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Esclusiva

Maggio 10 2024
I finanziamenti alle proteste pro-Palestina tra errori e narrative online

Un’inchiesta pubblicata da Politico (e poi in buona parte rivista) ha alimentato una narrazione distorta degli accampamenti nelle università.

In un articolo pubblicato domenica 5 maggio, il quotidiano statunitense Politico ha analizzato le fonti dei finanziamenti alle proteste in favore della Palestina nei campus americani. L’inchiesta si concentra su due organizzazioni ebraiche, IfNotNow e Jewish Voice for Peace. Entrambi i gruppi sono coinvolti negli accampamenti davanti alle università. Tra i loro finanziatori, si legge nel pezzo, «una fonte sorprendente: i maggiori donatori di Joe Biden». Il collegamento sarebbe la Tides Foundation, fondata dal mega-donatore democratico George Soros e sostenuta in precedenza dalla Bill and Melinda Gates Foundation.

Secondo la ricostruzione, Tides vede tra i suoi donatori anche George Soros e David Rockefeller Jr. Altre associazioni coinvolte nelle proteste, come Solidaire Action o The Climate Justice Alliance ricevono finanziamenti dalla Libra Foundation, fondata da Susan e Nick Pritzker, eredi dell’impero degli hotel Hyatt e sostenitori di Biden. 

La rivista Rolling Stone ha in seguito pubblicato una revisione dettagliata delle informazioni riportate da Politico, sollevando diversi dubbi sulla loro accuratezza. L’analisi ha portato il quotidiano ad aggiungere una corposa sezione di correzioni alla versione originale che ridimensionano in modo consistente le asserzioni iniziali.

Il ruolo delle due associazioni oggetto dell’inchiesta è stato rivisto al ribasso: IfNotNow e Jewish Voice for Peace sostengono le proteste, ma non ne sono a capo. La Bill and Melinda Gates Foundation, inoltre, non ha più sovvenzioni attive con Tides. L’ultima risale al 2022 e ammonta a 300.000 dollari. La Tides Foundation ha poi versato circa 100.000 dollari (dei 573 milioni di contributi ricevuti quell’anno) ai gruppi pro-Palestina Jewish Voice for Peace e IfNotNow. Tentare di collegare le due donazioni è un’operazione complicata.

Le reazioni online

Nonostante le correzioni, la storia è diventata subito virale sui social. Il senatore democratico John Fetterman ha rilanciato l’articolo e Fox News lo ha citato per scrivere che «i maggiori donatori democratici di Biden stanno anche finanziando alcune proteste anti-Israele che hanno preso il controllo dei campus universitari».

La narrazione sul sostegno economico alle proteste era stata portata avanti dal New York Post, tabloid conservatore e spesso impegnato in campagne di diffamazione nei confronti del presidente americano Joe Biden. Su X, sono invece comparsi diversi post in fotocopia che utilizzano le stesse parole e lo stesso sensazionalismo, a volte anche in lingue diverse.

I messaggi sono riconducibili all’account @WarClandestine, vicino al gruppo QAnon e già noto per aver diffuso teorie cospirazioniste sulla guerra in Ucraina. Il contenuto dei messaggi riprende l’inchiesta di Politico travisandone il senso e ignorando le correzioni riportate dalla testata.

I finanziamenti alle proteste pro-Palestina tra errori e narrative online

I riferimenti citati appartengono all’immaginario e al modo propagandistico di comunicare dei canali cospirazionisti americani che spingono per l’elezione di Donald Trump. George Soros, i Rockfeller e Bill Gates, sono spesso stati al centro di teorie del complotto legate ai vaccini o all’immigrazione. Dipingerli come burattinai del sistema e agenti di un non specificato “deep state” è un modo di operare tipico di gruppi come QAnon e che di frequente assume toni antisemiti.

Il tweet originale è stato copiato e incollato da diversi account ed è circolato anche in francese e tedesco. La presenza di bot che hanno rilanciato la narrazione è visibile anche dalla goffa traduzione automatica che ha reso il cognome di Bill Gates “Portes” in francese.

I finanziamenti alle proteste pro-Palestina tra errori e narrative online

Il ruolo di Russia, Cina e Iran

La volontà di sfruttare le proteste studentesche in solidarietà alla popolazione di Gaza per destabilizzare l’opinione pubblica è parte di una più ampia strategia. Secondo un articolo del New York Times pubblicato il 2 maggio, le manifestazioni nei campus universitari danno a Russia, Cina e Iran il carburante per alimentare la divisione degli Stati Uniti. Questi Paesi hanno organizzato campagne online per amplificare i conflitti sociali e politici. Nello stesso articolo vengono riportate le parole del portavoce del Ministero degli Affari Esteri iraniano, Nasser Kanaani, che ha pubblicato su X una vignetta della polizia che arresta un giovane manifestante rappresentata nelle vesti della Statua della Libertà.

Secondo NewsGuard, un’organizzazione che monitora la diffusione di notizie false online, solo nelle ultime due settimane i media statali di Russia, Cina e Iran hanno prodotto quasi 400 articoli in inglese sulle proteste. Inoltre, hanno scatenato un’enorme quantità di contenuti attraverso account non autentici o bot su social media come X e Telegram, oltre a creare siti web che imitano le testate giornalistiche occidentali.

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