quelle valute non possono reggere il confronto con il dollaro o con l’euro». E in più, a invalidare il confronto, c’è il fatto che «i numeri sul mercato interno offerti dall’istituto di statistica cinese sono inaffidabili e ogni stima sulla Russia non ha senso».

Sorpasso

Quanto a Pil nominale, invece, la ricchezza complessiva dei Paesi appartenenti al G7 ammonta a 45,1 trilioni di dollari, mentre quella dei BRICS si ferma a 27,8 trilioni, secondo gli stessi dati forniti dal Fmi.

Quello dei BRICS, in realtà, non è un gruppo economico omogeneo come viene dipinto dagli articoli citati: Cina e India crescono a ritmi decisamente più elevati mentre Russia, Brasile e Sud Africa faticano a stare al passo. Durante gli ultimi vent’anni, l’unica ad aver fatto un vero salto di qualità è stata la Cina, ma secondo gli stessi dati Fmi la sua crescita ha subìto un rallentamento notevole. Il sorpasso sugli Stati Uniti ora è previsto per il 2036, mentre prima si pensava sarebbe avvenuto già nel 2038. «L’incapacità di prendere in prestito nella propria valuta continua a essere la loro più grande debolezza», scrive Andrea Goldstein, economista esperto in economie emergenti.

Conclusioni

Affermare che il Pil dei BRICS ha superato quello dei G7 è falso, perché si basa su dati utilizzati in maniera impropria e fonti non attendibili. La fake si inserisce nel contesto della narrativa che vuole screditare le alleanze e le politiche occidentali, oltre a sostenere l’inefficacia delle sanzioni contro la Russia. «In questo caso sono proprio le economie dei paesi europei a subirne le conseguenze mentre Mosca quasi non se ne accorge», si legge infatti sul sito farodiroma.it, ma anche in questo caso la notizia è falsa e già debunkata: secondo lo stesso Fondo monetario internazionale la Russia ha perso circa 8,5% di Pil nel 2022, subendo una pesantissima recessione che è ancora in corso.

Zeta, sito di informazione della Scuola Superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” – Luiss Guido Carli è un supplemento di Reporter Nuovo, testata giornalistica legalmente registrata presso il Tribunale di Roma (Reg. Tribunale di Roma n. 13/08 del 21 gennaio 2008), al cui interno è stata istituita un’unità Zeta Check con lo scopo di verificare i fatti, che pubblicherà regolarmente rapporti sull’accuratezza fattuale delle dichiarazioni di personaggi pubblici e istituzioni e affermazioni ampiamente diffuse in formato testo, visivo e di altro tipo, incentrate principalmente su dichiarazioni relative a questioni di interesse pubblico. Il suo lavoro editoriale non è controllato dallo Stato, da un partito politico o da una figura politica. La testata non è destinataria di finanziamenti da fonti statali o politiche per svolgere giornalismo di servizio pubblico.