Esclusiva

Gennaio 13 2025
Oliviero Toscani, il fotografo che cambiò la pubblicità

Il fotografo aveva 82 anni. Da due anni era malato di amiloidosi. Toscani è stata la mente di tante campagne pubblicitarie

Oliviero Toscani, il celebre fotografo italiano, è morto lunedì mattina a 82 anni. Conosciuto come la forza creativa dietro alcuni dei marchi di maggior successo al mondo, Toscani ha realizzato alcune delle più iconiche campagne pubblicitarie dagli anni ’80 fino agli anni 2000.  

La morte è stata annunciata dalla famiglia con un breve comunicato stampa. Ricoverato il 10 gennaio all’ospedale di Cecina, in Toscana, il fotografo da due anni soffre di amiloidosi. La malattia è una patologia rara, caratterizzata da un accumulo di aggregati proteici anomali che si depositano in diversi tessuti del corpo, danneggiando gli organi.

Nato a Milano nel 1942, Toscani pubblica la sua prima foto a 14 anni sul Corriere della Sera: suo padre, Fedele Toscani, è infatti uno dei primi fotoreporter del quotidiano. L’immagine è un ritratto di Rachele Mussolini, consorte di Benito, realizzata durante la tumulazione del dittatore a Predappio. Mentre suo papà Fedele era impegnato a documentare la cerimonia per il giornale, Oliviero scatta un primo piano della vedova: «Mio padre mi disse che ero stato più bravo di lui», ha confessato in un’intervista anni dopo. 

Inizia quasi subito a lavorare nella pubblicità, che ha sempre dichiarato di preferire a certi film: per cornetto Algida sceglie un’immagine con tre ragazze che vanno su un tandem gustando il gelato.

Ma il successo arriva dal 1982, anno in cui inizia a curare le campagne di Benetton. E se fino a quel momento le pubblicità rappresentavano soltanto se stesse, con Toscani il marchio di moda diventa un pretesto per parlare di tematiche sociali.

I suoi scatti, realizzati principalmente con il fondale bianco «perché è la mia ossessione», rappresentano l’uguaglianza razziale, l’omofobia, l’aids, la mafia e l’abolizione della pena di morte.  «La mia arma è la fotografia, non a caso in inglese si dice “to shoot”, che significa anche sparare» ha dichiarato a Repubblica qualche anno fa.

Nel 1991 utilizzare un bacio tra una suora e un sacerdote per pubblicizzare un maglioncino sembrava ai più un’eresia, ma la scelta veniva vista da tanti giovani con curiosità perché quelle immagini rappresentavano la rottura di un tabù e il passaggio a una fase successiva di emancipazione. 

Per oltre 20 anni la vita di Toscani si è intrecciata con quella di Benetton ma il rapporto è stato segnato da tante controversie e interruzioni: la prima nel 2000 quando il fotografo ha affiancato al logo verde dell’azienda una serie di ritratti di condannati alla sedia elettrica negli Stati Uniti. Lo Stato del Missouri accusò l’artista di aver immortalato i detenuti con l’inganno, senza aver specificato lo scopo commerciale delle foto stesse. 

Toscani si difese spiegando che non si trattava di mera pubblicità ma di un modo per esporre la propria idea contro la pena di morte. Nonostante le scuse e l’interruzione della collaborazione, il marchio fu costretto a chiudere circa 400 punti vendita. 

Ma Oliviero Toscani è stato molto di più del fotografo del marchio trevigiano: un artista irriverente, polemico e diretto. Gli scatti non dovevano piacere ma “far parlare” perché «la ricerca di consenso crea mediocrità». 

Nel 1973, ad esempio, lo scatto per i jeans Jesus venne criticato anche dal quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano: «Non c’erano soldi. Tutta roba artigianale. Quando tornai a Milano, cominciai a fare un po’ di foto di prova. A un certo punto mi accorsi che in strada tutti guardavano il sedere di Donna Jordan» ha confessato il fotografo in un’intervista alla rivista Oggi. Il viso della modella era già famoso ma il suo lato B no: «Per questo l’ho messo al centro della campagna, con sopra lo slogan “Chi mi ama mi segua”. Quei jeans di Donna Jordan non erano neanche Jesus. Erano dei Levi’s. Io li tagliai ancora più corti». 

In questi anni ottanta anni ne ha fatte tante, «di tutti i colori», perché quello che caratterizza la sua fotografia era l’impegno civile. La scommessa di Toscani era sempre la stessa: quella di essere immortale. Perché in fondo, come raccontava nel suo libro Non sono obiettivo, «la vecchiaia non è altro che il castigo di essere ancora vivi».