Esclusiva

Dicembre 17 2024
In Corea del Sud la democrazia è salva ma le divisioni restano

I sudcoreani esultano per la sospensione di Yoon Suk-yeol dalla carica di presidente. La democrazia è salva ma rimangono latenti i problemi che hanno prodotto forti divisioni nella società

La crisi politica e istituzionale che da due settimane attanaglia la Corea del Sud sembra essere finalmente a un punto di svolta. Il 14 dicembre il Parlamento sudcoreano ha approvato con 204 voti a favore e 85 contrari la mozione d’impeachment che sospende ufficialmente il Presidente Yoon Suk-yeol dalle sue funzioni. 

Presentato dalle opposizioni, il provvedimento accusa il politico di insurrezione e abuso di potere per il tentativo, poi fallito, di imporre nel Paese la legge marziale, e apre la strada al processo a cui la Corte costituzionale ha dato il via libera proprio nelle ultime ore. I giudici avranno sei mesi per pronunciarsi a favore o contro la colpevolezza di Yoon. Nel frattempo, le sue mansioni sono state trasferite nelle mani del Primo ministro Han Duk-soo, che gestirà gli affari di stato fino alla risoluzione della crisi.

L’approvazione dell’impeachment ha scatenato l’entusiasmo dell’enorme folla che manifestava per le strade di Seul. Tantissimi i giovani presenti, che hanno espresso il proprio sostegno alla democrazia nello stesso modo festoso e colorato con cui di solito tifano per le star del k-pop, cantando canzoni e agitando in aria bastoncini luminosi e cartelli colorati.

Anche se meno pittoresche di quelle che si sono viste negli ultimi giorni, le proteste dei cittadini coreani sono state una costante nelle ultime settimane. Il coraggio con cui nella notte tra il 3 e il 4 dicembre molti si sono precipitati davanti al Parlamento per evitare che i militari entrassero al suo interno, e la rabbia con cui nei giorni successivi hanno espresso il loro dissenso, ha di certo contribuito a far naufragare la svolta autoritaria del Presidente Yoon. 

Questa sollevazione popolare, però, non deve trarre in inganno. Unita nel difendere la democrazia ad ogni costo, negli ultimi tempi la società sudcoreana si è frantumata e polarizzata anche a causa della violenza dello scontro politico. La tensione fra conservatori e progressisti montava sin dalle elezioni presidenziali del 2022 secondo Marco Milani, ricercatore dell’Università di Bologna specializzato nello studio della Corea e dell’Asia orientale, ed è stata una delle cause dell’atto sconsiderato ed estremo compiuto da Yoon Suk-yeol, 

«L’ultima campagna elettorale è stata durissima, su questo non c’è dubbio» spiega, «perché nel Paese era in atto un processo di forte polarizzazione fra i due principali schieramenti politici che, come avviene già da tempo negli Stati Uniti, si è concretizzata in una campagna molto aggressiva e personalistica da entrambi i lati». 

Sia Yoon che il suo principale avversario Lee Jae-myung, rappresentante del Partito democratico, si sono presentati agli elettori come dei candidati di rottura, facendo discorsi che strizzavano l’occhio al populismo e all’antipolitica: «Yoon ha costruito la sua immagine pubblica sul fatto di essere un procuratore generale che aveva messo in galera molti politici corrotti, tra cui due ex presidenti. Una cosa simile l’ha fatta anche il suo avversario che, nonostante sia già stato sindaco e governatore, non ha mancato di sottolineare la propria lontananza dall’establishment del Partito democratico».

I toni aggressivi e i colpi bassi, però, hanno caratterizzato il dibattito politico anche dopo le elezioni del ‘22, vinte da Yoon con appena lo 0,6% di voti in più rispetto a Lee. Nei due anni successivi, il leader dell’opposizione ha usato la maggioranza di cui disponeva in Parlamento per affossare tutte le proposte di legge del governo. Allo stesso tempo, è stato oggetto di una serie di inchieste che, secondo alcuni, sarebbero state uno strumento nelle mani del nuovo presidente per colpire i suoi avversari.

«Il picco di violenza più alto è stato raggiunto lo scorso gennaio» ricorda Milani «quando Lee Jae-myung è stato accoltellato durante un comizio elettorale», un evento che ha acceso ancor di più lo scontro tra le parti. E poi, non bisogna dimenticare la bocciatura della legge di bilancio avvenuta qualche settimana fa, l’evento che ha portato Yoon a considerare la legge marziale una soluzione percorribile.

In Corea del Sud, però, la polarizzazione interessa anche il campo sociale, culturale ed economico. Yoon, ad esempio, ha sfruttato a suo vantaggio le fratture sempre più nette che dividono le nuove generazioni. «Scagliarsi contro la lotta per la parità di genere e fare appello agli uomini fra i 20 e i 40 anni che animano i movimenti antifemministi è stata una delle sue carte vincenti nella campagna elettorale» racconta Milani, che aggiunge: «Questi gruppi accusano le femministe di essere la causa di problemi complessi come la denatalità e di avere un vantaggio competitivo nella carriera universitaria e lavorativa perché esentate dal servizio militare». Accuse pretestuose, se si pensa che la cultura patriarcale in Corea è ancora lontana dall’essere messa all’angolo.

Alle forti disparità di genere si aggiungono anche le disuguaglianze economiche e un rallentamento significativo della mobilità sociale verso l’alto: «Dall’inizio degli anni 2000 molti giovani, pur studiando nelle migliori università, non hanno visto riconosciuti i loro sforzi nella loro carriera lavorativa» spiega Milani. «Si è dunque accresciuta la divisione tra chi nasce in una famiglia ricca con delle buone connessioni e chi nasce in famiglie povere».

Problemi che, scampato il pericolo di un colpo di stato, costituiranno una sfida cruciale per chi governerà la Corea del Sud.

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